E se i sanitari di Enna si dovessero trovare di fronte alla crudele scelta di scegliere chi salvare e chi no

Da settimane siamo inorriditi dalle notizie che provengono dagli ospedali del nord dove i sanitari si ritrovano di fronte alla crudele scelta di scegliere chi salvare e chi no. Il COVID-19 sta riproponendo i due punti approfonditi nelle sue ricerche da Darwin: “piccole variazioni organiche, la lotta per la vita”. Questi due punti portarono Darwin ad una conclusione decisamente ottimista: “Noi possiamo concludere con qualche fiducia che ci è permesso di contare su un avvenire di lunghezza incalcolabile. E come la selezione naturale agisce solamente per il bene di ciascun individuo, ogni dono fisico o intellettuale tenderà a progredire verso la perfezione”. Selezione naturale. Questo è lo scenario del COVID-19.

Anche la provincia di Enna, si ritrova a dover far fronte ad una situazione sanitaria d’ emergenza. Tanti i casi che richiedono il ricovero ospedaliero. Il COVID center, della provincia è stato istituito, dai vertici regionali, all’Umberto I di Enna. Dunque, tutti i casi covid devono essere trasferiti ad Enna, con il rischio che la struttura non riesca a contenere il numero dei pazienti, ormai sempre più in aumento. Pochi i posti disponibili in terapia intensiva, sette dei 10 già occupati, con la possibilità di ampliarli utilizzando i posti di sala operatoria. Come da disposizione del Dipartimento di Emergenza e Accettazione D.E.A I livello, di concerto con la direzione strategica e la centrale operativa 118, è stato disposto che: “per tutti i pazienti che giungono ai P.S. di Nicosia, Leonforte e Piazza Armerina, con ambulanza del 118 non medicalizzata e con sintomatologia sospetta per Covid-19, la valutazione del paziente verrà eseguita direttamente in ambulanza, dal medico del pronto soccorso e se la tempistica lo consente, emogas ed eventuale trasferimento del paziente con medico o infermiere al pre-triage covid di Enna. Superfluo ribadire che la valutazione del paziente deve essere tempestiva, il personale deve essere dotato dei DPI previsti dalla normativa Assessoriale e che al fine di evitare conflitti sarà il medico del pronto soccorso, su parametri ben definiti, a decidere sull’equipaggio più idoneo per il trasferimento del paziente ad Enna. Si invvitano i Responsabili dei PS ad individuare preliminarmente il personale deputato al trasporto”.

Dunque, “tempistica nella valutazione e nel trasferimento” e ” parametri ben definiti”. Osserviamo i punti ad uno ad uno. Tempistica: dovrebbe risultare inutile, oltre che sconsigliato, data la breve distanza che intercorre fra i nosocomi ed il center covid di Enna, transitare dai pronto soccorsi degli altri ospedali, Leonforte, Piazza Armerina e Nicosia, evitando sperpero di risorse e rischio di contagio di ulteriori sanitari. Rispetto, invece , ai “parametri ben definiti”, ci chiediamo quali siano gli eventuali protocolli d’intesa in merito.

Tornano in mente le parole del premier Conte, nell’ultimo decreto firmato dal presidente del Consiglio dei Ministri . “Sin dall’inizio ho scelto la linea della trasparenza , la linea della condivisione, ho scelto di non minimizzare, di non nascondere la realtà che ogni giorno è sotto i nostri occhi, ho scelto di rendere tutti voi partecipi della scelta che tutti noi siamo chiamati ad affrontare”.

La situazione, nella nostra provincia si fa sempre più nebulosa con pochi dati ufficiali, numerose morti di persone anziane, con o senza altre patologie, mentre aumentano i casi di soggetti, anche senza gravi o pregresse patologie, di età al di sotto i settanta anni.

E allora, tutti ci facciamo una serie di domande che turbano: che succederebbe se dovessimo arrivare ad un picco di contagi?

