Leucemia linfatica cronica, il trattamento a durata definita è realtà

ROMA (ITALPRESS) – AbbVie, un’azienda biofarmaceutica globale guidata dalla ricerca, annuncia che la terapia chemo-free a durata fissa con venetoclax più rituximab mantiene la sua superiorità rispetto ai regimi standard nei pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante/refrattaria. Lo evidenziano i dati a 4 anni dello studio clinico MURANO2 che confermano l’efficacia del meccanismo d’azione in grado di attivare la morte programmata delle cellule tumorali (apoptosi). Il nuovo protocollo recentemente rimborsato dall’Aifa, che ha il potenziale di trasformare gli standard di cura per i pazienti con tumori del sangue, è stato presentato oggi nel corso della conferenza in live streaming “Leucemia linfatica cronica: verso una nuova terapia definita nel tempo” organizzata da AbbVie. Si tratta del primo regime terapeutico somministrato per un periodo fisso e senza chemioterapia approvato in Italia, con il potenziale per generare risparmi per il Sistema sanitario nazionale. “Un’analisi di costo-terapia realizzata di recente in Italia ha dimostrato che una terapia con durata definita di 24 mesi genera una spesa inferiore per il SSN di circa 31 milioni di euro rispetto ad una terapia cronica” sottolinea il Professore Antonio Cuneo, Direttore della sezione di Ematologia dell’AOU Arcispedale Sant’Anna di Ferrara. “Nello specifico, l’analisi ha calcolato la minor spesa di una terapia con durata definita rispetto ad una terapia cronica per il trattamento di 1.000 pazienti nell’arco di 37 mesi”. L’aggiornamento dei dati dello studio Murano a 48 mesi di follow-up ha permesso di confermare l’efficacia sostenuta della combinazione venetoclax più rituximab con durata fissa del trattamento: il 64% dei pazienti aveva raggiunto la negatività della MRD e l’87% di questi pazienti era rimasto libero dalla progressione della malattia due anni dopo il trattamento. La MRD, malattia minima residua non rilevabile, è la presenza di meno di una cellula di LLC in 10.000 globuli bianchi rimasti nel sangue o nel midollo osseo. Di fatto, in seguito al trattamento, la malattia risulta talmente residuale da non essere rilevabile con gli strumenti diagnostici oggi disponibili. “Venclyxto è un farmaco – il primo della sua classe – che inibisce selettivamente la funzione della proteina BCL-2, che svolge un ruolo cruciale nel processo di apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata” dichiara Annalisa Iezzi, Direttore Medico, AbbVie Italia. “Nell’analisi quadriennale dello studio MURANO, il trattamento con la combinazione venetoclax ha comportato una riduzione dell’81% del rischio di progressione o morte rispetto allo standard di cura. AbbVie si sta impegnando in particolare nel trattamento di alcune delle malattie tumorali più diffuse e difficili da trattare e a migliorare l’accesso dei pazienti a queste nuove soluzioni terapeutiche più sostenibili”.
(ITALPRESS).