Aidone. Anna Milazzo racconta il suo libro “Anahì del mare”

Anna MilazzoIn una serata densa di emozioni, una sala colma e attentissima ha accolto Anna Milazzo, la scrittrice di origini aidonesi che da oltre un anno attraversa l’Italia per presentare il suo libro “Anahì del mare”, fortemente voluto da Amnesty International e stampato per i tipi della casa editrice Infinito. Nella sede della Fondazione Marida Correnti, Anna ha portato alla ribalta uno dei tanti drammi vissuti nell’America Latina delle rivoluzioni fallite, dei golpe militari e delle feroci dittature che, negli anni settanta del secolo scorso, hanno funestato quel meraviglioso continente. Lo sguardo del mondo si è concentrato sulle immani tragedie del Cile e dell’Argentina e ha lasciato nell’ombra quelle altrettanto feroci degli stati più piccoli. Anna in quel periodo era in Uruguay, a Montevideo dove era giunta, a due anni, con i giovani genitori che avevano lasciato Aidone in cerca di fortuna. Vi era cresciuta ed aveva imparato ad amare quei luoghi e quel popolo che sentiva suo, l’unico in cui si riconosceva. Quando si cominciò a percepire la piega autoritaria che stava prendendo il governo uruguaiano, insieme ai suoi genitori rientrò in Italia, ma, meno di un anno dopo, Anna era di nuovo a Montevideo e quando gli studenti sentirono il dovere di entrare in lotta per difendere la democrazia, la libertà, i diritti fondamentali, fu naturalmente al loro fianco. Come la gran parte di essi subì il sequestro, la tortura e fortunosamente e quasi miracolosamente riuscì ad uscirne viva e ritrovare rifugio e libertà in Italia, a Firenze dove tuttora vive. Ma, come per i sommersi e i salvati che ci descriveva Levi, non è stato facile per lei fare emergere allo stato di coscienza tutto il male e la sofferenza subita, superare il senso di colpa di essere ancora viva e di avere quasi lasciato i compagni a morire o a continuare a subire sevizie e torture indicibili.
Anna a lungo non è riuscita a perdonare e a perdonarsi finchè, dopo molti anni, anche per amore del figlio e del marito, si è rivolta agli operatori di Amnesty che l’hanno aiutata a raccontarsi, per liberarsi, prendere coscienza del baratro che aveva dentro e imparare a riemergere. Ne è nato il romanzo “Anahì del mare”, un’opera atipica in cui la storia e la cronaca ufficiale di quei giorni tragici corre parallela alla vita di Anahì – Anna, si intreccia con quella di giovani, studenti, contadini, operai, sindacalisti, intellettuali, religiosi, guerriglieri, che non si sono tirati indietro e per questo spesso ci hanno lasciato la pelle, sono stati desaparecidos, o, anche se salvati, hanno continuato a portare nel cuore e nella pelle le cicatrici insanabili di quanto subito; il tutto è raccontato con un linguaggio ricco e immaginifico quasi poetico, che, nei momenti in cui può sembrare più enfatico, vuole forse rendere più sopportabile al lettore l’approccio a tanto dolore.
Anna Milazzo Franca Ciantia
Finalmente dopo tanti anni, nel paesino dal quale i giovani genitori erano partiti in cerca di fortuna, Anna Milazzo vi è tornata in cerca delle proprie radici; lei, che continua a sentirsi un’esule, una sdradicata, “desterrada” – come ama dire nel suo spagnolo mai dimenticato, in cui l’esule non è solo chi è costretto a fuggire per salvare la pelle, ma è soprattutto colui che è stato scacciato dalla sua terra, e che per questo se la sente sempre mancare sotto i piedi. Forse qui, nella sua terra natale, riuscirà a trovare, insieme alle sue radici, sicurezza e fiducia, potrà forse intrecciare i fili della memoria, anche di quella memoria inconscia che ha bisogno di essere illuminata per essere compiuta.
La neonata Università del Tempo libero, che ha posto tra le sue finalità quella di valorizzare le eccellenze locali, ha colto al volo l’occasione della venuta di Anna in Sicilia per proporle un incontro in cui lei raccontasse le sue vicissitudini, quella dei tantissimi italiani e degli aidonesi, ma aiutasse anche a capire la realtà di oggi fatta di centinaia di migliaia di esuli che bussano alle nostre porte e cominciano a trovare muri, siepi di filo spinato, mitragliette, manganelli.
Ma, raccontando le modalità, a dir poco assurde ed inattese, e la facilità con cui nel giro di pochi anni nei paesi dell’America latina si passò dalla democrazia alla dittatura, Anna ci lascia un monito: tenere sempre gli occhi aperti, non permettere che vengano calpestati i diritti di nessuno, non odiare i nemici creati artificialmente dal potere, non voltarsi dall’altra parte per mantenere il proprio quieto vivere. Con la presa coscienza dell’immane tragedia in cui era rimasta coinvolta suo malgrado, è iniziato il suo impegno con Amnesty International, per far conoscere a quanta più gente possibile quanto era accaduto sotto gli occhi distratti del mondo, a evidenziare il ruolo degli italiani, il cui numero nella lista delle vittime è lunghissimo, il ruolo da protagoniste delle donne, quello della chiesa militante, preti e suore, che sono rimasti accanto e in mezzo al gregge, pagando con la vita e subendo, soprattutto le suore, violenze di ogni genere. Chiudo con le parole di Anna “ Riesce a chiudere le palpebre e sognare. Sa di avere sfiorato le rovine, riletto le orme lasciate da lei e da altri, di avere tenuto vivi nella memoria e cullati nei ricordi gli innocenti, i combattenti, i tanti fiori recisi che espandono ancora la loro fragranza”.

Franca Ciantia