A Leonforte i commercianti cinesi chiudono i negozi, in attesa che passi la paura

I supermercati pullulano di gente bisognosa di quintali di “spuntittuni”, la promenade del venerdì è sempre affollatissima di accenti solari e affaroni di fine stagione, la messa domenicale non ammette assenze perché l’Apocalisse è vicina (dice don Livio, di Radio Maria), i bar raccolgono la varia umanità della moderna Tavaca , ma dai cinesi non entra più nessuno.
Il paesano pensa forse che il coronavirus sia circoscritto nelle mercerie cinesi, affittata da leonfortesi, o forse sospetta che i cinesi, milioni, vivano tutti e solo nella provincia dell’Hubei. Per i gestori il contraccolpo è forte, tanto da costringerli, in molti casi, ad abbassare le saracinesche. Da un giorno all’altro sono passati dall’avere centinaia di clienti, in cerca di tutto il pensabile a buon mercato, ad averne due, al massimo quattro. La maggior parte dei ristoratori e titolari di negozi ha scelto di motivare la chiusura improvvisa affiggendo cartelli generici: “chiuso per ferie”, “chiuso per rinnovo locali”, ma i cinesi leonfortesi hanno preferito una motivazione più veritiera. Comprenderemo che non c’è nulla di buono in questo? Capiremo che la chiusura di un negozio, economico e popolare, è una perdita per chi galleggia nella cronica miseria?

Gabriella Grasso