Studi medici latitanti?

La Regione Sicilia si prepara al peggio, questa la settimana decisiva e così il Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, decide di chiedere aiuto all’esercito ed effettuare i tamponi a tutti coloro che lavorano in ambito sanitario. Non si mette bene purtroppo, neanche per la provincia di Enna, ormai diversi i casi, purtroppo e per fortuna, molti anche i casi di influenza che nulla hanno a che vedere con il COVID-19, ma che si manifesta con sintomi che preoccupano il soggetto, per lo più anziani, che nell’immediatezza altro non fanno che rivolgersi al proprio medico di famiglia. E qui si arriva al punto, già, purtroppo ad oggi, pochissimi gli studi dei medici di base che ricevono pur potendosi attenere al decreto. Ancora cosa peggiore che, alcuni studi, non solo risultano chiusi al pubblico ma sembrerebbe che, i titolari non rispondano neanche se chiamati per telefono. Il problema, sarebbe essere ricollegato all’assenza di dispositivi di protezione individuale, rispondere varrebbe come disponibilità alla visita domiciliare, molti danno indicazioni telefoniche e talvolta potrebbe capitare che il paziente, giustamente preoccupato, diventi insistente nel richiedere la visita al proprio domicilio, risulterebbe perciò quasi necessario per alcuni, non rispondere alla chiamata telefonica del paziente. In questo momento tale comportamento potrebbe essere comprensibile se si parlasse di persone comuni, ma a far notizia sono invece dei professionisti che hanno da rispettare un codice deontologico ed un giuramento, misto comunque, allo stesso malessere psicologico ed alle stesse paure vissute da ogni essere umano. Dal momento in cui in tutta la nazione si parlava di un grave pericolo incombente, per la salute di tutti indistintamente, quale il COVID-19, questi stessi professionisti, tutti indistintamente, dovevano far fronte a fornirsi di DPI, così come tutta la sanità d’Italia, nel caso in cui fosse accaduto, cosi come è stato, vista l’emergenza, sarebbe stato più opportuno comunicarlo ai propri ordini professionali anziché potare per la non risposta telefonica. Il non rispondere al telefono, potrebbe essere vissuto come un atto di abbandono da parte di chi in quel momento, non solo manifesta una elevata preoccupazione per la propria salute, ma vive con elevato disagio il dover decidere in modo autonomo se scegliere di restare a casa e attendere che i sintomi manifesti si evolvano in quelli ascrivibili ad una semplice influenza, oppure farsi prendere dall’ansia e presentarsi al più vicino pronto soccorso, azione sconsigliata da tutti i sanitari, dal decreto, da tutte le forze dell’ordine, dai sindaci di ogni comune e dal nostro buonsenso che non dovrebbe mai abbandonarci. Diverse le lamentele nei confronti di questi professionisti, lamentele che sono state segnalate agli organi dell’Asl. Si spera almeno, per la situazione incresciosa creatasi che, nessuno se ne “lavi le mani”.

Anna Zagara