Aidone. Prof. Antonio Mazzola su “Cambiamenti climatici e Biodiversità“

Aidone. Negli ultimi due anni le aziende agrarie dell’Ennese contano ancora i danni del maltempo: luglio- agosto-settembre 2017, mesi della siccità, con incendi anche di molte territorialità boschive; agosto – settembre – ottobre 2018, mesi piovosi che hanno danneggiato pesantemente le colture (frutteti, vigneti, uliveti, ortive), a causa della troppa acqua, della forza delle precipitazioni, delle grandinate e dei venti. In conseguenza dei rapidi cambiamenti del clima, vengono a modificarsi non solo le condizioni ambientali , ma anche gli obiettivi della gestione forestale, che, al contrario di quanto accadeva nel passato, non si trova di fronte ad un quadro di condizioni ambientali costanti, ma deve confrontarsi con eventi imprevedibili in uno scenario di incertezza e di rapido mutamento, non solo climatico, ma anche di habitat, di uso del suolo, di inquinamento.
La conservazione della biodiversità, la protezione della Natura e la gestione sostenibile delle foreste costituiscono temi che sempre più richiamano l’attenzione di molteplici organismi internazionali e dell’opinione pubblica, preoccupati dal progressivo degrado che lo sviluppo industriale ha provocato all’ambiente e dalle conseguenze che potranno avere i cambiamenti climatici. Ne abbiamo parlato con Antonio Mazzola, ordinario di Ecologia al Dipartimento di Scienza della terra e del mare dell’Università di Palermo, per chiarire queste anomalie al fine discutere una possibile evoluzione della vegetazione forestale in un contesto di innalzamento termico, evidenziando alcune priorità per le attività di ricerca e di gestione forestale. “Le condizioni climatiche – dice Mazzola – sono i fattori che determinano le specie vegetali e animali che possono vivere, crescere e riprodursi in una determinata regione geografica. Alcune specie sono talmente legate alle condizioni climatiche cui si sono adattate che un leggero aumento della temperatura o una piccola riduzione delle piogge o l’impercettibile alterazione d’un altro parametro possono aumentare la loro vulnerabilità”.
“I cambiamenti climatici in atto – aggiunge il docente – stanno producendo modificazioni significative sulle comunità, vegetali e animali, sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici. L’aumento delle temperature medie, l’alterazione del regime delle piogge e l’intensità con la quale si manifestano, le ondate di caldo, lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai alpini, l’innalzamento del livello dei mari, sono tutti fenomeni riconducibili al cambiamento del clima in atto”.
“Gli studi e le ricerche – continua Mazzola – indicano che se le emissioni di gas serra continueranno a mantenersi ai livelli attuali o addirittura si accresceranno la resistenza e la resilienza di molti ecosistemi (in pratica la loro capacità di sopportare e/o adattarsi ad uno stress) saranno fortemente indebolite da una combinazione senza precedenti di cambiamenti nel clima, con numerosi disturbi ad essi associati (catastrofi naturali provocate da siccità, inondazioni, incendi, acidificazione degli oceani, nonché diffusione di insetti nocivi all’uomo e alle coltivazioni). Uno studio di qualche anno fa ha previsto il collasso pressoché immediato del sistema dei Monsoni Indiani e dell’Africa entro 10 anni; lo scioglimento della calotta glaciale artica entro circa 10 anni; il collasso della foresta pluviale amazzonica entro 50 anni; il collasso della foresta boreale entro 50 anni; il collasso della circolazione delle correnti atlantiche entro 100 anni. I cambiamenti climatici in atto, dovuti all’innalzamento della temperatura, produrranno lo spostamento verso i poli e verso quote più elevate di diverse specie che andranno alla ricerca di condizioni climatiche più adatte, con un impatto sullo stato degli ecosistemi terrestri e marini. Varierà l’abbondanza di alcune specie (alcune, le più vulnerabili, scompariranno del tutto) e cambierà la composizione delle comunità animali e vegetali”.
“Ci potremo aspettare incendi più frequenti – conclude – che distruggeranno boschi e foreste, un mare più salato ed acido e la scomparsa delle barriere coralline. L’aumento del livello dei mari e degli oceani porterà ad un impoverimento ecologico
della fascia costiera con la sparizione di tanta vegetazione dunale e retrodunale, la scomparsa di lagune e stagni costieri, una elevata erosione delle coste e l’allagamento di tutte le aree, anche urbanizzate, con limitata prevalenza sul mare. Per sopravvivere a questi cambiamenti o quantomeno ritardare il continuo processo di perdita di biodiversità, occorre innovare, inserendo l’adattamento alla pianificazione della conservazione, attuare buone pratiche di gestione del territorio, conoscere meglio le specie individuandone la vulnerabilità ai cambiamenti climatici di lungo periodo, in un contesto di pianificazione della conservazione”.

Nino Costanzo