Conseguenze sociali e sanitarie della pandemia di covid 19

Non è facile orientarsi in quel torrenziale flusso di informazioni sulla pandemia di coronavirus dove si può trovare tutto e il contrario di tutto. Infodemia è la nuova parola che è stata inventata per designare questo bombardamento di informazioni al quale siamo sottoposti. Come tanti, anch’io provo a difendermi da questa infodemia cercando di distinguere quali di queste informazioni meritino attenzione, perché mi aiutano a capire quello che sta succedendo, da quelle di cui posso fare a meno, diffuse nei talkshow dove tra gli ospiti ce ne sono tanti che non hanno nulla da dire ma sono invitati lo stesso per dirlo perché fa spettacolo e audience. Ritengo giusto comunicare agli altri le informazioni utili a migliorare la conoscenza su questa pandemia e sulle sue conseguenze. Di informazioni utili a capire quello che sta accadendo e stimolare riflessioni ne ho raccolte ascoltando la conversazione di Raimondo Catanzaro sugli effetti della pandemia sulla società trasmessa da Budrio Più – Sito Web di cultura e società e leggendo, sul mensile Millenium del Fatto Quotidiano di novembre, l’inchiesta sulle conseguenze che l’infezione lascia sui contagiati che sono guariti. Le norme di distanziamento sociale per contenere la diffusione del coronavirus, con meno incontri in presenza, meno relazioni e meno condivisione, riducono l’orizzonte spazio-temporale della socialità. La rarefazione delle relazioni sociali ha degli effetti anche sull’identità individuale. L’identità si costruisce nei rapporti con gli altri, con la famiglia, con gli amici e con i colleghi di lavoro. L’immagine che noi abbiamo di noi stessi, che non è riferita soltanto al passato, è riferita anche al futuro. Identità significa ciò che sono e ciò che sarò. La pandemia aumenta l’insicurezza e crea una situazione di imprevedibilità, che condiziona la nostra vita di oggi. Richiamando Max Weber, Catanzaro spiega che l’imprevedibilità è una condizione che non favorisce lo sviluppo del progresso e dell’economia perché, se non si riesce a prevedere il futuro, nessuno fa investimenti, fa progetti. Ma se si è costretti a vivere nell’incertezza anche l’identità ne risente. Si possono determinare delle crisi identitarie a livello locale. Il docente di Storia antica nell’Università di Standford, Walter Scheidel, nel suo libro “La grande livellatrice. Violenza e diseguaglianza dalla preistoria ad oggi”, spiega come le pandemie, assieme al crollo degli stati, le guerre e le rivoluzioni, siano delle grandi livellatrici di diseguaglianze. Catanzaro ritiene che la pandemia del coronavirus non assolva questo ruolo di livellatrice. La pandemia colpisce di più gli anziani, ma le vittime sociali rischiano di essere i giovani. Tra le osservazioni e gli spunti di riflessione, tutti di grande interesse, che ho colto nella conversazione di Catanzaro, ce n’è una che merita un’attenzione particolare. Non sappiamo quanti dei guariti portano con sé delle disfunzioni o patologie irreversibili causate dalle infezioni da coronavirus. Dall’inchiesta che ho letto su Millenium ho appreso che della questione sollevata da Catanzaro se ne stanno occupando diversi centri di ricerca, che stanno conducendo studi scientifici sulle conseguenze lasciate dall’infezione da coronavirus: stanchezza cronica, problemi di memoria, sintomi gastrointestinali, mialgie, alterazioni dell’olfatto e del gusto, rash cutanei, difficoltà a concentrarsi e affanno. Il Post-Hospitalisation Covid-19 Study, nel Regno Unito, analizzerà 10 mila pazienti per un anno. Il Policlinico Universitario Agostino Gemelli ha istituito un Day Hospital per garantire un follow-up gratuito, cioè una serie di esami e controlli specialistici, riservato ai pazienti guariti, con doppio tampone negativo da almeno 15 giorni. Il professor Landi spiega che il Covid-19 è una malattia infettiva sistemica che colpisce primariamente i polmoni, ma ha un potenziale impatto su numerosi altri organi e può danneggiarli. La prestigiosa rivista scientifica Jama (Journal of american medical association) ha pubblicato a luglio i risultati dei primi studi su questa materia. Tra i pazienti che hanno partecipato al follow up, il 12% non ha più niente e gode di buona salute, ma il 32% ha uno o due sintomi legati al Covid-19 e il 55% convive ancora, a distanza di settimane dalla negativizzazione, con tre sintomi diversi. Degli ex pazienti guariti da questa infezione in Italia che soffrono di questa sindrome post covid-19, hanno creato il gruppo Facebook “Noi che il covid l’abbiamo sconfitto”. Su questa pagina, ex pazienti covid 19 raccontano di stare male e discutono di come affrontare i loro problemi. E’ una pandemia, quella del covid 19, da prendere sul serio per gli effetti e le conseguenze sulla salute pubblica e la coesione sociale, che non sono da prendere sottogamba.

Silvano Privitera