Comeback Welfare, per tornare alla parità sociale

“Il welfare nasce come strumento di parità ora invece sta diventando sempre più uno strumento di differenziazione. ComeBack Welfare ha una finalità sociale volta a creare un welfare budget per tutti”. Così Domenico De Liso, ha illustrato quali sono i principi che rappresentano la mission di ComeBack Welfare, start up nata dall’idea di un gruppo di giovani imprenditori attivi in diversi settori industriali che hanno creato una piattaforma virtuosa di “recupero welfare”. Lanciata pochi mesi fa dopo quasi tre anni di attenta progettazione, la piattaforma avrà clienti attivi già a partire dai prossimi giorni. ComeBack Welfare si propone di attivare un rapporto fiduciario capace di rafforzare sia i legami commerciali tra le imprese aderenti che quelli relazionali interni a ciascuna realtà: “Dopo anni di esperienza nel settore metalmeccanico mi sono reso conto che la revenue commerciale da dover ridare al cliente a fine anno poteva essere investita in modo etico e sostenibile affinché, da mero vincolo di dipendenza nel rapporto cliente/fornitore si potesse elevare a meccanismo per sostenere sia la soddisfazione dei bisogni individuali e familiari dei lavoratori, sia la fidelizzazione, l’engagement e la produttività delle aziende nelle quali lavorano”. Come spiegato sul sito della piattaforma il sistema è semplice e intuitivo e si basa sulla reciprocità del fare impresa. Qualsiasi azienda, soprattutto le startup o le Pmi, possono inserire sulla piattaforma gli ordini ai fornitori (nazionali e/o internazionali) cosicché il sistema possa calcolare il plafond disponibile in base agli ordini che i fornitori (invitati dall’azienda) avranno ricevuto e renderà spendibili gli importi maturati affinché siano utilizzati per il sostegno del welfare aziendale. La percentuale in gioco è nettamente inferiore agli “sconti” di fine anno richiesti ai fornitori ed è pari al 1,5% del valore di ciascun ordine con il quale creare o incrementare il budget da investire per il benessere dei collaboratori e dell’impresa stessa. In base agli studi effettuati è stato associato a ciascun tipo di impresa un possibile volume d’affari stimando che gli acquisti di materie prime e servizi incidano per il 50% del fatturato rispetto al quale sarà poi calcolato il “ritorno di welfare” che l’impresa può generare. “Un’azienda di taglia ‘micro’, con soli 4 dipendenti e un fatturato inferiore a 1 milione è in grado di ottenere fondi da destinare al welfare aziendale in misura individualmente superiore a quella ottenibile dalle altre classi d’impresa. Diventa addirittura possibile ottenere quasi il doppio del budget pro capite che potrebbe generare un grande azienda”. Facendo riferimento ai dati della ricerca effettuata da Cgil/Nomisma – i quali dimostrano come la fruizione dei servizi di welfare non riguardi allo stesso modo tutte le categorie di lavoratori poiché all’aumentare dell’inquadramento lavorativo e del titolo di studio aumenta anche la fruizione – ComeBack Welfare si presenta dunque, ha ribadito De Liso, “come uno strumento su cui fare affidamento e leva comune tanto per i sindacati che per le aziende. Il vero welfare per le persone è quello on top e non quello relativo al premio di risultato eventualmente convertito in servizi perché, in quest’ultimo caso, manca la continuità che è la caratteristica saliente di qualsivoglia reale tutela. E il welfare aziendale deve esprimere tutele, prima che essere una premialità, come tale aleatoria”. “Con la nostra piattaforma di accounting offriamo alle imprese un tool per attivare un meccanismo capace di dare continuità agli stanziamenti destinati al welfare ed attraverso il nostro progetto vorremmo sensibilizzare i provider a lavorare con le aziende in un’ottica di pianificazione che non sia “usa e getta” ma che possa avere una ricaduta a lungo termine sia a livello sociale che territoriale”. L’intento di De Liso è chiaro: “Comeback Welfare da start up mira a diventare una Società Benefit, mentre è già la prima community B2B di aziende realmente socialmente responsabili che, unite da un rapporto fiduciario, creano nell’esercizio della loro usuale attività di business un fondo welfare”. Prossimo step? De Liso ha le idee chiare: “Ampliare l’impatto dell’iniziativa e rendere la piattaforma capace di consentire alle aziende di destinare una quota parte degli importi maturati anche al welfare del territorio, rafforzando ulteriormente il loro legame con i luoghi nei quali fanno impresa”.
(ITALPRESS/WELFARE.IT).

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