Qual è il protocollo a cui i sanitari devono attenersi o chi decide per i trasferimenti dei pazienti covid-19 al centro di riferimento?

Esiste già un protocollo?

Su quali criteri, un medico dovrebbe scegliere chi lasciar vivere e chi no?

Come si giustificherebbe tale scelta ai familiari?

Che succederà quando il reparto Covid center di Enna non potrà più accettare i ricoveri di persone anziane?

Dove andrebbero ricoverati?

Andrebbero ad occupare le astanterie dei rimanenti presidi ospedalieri non covid trasformandoli così in veri e propri lazzaretti?

Crediamo che in tanti, giovani e meno giovani, avrebbero diritto ad avere una risposta. Così come ci piacerebbe capire perché molti dei tamponi inviati, anche già da più di una settimana, sono ancora senza nessun esisto. Il centro di riferimento, il Policlinico di Catania, a quanto pare, non ha più i reagenti. Quindi come faremo a sapere quanti sono realmente i casi? Quali i casi positivi ? Chi mettere in atto l’isolamento fiduciario ? Gli esperti dicono che i sintomi del Covid-19 porrebbe manifestarsi tra i due e i quattordici giorni. In altri casi anche oltre. Se mancano i reagenti, come faranno tutti i sanitari, così come comunicato dal Presidente della Regione, ad essere sottoposti al tampone faringeo, dato che da ciò ne vale la loro sicurezza e quella dei pazienti ? Non farebbero bene i vertici Regionali a far fronte anche a tale situazione? Nel frattempo, si continuerà con la “selezione naturale”.

 

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Christian Salaroli, anestesista rianimatore dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, spiega che il protocollo degli ospedali prevede che si debba scegliere tra chi curare e chi no, come aveva scritto già anche la Società degli Anestesisti:

«Si decide per età, e per condizioni di salute. Come in tutte le situazioni di guerra. Non lo dico io, ma i manuali sui quali abbiamo studiato».

Allora è vero?
«Certo che lo è. In quei letti vengono ammessi solo donne e uomini con la polmonite da COVID-19, affetti da insufficienza respiratoria. Gli altri, a casa».

Poi cosa succede?
«Li mettiamo in ventilazione non invasiva, che si chiama NIV. Il primo passo è quello».

E gli altri passi?
«Vengo al più importante. Al mattino presto, con i curanti del Pronto soccorso, passa il rianimatore. Il suo parere è molto importante».

Perché conta così tanto?
«Oltre all’età e al quadro generale, il terzo elemento è la capacità del paziente di guarire da un intervento rianimatorio. Quella indotta dal COVID-19 è una polmonite interstiziale, una forma molto aggressiva che impatta tanto sull’ossigenazione del sangue. I pazienti più colpiti diventano ipossici, ovvero non hanno più quantità sufficienti di ossigeno nell’organismo».

Quando arriva il momento di scegliere?
«Subito dopo. Siamo obbligati a farlo. Nel giro di un paio di giorni, al massimo. La ventilazione non invasiva è solo una fase di passaggio. Siccome purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici, non tutti vengono intubati».

A quel punto cosa succede?
«Diventa necessario ventilarli meccanicamente. Quelli su cui si sceglie di proseguire vengono tutti intubati e pronati, ovvero messi a pancia in giù, perché questa manovra può favorire la ventilazione delle zone basse del polmone»

Esiste una regola scritta?
«Al momento, nonostante quel che leggo, no. Per consuetudine, anche se mi rendo conto che è una brutta parola, si valutano con molta attenzione i pazienti con gravi patologie cardiorespiratorie, e le persone con problemi gravi alle coronarie, perché tollerano male l’ipossia acuta e hanno poche possibilità di sopravvivere alla fase critica».

Nient’altro?
«Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del cento per cento. Ormai è andato».

Lo lasciate andare?
«Anche questa è una frase terribile, ma purtroppo è vera. Non siamo in condizioni di fare miracoli. E’ la realtà».