I Comuni incapaci di fare investimenti – Enna la peggiore dei capoluoghi

investimenti

investimentoEnna e Catania si piazzano agli ultimi posti (rispettivamente al 348° posto e al 323° posto su 390 Comuni isolani) in termini di capacità dei Comuni della Sicilia orientale (Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa) di fare investimenti: il Comune ennese, con il suo 4,30% e Catania con il 6,59% risultano, così ultimo e penultimo in questa speciale classifica fra i comuni capoluoghi, mentre Messina si posiziona al prima posto, sempre fra i capoluoghi, avendo registrato una capacità di investimento pari al 15,21%, seguita da Ragusa al 14,04%, Caltanissetta con il 10,24% e Siracusa, terzultima, con il 6,69%.

Prima assoluta nella classifica allargata a tutti i 390 comuni della Sicilia Orientale si piazza l’Amministrazione di Itala (ME) con una propensione agli investimenti pari al 96,02%, mentre le migliori performance per singola provincia si registrano a Niscemi (CL) con il 41,50% (undicesima), Raddusa (CT) con il 40,40% (tredicesima), Buccheri (SR) al 35,18% (21° posto), e Scicli (RG) seppur con un deludente 18,45% (105° posto), è il “migliore” risultato fra quelli dei comuni ragusani.

Giuseppe Guglielmino“Deprimente e sconfortante, oltreché offensiva per noi siciliani”, dichiara il Presidente di Federmanager Sicilia Orientale, Dott. Ing. Giuseppe Guglielmino, “è la classifica riferita agli 8.047 comuni d’Italia: Enna è al 7651 posto, Catania 7567, Siracusa 7561, Caltanissetta 7275, Ragusa 6813 e Messina 6629, solo Itala risulta fra i primi mille, al 664° posto. Il che vuol dire che la totalità dei comuni del nostro territorio è stato maggiormente “sensibile” all’ordinaria amministrazione, rappresentata dalla quota della spesa corrente (stipendi e servizi) piuttosto che all’attività di sviluppo, ovvero verso la spesa in conto capitale (spesa per investimenti). I dati elaborati, infatti, calcolano le spese in conto capitale in percentuale su quelle correnti arrivando alla condivisibile conclusione che maggiore è il valore, più alta è la propensione del Comune ad investire.… e in Sicilia siamo messi proprio male!

Certo”, continua il Presidente Guglielmino, “le tabelle si riferiscono a dati del 2013 e, quindi, non tengono conto dei possibili riflessi nell’economia siciliana dei provvedimenti nazionali adottati sin dal 2014 ma fatto sta che, secondo i dati della Ragioneria dello Stato, tra il 2008 e il 2014, i Comuni hanno ridotto del 47% le spese in conto capitale e aumentato del 17% quelle correnti: il connubio, riduzione della spesa in conto capitale degli enti locali e contemporaneo aumento delle spese correnti, ha nei fatti procurato un irresponsabile freno allo sviluppo socio-economico della nostra terra.

Ora, attraverso la soppressione del Patto di stabilità interno, i nostri comuni potranno finalmente liberare risorse per la crescita, consentendo di superare tutte le distorsioni sulla spesa in conto capitale provocate in questi anni dalle regole di finanza pubblica a livello locale. Ciò deve permettere di rilanciare l’attività di investimento attraverso interventi utili alla Società e al benessere dei cittadini, come quelli di manutenzione e messa in sicurezza del territorio, in grado, inoltre, di sostenere il sistema economico dei vari ambiti locali. I comuni,” conclude l’Ing. Guglielmino, “dovranno dimostrare di saper sfruttare lo spazio concesso per fare investimenti e non per alimentare ulteriormente la spese corrente, in molti casi improduttiva, e dovranno spendere bene, ed in maniera efficace le risorse, concentrando la propria azione su interventi realmente in grado di innescare la crescita.”

