Province a rischio riesumazione, ma non in Sicilia

Province a rischio riesumazione, ma non in Sicilia
di Massimo Greco


Finalmente in Sicilia si è dato corso alle procedure per l’elezione degli organi di governo dei liberi consorzi comunali che, com’è noto, hanno sostituito le soppresse province regionali arditamente introdotte in Sicilia negli anni ‘80 in assenza di specifica previsione all’art. 15 dello Statuto siciliano. Il legislatore siciliano, sull’onda di una miope campagna contro i cosiddetti “costi della politica”, con non poche difficoltà ha inteso uniformarsi alla riforma statale “Delrio” dando corso all’inattuato art. 15 del proprio Statuto che, ancora oggi, non prevede un ente territoriale di governo diverso da quello comunale. Con ciò differenziandosi non poco dall’art. 114 della Costituzione che, dopo il fallito tentativo di riforma ad opera del referendum “Renzi”, conserva la Provincia quale ente territoriale di governo al pari del Comune e della Città metropolitana. Ora, se la Corte costituzionale ha recentemente sollecitato il legislatore statale a rivedere espressamente il sistema di elezione delle Città metropolitane e implicitamente tutta l’impostazione della legge di riforma “Delrio” – alla luce della mancata espunzione della Provincia dal citato art. 114 della Costituzione – in Sicilia, alla dubbia copertura costituzionale supplisce l’art. 15 dello Statuto che, non guasta ricordarlo, è dotato di rango costituzionale. Mentre non sarebbe azzardato sostenere che i sei liberi consorzi comunali istituiti in Sicilia, in quanto enti non territoriali di governo, violano l’art. 114 della Costituzione, certamente più impegnativo sarebbe sostenere, di riflesso, anche l’incostituzionalità del – costituzionale – Statuto siciliano. Non è quindi da escludere che in Sicilia siano i Comuni a governare “le aree vaste” a condizione però, che il legislatore depuri l’ente consortile dalle non poche incongruenze ancora oggi previste nella normativa.

A parte il disastroso concepimento per la sostanziale assenza di “libertà” territoriale riconosciuta ai Comuni, ancora oggi il nuovo ente viene concepito come ente a se stante e non come ente strumentale dei Comuni, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di trasferimenti finanziari. Chissà se i nuovi organi di governo, che saranno a breve eletti, avranno la capacità di farlo notare al mediocre legislatore regionale.