Il populismo è il sintomo di una malattia grave della democrazia matura

La vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen nel ballottaggio per le elezioni presidenziali in Francia viene vista qui da noi e anche altrove anche come una sconfitta del populismo. E’ comprensibile l’ottimismo di coloro che esultano alla sconfitta del populismo in uno dei paesi più importanti dell’Unione Europea. A mio avviso, però, bisogna andarci cauti perché non è il caso di farsi eccessive illusioni. La pensa così anche Ilvo Diamanti che su “la Repubblica” del 9 maggio scrive che “conviene usare prudenza, prima di rallegrarsi troppo”. E’, questa, una ragione per cercare di capire questo fenomeno complesso e molto esteso individuando gli elementi che lo caratterizzano. A chi voglia provarci consiglio di leggere l’ultimo libro dal titolo “Populismo 2,0” di Marco Revelli, docente di Scienza della politica dell’Università del Piemonte orientale” ed l’agile volumetto “Populismi contemporanei XIX – XXI secolo” di Sara Gentile, docente di Scienza politica e del linguaggio politico dell’Università di Catania e professeur invité al CEVIPOF di Sciences Po di Parigi. I movimenti populisti appaiono in una fase precisa e difficile nella storia di un paese o di un continente che prepara grandi cambiamenti. In questa fase al vecchio modello di società ne sta subentrando un altro che non è ancora chiaro e definito. Sara Gentile parla di quattro ondate del fenomeno che chiamiamo populismo. Le prime due ondate si sono sviluppate tra la fine dell’’800 e gli inizi del 900 in paesi molto diversi e lontani, come la Russia prima della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e negli stati del sud degli Usa. Nella Russia prerivoluzionaria c’erano due partiti che si richiamavano al popolo (narod) e auspicavano il ritorno alla terra ed un’organizzazione delle campagne che contrastasse il regime zarista. I populisti americani si battevano contro le élite politiche le élite urbane in ascesa ed esprimevano le paure, lo scontento e la ribellione del mondo rurale dei piccoli coltivatori minacciato dalla trasformazione economica e sociale che gli Stati Uniti stavano attuando dopo la conclusione della guerra di secessione. Tra gli anni ’30 e ’50 del Novecento la terza ondata del populismo si è sviluppata nei paesi dell’America latina, come l’Argentina e il Brasile, favorendo l’integrazione di grandi masse nei processi di modernizzazione. La quarta ondata del populismo è iniziata dagli anni ’70 del Novecento ed è tuttora in pieno svolgimento. In questa fase nascono e si sviluppano dei veri e propri partiti populisti in molti paesi dell’Europa occidentale. Questa fase dagli anni ’70 ad oggi si caratterizza per una concentrazione in alto della ricchezza a vantaggio di pochi privilegiati che ha prodotto lo scivolamento verso il basso del ceto medio e del mondo del lavoro, che sono e si sentono al margine fuori dai meccanismi delle istituzioni. In questa fase nella politica si apre a sinistra un grande vuoto che viene coperto dal populismo. Marco Revelli individua tre elementi che caratterizzano il populismo. Il primo elemento è la rappresentazione di un popolo contro una élite, un’oligarchia o un piccolo gruppo di usurpatori. Il secondo elemento è la contrapposizione di un bene a un male. Il terzo elemento è rappresentato dalla personalizzazione della politica, dalla presenza di una figura nella quale identificarsi. Con queste caratteristiche, il populismo si configura come il sintomo di una malattia grave della democrazia matura.

Silvano Privitera



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