Aidone. Degli Argenti ellenistici di Morgantina. Di una misteriosa laminetta di piombo. Di una convenzione poco onorevole!

Non ha deluso le aspettative la conferenza dell’archeologa Serena Raffiotta, voluta dall’Università del Tempo Libero di Aidone, che si è celebrata sabato scorso nel salone della fondazione Marida Correnti. La comunità aidonese, e non solo, che si era battuta strenuamente per impedire nel 2014  il trasferimento coatto degli Argenti,  vive con ansia, e perché no con qualche preoccupazione,  il momento del rientro nel Museo di Aidone dei preziosi reperti. Ancora non se ne avverte segnale da parte delle autorità preposte, considerato che nel nostro caso le cose sono complicate anche dalla presenza concomitante di Stato e Regione.**

Un pubblico molto attento ha seguito il ricordo delle vicende rocambolesche che hanno accompagnato il ritrovamento, la vicenda giudiziaria e la restituzione mutila e condizionata degli arredi di oreficeria al museo di Aidone. E poi la descrizione dei sedici pezzi appartenenti a quello che sembrerebbe essere stato un sorta di collezionista antelitteram, l’Eupolemo, il cui nome è inciso chiaramente sotto due dei sedici reperti, e le nuove prospettive di studio che collocano gli arredi in ambito rituale, usati quindi, non dagli aristocratici in ricchi banchetti, ma nelle celebrazioni tesmoforiche che certamente si tenevano nei tanti santuari dedicati a Demetra e Persefone, presenti  nel territorio di Morgantina*.

L’incisione, IERA TON TEON (sacri agli dei) e IARA PANTON TEON (sacri a tutti gli dei), nel fondo dell’altare miniaturistico, e quella IERA TEON sulla base della pisside sul cui coperchio sono rappresentati Irene, la pace che regge una cornucopia e Pluto bambino, sembrano non lasciare dubbio sul fatto che questo tesoro era dedicato alla celebrazione delle divinità. Il  nome al genitivo EUPOLEMOU (di Eupolemo) inciso sui due pezzi citati  è quello del proprietario? O è dell’autore? O dell’affidatario del santuario?  Nuova luce potrebbe essere portata sulla questione da un “nuovo” reperto. Infatti, intorno al nome di Eupolemo, la Raffiotta ha evocato una misteriosa laminetta di piombo, certamente proveniente da Morgantina e di cui si sono perse le tracce. La tavoletta fu molto importante all’epoca delle indagini che portarono alla conferma della provenienza degli argenti da Morgantina.

La  foto e il testo inciso sulla  laminetta (di cm 9,5 x 4,6) furono pubblicate nel 1989 dal professore Giacomo Manganaro in un articolo, apparso sulla rivista di studi antichi “Parole del Passato”, dal titolo “Case e terra a Kamarina e Morgantina nel III-II sec. a.C.”. Insieme ad altre tavolette analizzate, di sicura provenienza da Kamarina, il professore Manganaro dà conto di questa, che attribuisce con certezza a Morgantina, che aveva visionato in una collezione privata (probabilmente quella di Cammarata). In dodici linee è trascritto l’atto di compravendita di un vigneto e delle sue pertinenze, da parte di certo Lusone Ippia, davanti a dieci testimoni garanti che vengono elencati: il secondo della serie è tale Teodoro figlio Eupolemo (Teodoros Eupolemou). Il professore Malcom Bell in una lettera inviata alla soprintendenza di Enna il 4/11/1999 (riportata nel volume “Caccia ai tesori di Morgantina” di Silvio Raffiotta. EditOpera 2010), a proposito della presenza del nome Eupolemo a Morgantina, afferma che la lastra di piombo, pubblicata da Manganaro, proviene certamente dalla stesso quartiere residenziale dove è stata scavata la cosiddetta casa di Eupolemo! L’importanza di questa lastra, da aggiungere agli oggetti che raccontano questa storia, nella sala degli argenti, è evidente ed innegabile, per cui è giunta l’ora che a gran voce la direzione del museo e la cittadinanza ne richiedano il rientro e l’esposizione. La  stessa Raffiotta ha sollecitato la comunità locale ad interessarsi affinché sia consegnata al museo di Aidone a cui il citato collezionista l’aveva destinata! Dal testo inciso sulla tavoletta emerge un’altra suggestione che mi permetto di condividere e il cui commento lascio agli esperti: vi si dice che viene venduta anche “la metà della stalla dove si trova l’ingresso e quanto in essa contenuto, ad esclusione degli oggetti sacri (plan ton ieron)” (Raffiotta op. cit.pag. 97). Perché in una stalla si sarebbero trovati degli oggetti sacri? Non dimentichiamo che anche i nostri  verranno trovati dai tombaroli nelle stanze del piano terra che potrebbero configurarsi anche come stalle o magazzini!