Dati Elaborati da Federmanger Sicilia Orientale, l’Associazione dei dirigenti d’azienda industriali delle province di Caltanissetta, Catania, Enna, Messina e Ragusa, sul dossier di Openpolis (Associazione che promuove la trasparenza e la partecipazione democratica dei cittadini della rete) le tabelle di propensione agli investimenti dedotte dai bilanci comunali del 2013.



a cura di Gildo Matera


Prosegue la serie negativa degli appalti in Sicilia. Nel primo quadrimestre 2016 il calo del numero di bandi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale rispetto al corrispondente periodo del 2015 è stato del 36,49% (47 bandi contro 74) ed è stata del 31,98% la contrazione degli importi posti in gara (67,6 milioni a fronte di 99,4 milioni). E ciò malgrado ad aprile vi sia stata la corsa a bandire gare con la vecchia normativa. E’ andata ancora peggio dal 19 aprile scorso, data di entrata in vigore anche in Sicilia del nuovo Codice nazionale degli appalti che, non avendo previsto un periodo di transizione, ha generato incertezza fra le pubbliche amministrazioni: pochissime le opere poste in gara secondo le nuove modalità, mentre di due bandi l’Ance ha dovuto richiedere la revoca in quanto in contrasto con la nuova normativa. La Sicilia è passata dalla legge regionale, la 14 del 2015 (impugnata da Palazzo Chigi) – con la quale sono state aggiudicate circa cento opere con ribassi medi del 14% – , al nuovo Codice nazionale degli appalti che impone il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nei bandi di importo superiore al milione di euro e consente, a discrezione dell’ente appaltante, anche il massimo ribasso in quelli inferiori al milione.
il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, nel tentativo di scongiurare l’impasse, con un comunicato ha sostenuto che possono essere celebrate con i precedenti criteri le gare i cui bandi, anche se non pubblicati entro il 19 aprile, siano stati trasmessi entro quella data alla Gazzetta ufficiale per la pubblicazione. Ma non è stato sufficiente a chiarire i tanti dubbi.
In Sicilia, ad esempio, non si sa se debbano essere rimodulati i progetti per i depuratori e le reti fognarie, basati sulla formula dell’appalto integrato non più prevista dal nuovo Codice, col rischio di non rispettare i tempi e di perdere i finanziamenti della delibera Cipe 60 del 2012, a meno che fra i poteri speciali già attribuiti al commissario Vania Contrafatto a fine 2015 non vi sia anche quello di derogare dalle norme varate successivamente, o che non intervenga un’ulteriore deroga.
L’Ance Sicilia e l’Ance Palermo auspicano che le pubbliche amministrazioni si attrezzino celermente, cosa che stanno già facendo le imprese, con adeguate professionalità e con elevata trasparenza, per non fermare del tutto il mercato delle opere pubbliche nell’Isola; e chiedono alla Regione di affrontare col governo nazionale tutti i problemi che l’attuazione della nuova norma sta generando. Per questo scopo Ance Sicilia e Ance Palermo, con Ance nazionale, hanno organizzato un confronto fra tutte le parti in causa, domani, 27 maggio, alle ore 9,30, presso l’Ance Palermo, Palazzo Forcella De Seta, con ingresso da Salita Santi Romano (piazza Kalsa), a Palermo, sul tema “Il nuovo Codice degli appalti: cosa cambia in Sicilia”.
Interverranno Edoardo Bianchi, vicepresidente nazionale Ance con delega alle Opere pubbliche; Giovanni Pistorio, assessore regionale delle Infrastrutture e della Mobilità; Vincenzo Palizzolo, dirigente generale del Dipartimento regionale tecnico; Mariella Maggio, presidente commissione Ambiente e Territorio dell’Ars; Claudia Mannino, componente commissione Lavori pubblici della Camera; Francesca Ottavi, direttore Legislazione opere pubbliche Ance nazionale; Gaetano Armao, docente di Diritto amministrativo all’Università di Palermo; Elio Caprì, presidente Associazione regionale Liberi professionisti architetti e ingegneri; Giovanni Lazzari, presidente Consulta regionale architetti; Giuseppe Maria Margiotta, presidente Consulta regionale ingegneri; Santo Cutrone, presidente Ance Sicilia; Fabio Sanfratello, presidente Ance Palermo. Coordinerà Paolo Oreto, direttore Periodico lavori pubblici.