I risultati della prima fase della ricerca sui contagi da covid 19 nell’ex zona rossa Troina

TROINA. Ci danno la misura del forte impatto che l’epidemia da coronavirus ha avuto su Troina, zona rossa dal 29 marzo al 1° maggio di quest’anno, i risultati della prima fase della ricerca finanziata dalla Fondazione per un mondo libero dal fumo (FSFW), una fondazione americana (Usa), e condotta dal Centro di ricerca per la riduzione del danno del fumo (CoEHAR) dell’Università di Catania in collaborazione con la Duke Università del Nord Caroline (Usa), l’Irccs dell’Oasi Maria SS e il comune di Troina. Obiettivo principale di questa prima fase della ricerca era quello di individuare quante persone sono entrate in contatto con il virus e quante di loro hanno sviluppato gli anticorpi, anche se non manifestato alcun sintomo. La ricerca è stata condotta con test sierologici gratuiti e somministrazione di questionari su un campione di 1.312 persone pari al 14,63 per cento dell’intera popolazione di 8.966 abitanti, che risultano iscritti negli elenchi dell’anagrafe comunale, e su un campione di 474 dipendenti dell’Oasi Maria SS pari al 70 per cento di tutti e 677 dipendenti. L’altro obiettivo della ricerca è quello di valutare l’impatto del fumo sulle infezioni da virus Sars-Cov-2 e sui sintomi della malattia da Covid-19. Dai risultati di questa prima fase della ricerca, sviluppata dalla fine del mese luglio alla fine del mese di settembre, è emerso che 26, cioè il 2 per cento, del campione di 1312 troinesi, sono venuti a contatto con il virus. Nel campione dei 474 dipendenti dell’Oasi, tutti operatori sanitari (medici, infermieri e personale ausiliario), i risultati della ricerca hanno rilevato che 71 di loro, pari al 15 per cento, per sono venuti a contatto con il virus. Il prof Riccardo Polosa, che ha fondato il CoEHAR, ha dichiarato che questi risultati sono in linea con i risultai delle ricerche condotte da altri centri europei e aiutano a capire come gestire al meglio le future campagne vaccinali contro il coronavirus. Nella successiva della ricerca, che verrà realizzata nei prossimi mesi, si cercherà di capire se l’immunità acquisita con il primo contatto del virus è definitiva o temporanea. Questa seconda fase della ricerca si svilupperà lungo due direttrici parallele: una rivolta a tutti quelli che sono risultati positivi e l’altra rivolta ad un gruppo ristretto di persone risultate negative, scelte a caso per farne il gruppo di controllo. Nella ricerca sono coinvolti anche altri enti come lo spin off accademico ECLAT dell’Università di Catania, il Gruppo Volontari della Protezione Civile, la Lega Italiana Antifumo, e il gruppo dei prelievi della rete Krealab dei laboratori di analisi della CIDEC Federazione Sanità.

Silvano Privitera