Enna. Acqua: partite pregresse e business sull’acqua che diventa bene di lusso

Nonostante le diverse sentenze del giudice di pace e la decisione ultima dell’Autorità d’ambito di sospenderle per sei mesi, le partite pregresse restano inserite in bolletta (verosimilmente perché registrate prima di avere ricevuto la notifica della sospensione). Intanto le polemiche da parte dei cittadini non si sono fatte attendere. “Non solo paghiamo l’acqua a circa 3 euro al metro cubo, inoltre AcquaEnna continua a disattendere la decisione dei sindaci, applicando le partite pregresse”- spiega Maurizio Cappa, residente a Enna, monoreddito, sposato e papà di due figli – che aggiunge: “L’impressione è quella che l’acqua sia diventata oramai un bene di lusso, anziché di prima necessità”. L’illegittimità delle partite pregresse poteva essere eccepita, sino a qualche mese fa, solamente da chi aveva ottenuto una sentenza favorevole dal giudice di Pace, ma dallo scorso 28 febbraio, giorno in cui l’Autorità d’ambito, formata dai sindaci dell’Ennese, ha sospeso, per sei mesi, in autotutela la deliberazione con la quale si autorizzava AcquaEnna a riscuotere la somma, l’illegittimità delle partite pregresse può essere eccepita da tutta l’utenza. La conferma, che la gestione dell’acqua in tutta l’isola fosse diventata un vero business, si è avuta di recente, durante una nota trasmissione televisiva: siamo nel 2004 quando Siciliacque (25 per cento della Regione, 75 per cento di una multinazionale francese) rileva nell’isola 1800 chilometri di condotte idriche, sorgenti e sei grandi invasi. Una gestione quarantennale, con Siciliacque che in cambio paga alla Regione un canone di cinque milioni di euro ogni anno. Un grande affare – è stato spiegato – perché Siciliacque compra dalla Regione il prezioso liquido a 8 centesimi al metro cubo e lo rivende a 69 centesimi agli enti gestori del servizio idrico, i quali, a loro volta, rivendono l’acqua ai cittadini ad una cifra che raggiunge o supera 2,50 euro, tra la più cara d’Italia. Insomma un grosso giro d’affari, come il balzello chiamato “partire pregresse”, la madre di tutte le battaglie che si disputa tra AcquaEnna, gestore del prezioso liquido in provincia, e gli utenti. Una vicenda che va avanti anche a suon di ricorsi, con AcquaEnna decisa a recuperare, mediante partite pregresse, oltre 20 milioni di euro. Per gli utenti le partite pregresse, indicate in fatture quale “conguaglio anni 2005-2010”, sono irregolari. Emblematica la sentenza 154/16 depositata lo scorso 23 settembre, con il Giudice di Pace di Enna che, nel dare ragione all’utente Maria Elisabetta Arena, difesa dall’avvocato Flora Dello Spedale Venti, scrive: “Occorre provare l’entità del consumo pregresso e della differenza non corrisposta che costituisce la partita pregressa”, aggiungendo un dato importante: ”Essendo dette somme vincolate ai consumi effettivi è evidente che il relativo diritto di credito è sottoposto al termine di prescrizione quinquennale, non potendo le delibere dell’autorità di vigilanza o dell’autorità d’ambito derogare alle norme dettate dal codice civile”. Ma c’è dell’altro. Il Giudice di Pace ha anche sottolineato che nelle fatture “non viene data contezza delle modalità di calcolo, dell’indicazione dell’importo da portare a conguaglio e dei consumi effettuati dall’utente nell’anno cui il conguaglio si riferisce”.

Francesco Librizzi