Enna. In tre accusati di aver diffamato attraverso Facebook Corte d’Appello li assolve

Erano stati rinviati a giudizio davanti al Tribunale di Enna, in composizione penale monocratica, per rispondere del reato di diffamazione aggravata con l’accusa di avere offeso la reputazione e il decoro di alcuni e, in particolare, per aver pubblicato sul social network “facebook” talune esternazioni ritenute diffamatorie. Con tale accusa, conseguente ad una denuncia presentata nei loro confronti dai soggetti che lamentavano essere stati vittime di tale presunta diffamazione, veniva celebrato il processo penale di primo grado il quale, all’incirca un anno addietro, si concludeva con una sentenza che condannava a pena pecuniaria, ma comunque con il beneficio della sospensione condizionale, nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti offese da liquidarsi in separata sede ed alla refusione delle spese di costituzione di parte civile. Ma Lacchiana Ileana, Trovato Giacinto Ludovico e Fontanazza Tiziana, questi i nomi dei malcapitati, per il tramite dei loro avvocati di fiducia, avv. Lorenzo Caruso e avv. Gianluca Di Barca, non condividendo la decisione del Giudice di primo grado, proponevano tempestivo appello contro la sentenza di condanna. La questione veniva, quindi, sottoposta al vaglio della Corte d’Appello di Caltanissetta la quale, riunitasi in composizione collegiale in data 03.07.2019, seconda sezione penale, accogliendo la tesi difensiva sostenuta dall’avv. Lorenzo Caruso, legale di fiducia degli appellanti, ribaltava l’esito della sentenza di primo grado, nonostante il procuratore generale ne avesse chiesto la conferma e, in riforma di essa, pronunciava, in favore di tutti e tre, sentenza di assoluzione dai reati contestati perché non punibili ai sensi dell’art. 131 bis del codice penale.
“Esprimo grande soddisfazione – dichiara l’avv. Lorenzo Caruso – per la decisione adottata dal Collegio d’Appello che ha ritenuto condivisibili, all’esito della discussione finale, le doglianze formulate in difesa dei miei assistiti, persone incensurate e per bene, che hanno sempre avuto, come il sottoscritto, la massima fiducia nella giustizia. La sentenza della Corte di Appello, infatti, ha loro restituito ragione e confermato la non punibilità della loro condotta”.

Rino Caltagirone