Enna. “Bonifica Pasquasia” 32 indagati: associazione a delinquere, smaltimento illecito rifiuti, frode, corruzione, falso, peculato, furto, turbativa d’asta, reati fiscali e fondi neri. Per ex Consigliere provinciale: favori elettorali a Barrafranca ed incontri con “famiglie” catanesi

Enna. Associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti speciali e ferrosi, frode in pubbliche forniture, corruzione, falso, peculato, furto, appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera, turbativa d’asta, reati fiscali finalizzati alla creazione di quantità ingenti di fondi neri destinati al pagamento dei pubblici funzionari. Sono queste alcune delle ipotesi di reato contestate a vario titolo nell’avviso chiusura indagini a 32 persone tra imprenditori edili, esponenti politici, funzionari pubblici, professionisti e due funzionari del corpo Forestale della Regione Siciliana nell’ambito dell’inchiesta “bonifica Pasquasia” coordinata dalla Dda nissena. Tra le ipotesi contestate anche quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari dell’avviso di chiusura indagini c’è anche il barrese Giuseppe Regalbuto, ex consigliere provinciale e presidente della commissione per le miniere dismesse Urps, che per le ipotesi di reato formulate dai Pm Maria Carolina De Pasquale, Roberto Santi Condorelli e Luigi Leghissa avrebbe alimentato “un rilevante allarme sociale tramite una campagna di stampa e numerose dichiarazioni pubbliche” sui “rischi ambientali esistenti a Pasquasia e inesistenti programmi di riapertura produttiva del sito minerario”. Dichiarazioni che portarono al sequestro del sito nel 2011.  Dopo il sequestro, il commissario straordinario per le bonifiche aveva disposto il bando per la messa in sicurezza, un appalto da 8 milioni di euro vinto nel 2013 dalla società “1 Emme” di Bergamo, dell’imprenditore Pasquale Gattuso. Il progetto originario di smaltimento dell’amianto presente nel sito minerario sarebbe stato modificato da Diego Mammo Zagarella, Rup dei lavori nonostante l’esistenza di un progetto già avviato con incarico conferito e regolarmente pagato dal precedente soggetto attuatore. Il nome dell’ex consigliere provinciale Regalbuto ritorna più volte nell’avviso conclusione indagini. Sarebbe stato complice di Mario Vicari, Carlo Cateno Regalbuto, Gaetano Bognanni e Vincenzo Ferrarrello ispettore forestale, nel 2013 e fino al momento della consegna dei lavori all’impresa bergamasca, nella sottrazione dall’interno del sito minerario di ingenti quantitativi di materiali ferrosi, legname e cavi e parti in rame di impianti elettrici di cui avrebbero provveduto alla cessione e allo smaltimento illecito per un profitto personale. Per operare indisturbati durante i turni di servizio e in occasione degli illeciti, Carlo Cateno Regalbuto avrebbe spento gli impianti di videosorveglianza fatti realizzare con un ingente stanziamento dalla struttura commissariale. Mammo Zagarella, incaricato successivamente della consegna dei lavori all’impresa di Gattuso, avrebbe continuato, invitando l’impresa ad appropriarsi del materiale ferroso, a tacere su quando accadeva, consentendo le pratiche di sottrazione per consentire all’impresa il pagamento della tangente a lui destinata. Gli altri, consapevoli di quanto accadeva e ottenendo da ciò personale profitto mediante accordi di volta in volta stipulati o con l’uno o con l’altro dei protagonisti della vicenda avrebbero ottenuto assegnazioni di lavori o assunzioni da parte dell’impresa, omettendo o alterando l’esecuzione dei lavori, in violazione delle normative anche di prevenzione. Ancora a Giuseppe Regalbuto si contesta di avere chiesto appoggio elettorale ad una “famiglia” barrese per una lista civica per le amministrative 2012, in cambio di buoni benzina e successivi favorì amministrativi per imprese vicine a “cosa Nostra” legati ai lavori di messa in sicurezza di Pasquasia. Indagati sono Giacomo Aranzulla, Antonino Giuseppe e Michele Berna Nasca, Gaetano Bognanni, Giuseppe Chiavetta, Rosario Consiglio, Giuseppe Costanza, Salvatore Di Grazia, Vincenzo Ferrarello, Pasquale Gattuso, Vincenzo Guadagno, Antonino, Fortunato e Salvatore Ipsale, Santo La Puca, Salvatore La Rocca, Sergio Aldo Lo Faro di 46 anni, Diego e Salvatore Mammo Zagarella, Raffaele, Pasquale e Salvatore Migliore di 58, 52 e 56 anni di Napoli. Giuseppe Minnicino, Luigi Morici, Giuseppe e Carlo Cateno Regalbuto, Lorenzo Rossi, Paolo Giulio Ruisi, Antonino Russo, Eugenio Vecchio, Marco Vicari.

Le accuse nei confronti di Giuseppe Regalbuto, ex consigliere provinciale e presidente della Fand, presidente della commissione per le miniere dismesse dell’Urp sono abbastanza pesanti e tra queste vi è quella di “procurato allarme sociale”. Tutto parte dagli interventi per la bonifica della miniera di Pasquasia sulla quale Regalbuto si è battuto sin dall’inizio dell’incarico presso l’Unione delle Province. La bonifica di Pasquasia è stata chiesta a gran voce proprio da Giuseppe Regalbuto, il quale sosteneva e sostiene che Pasquasia può dare ancora lavoro a tante persone. Contattato per avere una sua versione dei fatti, Giuseppe Regalbuto dopo una pausa di riflessione, ha deciso di esternare il suo pensiero in quanto si ritiene innocente su tutto. “In relazione al procedimento penale che mi vede indagato – dichiara Giuseppe Regalbuto – desidero affermare la mia totale estraneità ai fatti che mi sono stati contestati. Sono sicuro di non avere mai commesso alcun reato e di avere agito nella piena legalità avendo come obiettivo primario il bene della mia terra e dei miei conterranei. Ho sempre perseguito l’obiettivo dello sviluppo economico allo scopo di combattere la disoccupazione che affligge i nostri giovani e che li costringe per questo motivo ad emigrare”. “Da cittadino onesto – prosegue Giuseppe Regalbuto – vivo come una grave e afflittiva pena l’essere accusato di comportamenti che sono l’esatto contrario di quanto credo. Ho la più totale fiducia nella Magistratura e fornirò tutti i possibili chiarimenti nelle sedi più opportune per evitare che sulla mia persona possano continuare queste gravi accuse”.


Tiziana Tavella e Flavio Guzzone per La Sicilia