Sanità-covid. Enna accentra tutto all’Umberto I

Il Direttore Generale dell’Asp di Enna, Francesco Iudica, ha individuato, per questa prima fase della seconda ondata pandemica, l’Umberto I come Covid Center per il bacino Catania/Enna. L’Umberto I non sospenderà l’ordinario e non lo dislocherà altrove, come fu a marzo, con un rischio depotenziamento a favore del Chiello di Piazza Armerina, ma allocherà 60 posti Covid al sesto piano-isolati e confinati- e aggiungerà 10 posti letto in terapia intensiva e altri 10 in semintensiva. Qualora fosse necessario incrementare i posti Covid si vedrà e certo i P.O. maggiormente strutturati avranno diritto a mezzi, personale e soldi per migliorare il già esistente. Il Ferro/Branciforti/Capra, per dire, nulla ha e nulla avrà perché deve proseguire nel lento declino verso l’annichilimento. Accogliere la possibilità, prospettatasi nella scorsa primavera, di una conversione a Covid Center avrebbe potuto garantire un arricchimento della struttura o addirittura una specificità territoriale destinata a restare tale anche nel post pandemia, con una ricaduta economica sul territorio significativa, ma gli illuminati sindaci dell’entroterra siciliano hanno preferito chiedere con una prima lettera e poi ritrattare perché la natura dell’F/B/C poteva venire lesa da interventi mirati alla cura della Sars CoV2 o di altre, innumerevoli, patologie respiratorie preesistenti e prescindenti questo attuale morbo. Oggi comunque la sanità ha fatto un salto…nel vuoto. Il presidente del Comitato di Settore Regioni Sanità, Davide Caparini, ha annunciato che è stato sottoscritto con le rappresentanze sindacali di categoria l’accordo collettivo nazionale stralcio per il rafforzamento delle attività territoriali di diagnostica di primo livello e di prevenzione della trasmissione di Sars-Cov-2. I medici di famiglia e i pediatri potranno fare i tamponi alleggerendo la pressione sugli ospedali anche se il rischio di aumentare il contagio è innegabile. Pediatri e medici di famiglia non sono stati formati a questo compito e spesso operano in studi non adeguati a contenere l’infezione e inoltre i pochi “superstiti” devono farsi carico dei pazienti di colleghi malati o in quarantena. Abbiamo bisogno di medici non di martiri.

Gabriella Grasso