* Le Tesmoforie: il titolo della conferenza rimanda ad una delle feste più conosciute in tutto il mondo greco, più nota con il nome di Misteri Eleusini; si celebrava per vari giorni in onore della dea Demetra Tesmofora, istitutrice delle leggi del vivere civile, del matrimonio e dell’agricoltura e di sua figlia Persefone che, con la sua presenza a rotazione nell’aldilà presso il marito Ade e sulla terra, rappresentava il ciclo delle stagioni e dell’agricoltura. Erano riti iniziatici riservati alle donne libere, le tesmoforiazuse, rese celebri  dalla commedia omonima di Aristofane (una ricostruzione di come si svolgessero ad Atene è stata infatti possibile grazie alla commedia). Si celebravano in autunno per celebrare il risveglio delle energie rigeneratrici sia nella terra che nel corpo delle donne. Tali riti si celebravano sicuramente a Morgantina, nei tanti santuari dedicati alle due divinità e soprattutto in quelli di San Francesco Bisconti dove sono state trovate una grande quantità di ossa di piccoli animali non macellati. Infatti uno dei momenti clou della festa era quello in cui si riesumavano, da una profonda grotta, le carcasse dei porcellini da latte ivi buttati vivi quattro mesi prima, nel corso delle feste estive chiamate ad Atene Sciroforie. Le ossa venivano deposte sull’altare di Demetra e poi divise perché fossero mescolate alle nuove sementi….

E chissà che nelle due grandi coppe, sorrette dai magnifici piedini rappresentanti le maschere teatrali, non venisse mescolata la bevanda ordinata dalla dea, il ciceone, versato con il mestolo dalla caratteristica testa di cernecco? (n. dell’autrice) Il ciceone era un miscuglio di acqua, farina d’orzo e menta; sarebbe stato l’unico ristoro accettato da Demetra nella sua lunga peregrinazione alla ricerca della figlia, come si racconta nell’Inno a Demetra attribuito ad Omero. Per questo era bevuta dagli iniziati alla fine del digiuno rituale “Ho digiunato, ho bevuto il ciceone”!

 

** L’escursus con cui la Raffiotta ha ripercorso la storia rocambolesca del ritrovamento degli Argenti e della loro restituzione da parte di un molto riluttante MET (The Metropolitan Museum of Art di New York), ha fatto emergere le condizioni poco onorevoli se non addirittura illegittime, contenute nella Convenzione firmata da Philippe de Montebello per il MET, dal ministro Buttiglione per l’Italia e dall’Assessore Alessandro Pagano per la Regione siciliana, che discendono tutte dalla premessa, ivi contenuta, rivendicata dagli americani “ I) Il Museo (il MET), respingendo ogni addebito di conoscenza della affermata illecita provenienza dal territorio italiano dei beni rivendicati dall’Italia, ha deliberato il trasferimento dei Beni Richiesti dal Ministero nel quadro di questa convenzione. Tale decisione non comporta il riconoscimento, da parte del Museo, di alcuna forma di responsabilità civile, amministrativa o penale per l’originaria acquisizione o detenzione dei Beni Richiesti. Il Ministero e l’Assessorato per i Beni Culturali della Regione Siciliana in conseguenza dell’accordo, rinunciano ad ogni azione riconducibile a tali forme di responsabilità in relazione ai Beni Richiesti”, una pietra tombale su future rivendicazioni e possibilità di revisione della convenzione medesima. La vergogna di questa “convenzione”, in cui uno stato sovrano e una regione autonoma si abbassano a firmare una dichiarazione come quella riportata e poi più volte reiterata, e ad accettare delle condizioni capestro dettate unilateralmente dal direttore de Montebello, un privato, potrebbero trovare una qualche giustificazione solo nel fatto che per la prima volta si riusciva a riportare a casa il mal tolto, stabilendo di fatto un principio mai riconosciuto fino a quel momento. Ma sicuramente il ministro pro tempore, Rocco Buttiglione in questo caso, non solo non ci fa una bella figura e viene da chiedersi se ne avesse il diritto considerato che la Sicilia, con la sua autonomia, è l’unico proprietario di quei beni, tant’è vero che ha avuto bisogno dell’avallo della firma dell’assessore regionale Pagano. In ogni caso lascia nelle peste la Regione che per rivendicare gli argenti ellenistici  deve proporre al MET opere d’arte in sostituzione che abbiano il medesimo valore degli Argenti o meglio che tali siano riconosciuti dal MET! In sostituzione dei cinque vasi attici, tra cui il preziosissimo cratere di Eufronio, restituiti contemporaneamente alla soprintendenza dell’Etruria Meridionale, già nella convenzione  vengono individuati una quindicina di opere, scelte nei vari musei italiani, che volta per volta,  andranno a riempire al MET il vuoto lasciato dai resi.

( 5.3. Al fine di rendere possibile la continua presenza nelle Gallerie del Museo di beni culturali di pregio e rilevanza storico – artistico pari agli Argenti Ellenistici, le Parti convengono che a far tempo dal 15 gennaio 2010 e per la durata della Convenzione la Repubblica Italiana concederà al Museo su base concordata continuativa e rotativa e in sequenza:
a) il prestito quadriennale di beni archeologici di pari pregio e rilevanza storico artistica, eventualmente inseriti nel loro contesto, agli Argenti Ellenistici
b) il prestito quadriennale degli Argenti Ellenistici.
Tratto dalla Convenzione citata)
C’è un comma a cui i nostri governi, statale e/o regionale, potrebbero appigliarsi: al punto 5.4. si dice “Le Parti potranno modificare il su riferito programma di prestiti su base rotativa e in sequenza solo mediante apposito accordo scritto.” Ma avranno mai i nostri politici un qualsiasi interesse a modificare le cose? Certamente non lo hanno avuto quelli passati di qualunque colore fossero. Saranno  i giallo-verdi a prendere finalmente a cuore la questione?


Franca Ciantia