Un Crocifisso nuovo di quattro secoli per il Venerdì Santo aidonese

Aidone. La settimana santa ha in serbo una bellissima sorpresa per gli aidonesi. Quest’anno i fedeli che la sera del venerdì santo si affolleranno per assistere alla suggestiva funzione della “ Scisa a Cruci” -la deposizione dalla croce- e per partecipare alla commovente processione del Cristo Morto, ammireranno le fattezze dell’amatissimo Crocifisso in tutto il suo splendore, mentre apprenderanno che il simulacro protagonista della processione delle processioni è una pregevole scultura lignea del Seicento che un laborioso restauro ha restituito alle fattezze ed ai colori originari.
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Il merito dell’operazione va all’iniziativa di un privato, la signorina Maria Gozza, che l’ha portata avanti in modo tenace, al limite della testardaggine. La statua di Cristo dalle braccia snodabili, che da tempo immemore è protagonista assoluto del rito pasquale più atteso e coinvolgente della religiosità popolare: “a scisa a cruci”- potrà finalmente essere venerato e ammirato dai suoi fedeli proprio come doveva essere apparso ai suoi committenti oltre quattro secoli fa, rappresentato nella sofferenza della morte con il realismo crudo che doveva colpire la coscienza dei penitenti quaresimali. La statua, proprio per la destinazione, che da sempre ha avuto nell’ambito dei tradizionali riti della settimana santa, ha subito nel tempo un forte degrado che ha dato luogo ad infiniti interventi di conservazione, di integrazione, fino al punto da renderlo quasi irriconoscibile e di dare l’impressione che fosse scolpito in un materiale meno nobile come la cartapesta. Va riconosciuto il merito alla signorina Gozza di avere lottato strenuamente per fare sì che la statua potesse essere sottoposta ad un restauro globale e radicale, effettuato da esperti, per finanziare il quale, con l’autorizzazione della Curia e del Parroco don Felice Oliveri, la stessa nel 2013 ha avviato una colletta porta a porta.
Il lavoro di restauro lungo e difficile, anche più di quanto fosse apparso ad una superficiale valutazione dello stato di degrado, è stata eseguito dalla restauratrice ennese Maria Angela Sutera con la supervisione del dott. Paolo Russo storico dell’arte della Sezione per i beni storico artistici (Soprintendenza BB. CC. AA. di Enna), diretta dal dott. Luigi Maria Gattuso. Il lavoro, documentato nei minimi dettagli, ha rivelato che la statua è stata scolpita in modo magistrale da un unico ceppo di legno, forse pioppo o tiglio, e che risale molto probabilmente ad un periodo che si pone tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo. La datazione ipotizzata dal dottore Russo, risultante da un’analisi storico-comparativa, andrebbe confermata con un’analisi più approfondita dei materiali e delle tecniche, per la quale sono necessari ulteriori finanziamenti o la presa in carico da parte di laboratori universitari o di restauro altamente specializzati.
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L’opera di restauro ha ridato solidità al manufatto, per permetterne la sua fruizione per molti altri secoli ancora, ha rivelato un discreto valore artistico, oltre che storico e culturale, ma ha anche evidenziato l’esigenza di tutelarlo adeguatamente, di valorizzarlo e offrirlo alla fruizione dei visitatori anche al di fuori del periodo pasquale. La Soprintendenza di Enna, diretta dal dott. Salvatore Gueli, nel restituirla all’ente proprietario detterà delle precise regole e prescrizioni per garantire uno stato ottimale sia nella conservazione, sia nell’uso rituale per le funzioni del venerdì santo, che per permettere una eventuale ed auspicabile esposizione continuativa. La Curia, che si è fatta carico di sostenere la necessità del recupero della statua, ha promesso anche un contributo finanziario di 600 euro, e, a lavori quasi ultimati don Giuseppe Paci, Direttore dell’Ufficio Arte Sacra e BB CC Ecclesiastici, si dichiara soddisfatto del risultato ottenuto. La confraternita dell’Annunziata, da sempre custode della statua, si è caricato il costo della TAC, indispensabile per cominciare il lavoro. A proposito di costo, l’intero restauro ammontava a 7.500 euro; la sig.na Gozza ne aveva raccolto 2.500, altri duemila le sono stati affidati generosamente da un unico donatore in forma anonima; con i 600 del Vescovado, siamo a poco più di 5.000, ne mancano all’appello ancora 2400 di cui attualmente sta rispondendo la signorina Gozza ma sarebbe auspicabile che fossero raccolti al più presto anche tramite una nuova colletta. Inoltre la decisione, presa all’unanimità da tutte le parti in causa, di effettuare il restauro globale per riportare la statua alle origini, ha comportato un aumento considerevole di ore di lavoro quantificato in 4.500 euro, che si aggiungono ai 7.500 del preventivo iniziale.
aidone crocifisso mariagozzaIl ritorno in Aidone della statua del Crocifisso da depositio sarà sicuramente accompagnato da una conferenza stampa o da una tavola rotonda dove il dottore Russo potrà esporre le conclusioni cui è giunto con il suo approccio da storico e la dottoressa Sutera potrà descrivere nei dettagli il restauro fatto e quanto è riuscita a scoprire della storia del manufatto man mano che è andata avanti con il lavoro; dalla fattura secentesca a tutti i vari interventi subiti, come l’aggiunta, forse settecentesca, del drappo che ha coperto l’antico perizoma, le modifiche subite dalla testa, prima mobile come le braccia, e soprattutto la decisione di rivestire collo ed omeri con una “veste” di pelle per facilitare la mobilità delle braccia, una soluzione geniale suggerita alla Sutera dal ritrovamento di tracce di pelle, ben riconoscibili, nascoste tra i mille materiali usati nel tempo per fissare la testa e continuare a dare mobilità alle braccia.
RESTAURATRICE maria-angela-sutera.jpgOltre al valore intrinseco ed oggettivo dell’opera, importantissimo è l’apporto che essa potrebbe dare per una migliore conoscenza della religiosità e dei riti delle tradizioni pasquali in centro Sicilia; la presenza dei Crocefissi da deposizione, per la sacra rappresentazione della crocefissio-depositio, conosciuta in Italia centrale e settentrionale fin dal Trecento, è documentata in Sicilia in epoca più tarda, nel Cinque-Seicento, ormai contaminata dalla tradizione spagnoleggiante di cui sono impregnati tutti i rituali siciliani. Sarebbe auspicabile che uno storico dell’arte, o un ricercatore, o un laureando prendessero in carico lo studio della statua, magari incentivato da una borsa di studio. La comunità tutta a vario titolo e grado potrebbe contribuire a renderlo possibile.

Franca Ciantia