Elezioni, strappo dem in Sicilia: nascono i “partigiani Pd”

Continuano a destare polemiche le modalità di composizione delle liste di candidati che rappresenteranno il Partito Democratico nella imminente campagna elettorale. Già i circoli di Valguarnera e Pietraperzia (due roccaforte dell’ex on, Mario Alloro, uscito sconfitto dall’ultima consultazione elettorale regionale) gridono lamentando il mancato coinvolgimento degli iscritti al partito, in special modo per l’individuazione dei candidati nei collegi uninominali. Le segreterie di partito cittadine si scagliano in particolare contro la scelta di non essere passati dalle primarie, bensì di aver prodotto delle scelte considerate illogiche, in quanto fra i candidati del PD vi sono ex antagonisti politici che non hanno mai mancato di attaccare il partito (n.d.r: si riferiscono per caso al viaggio a Roma da Bersani e D’Alema dell’attuale candidato alla camre?) e pronti schierarsi in opposizione ad esso. La speranza, invece, è che già all’indomani del 4 marzo il PD riacquisti la capacità di compiere scelte condivise, con vero spirito democratico. Dolori di pancia che ormai non sono altro che lacrime di coccodrillo perché tutto è già stato scelto e tali scelte non possono essere modificate.

Dopo il caos liste è strappo nel Pd in Sicilia. Un pezzo dei dem si sfila dalla linea di Matteo Renzi e crea il movimento “i partigiani del Pd” in dissenso “col modello padronale del partito”. Quattro dirigenti – componenti della segreteria regionale – hanno rimesso il mandato nelle mani del segretario Fausto Raciti. “Voteremo Pd – dicono i 4 dirigenti – ma non sappiamo se faremo campagna elettorale”. I quattro dimissionari dalla segreteria regionale sono il responsabile organizzazione regionale del Pd, Antonio Rubino, Carmelo Greco, Antonio Ferrante, Salvatore Graziano. Rubino, in conferenza stampa nella sede dei dem a Palermo, ha spiegato che “il segretario Raciti è stato ovviamente informato”.

Per marcare il dissenso, i dirigenti hanno deciso di attaccare nelle giacche una piccola resistenza elettrica, la stessa che indossarono nel 1992 dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio. “Il gruppo dirigente siciliano – dice Rubino – è totalmente estraneo alla modalità con la quale sono state fatte le liste. I candidati sono stati proposti dal segretario Renzi su indicazione di Davide Faraone, dentro una logica di fidelizzazione, a partire dai collegi uninominali”. I partigiani del Pd hanno già stampato un manifesto con la scritta “5 marzo, non cambiamo partito ma cambiamo il partito”.

“In questo momento la nostra gente è disorientata – dice sempre Rubino – Molti circoli si pongono il problema di fare le assemblea senza i candidati e di valutare il disimpegno dalla campagna elettorale. Noi restiamo nel Pd, ma fin da subito lanciamo le basi per costruire un nuovo Pd attraverso il movimento dei partigiani”. Al movimento aderisce anche la deputata uscente Magda Culotta, sindaco di Pollina, in provincia di Palermo, che intendeva ricandidarsi nel collegio di Bagheria ma ha appreso della sua esclusione dalla stampa. “Non ne faccio una battaglia personale – dice Culotta – ma di valori. Io voterò Pd, ma non mi ritrovo in nessuno dei candidati”.

Il clima tra i dem sull’isola si è surriscaldato nel giorno del deposito delle liste per le politiche del prossimo 4 marzo, quando dal Nazareno hanno deciso di paracadutare Maria Elena Boschi in Sicilia. La sottosegretaria, infatti, è candidata in tre collegi nella regione più a sud d’Italia. “Un atto di bullismo”, l’avevano definito i dirigenti dem. Ma non solo. Nelle liste del Pd in Sicilia sono stati inseriti una serie di candidati con trascorsi politici nel centro destra. C’è Nicola D’Agostino, ex capogruppo del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. E poi Valeria Sudano, che Totò Cuffaro definisce una “sua amica“. E gli immancabili “figli di“: l’erede dell’ex ministro Totò Cardinale, che ormai da dieci anni ha ricevuto in dote dal padre il seggio al Parlamento. E Calogero Sodano, rampollo dell’ex sindaco di Agrigento, già senatore del centrodestra con un nutrito curriculum giudiziario (come scrive il Fatto Quotidiano).