“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, Italia, Belgio, Francia, 2022

Nei film, come del resto anche nei romanzi da cui spesso sono tratti, i temi trattati sono diversi. Il film o il romanzo dal quale è tratto il film è tratto, presentano diverse chiavi di lettura. Nel film “Le otto montagne”, tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega nel 2017, ci sono i temi dell’infanzia e dell’educazione, del rapporto padre e figlio, delle difficoltà di comunicazione, dell’amicizia e della solitudine e del rapporto città e montagna. In questi giorni si parla spesso di questo tema del rapporto città – campagna nei termini di area interna in declino demografico e in difficoltà sociale ed economica per mancanza di servizi e di occasione di lavoro, ma dove la natura è bellissima, i ritmi di vita sono lenti e ci sono serenità e tradizioni, in opposizione alle città densamente popolate dove si vive freneticamente in una contesto ostile e lontano dalla natura che si finisce di ignorarne l’esistenza. Questa chiave di lettura c’è nel romanzo ed è accennata anche nel film. E la suggerisce esplicitamente Cognetti, che come Pietro, uno dei due protagonisti del romanzo e del film, è nato e cresciuto in una grande città metropolitana come Milano. Ecco cosa ha detto Cognetti in un’intervista rilasciata nel 2017, subito dopo aver vinto il Premio Strega: “Per molti di noi il rapporto con la realtà è stato sempre mediato dai mezzi di comunicazione di massa. Non abbiamo mai visto i boschi, abbiamo visto i film dove c’erano i boschi. Non abbiamo visto le montagne, abbiamo visto Heidi e i cartoni animati dove era rappresentata la montagna. Per me la scoperta della realtà delle cose è avvenuta dopo: il tronco di un albero, l’acqua di un torrente, toccare una pietra che si riscalda al sole”. Cognetti è nato nel 1978 a Milano dove è cresciuto, ha studiato e ha vissuto a lungo. Da alcuni anni abita a Brusson, un paesino della Val d’Aosta, dove ha costruito e gestisce un rifugio culturale. Un film è un prodotto artistico diverso dal romanzo da cui è tratto. Non in questo caso però in cui la differenza sta nel fatto che nel cinema si fa uso del linguaggio visivo. Per il resto la storia della relazione di amicizia tra Pietro, il ragazzo solitario di città, e Bruno, il ragazzo di paese, che si occupa del pascolo delle vacche, è la stessa. La loro amicizia nasce durante uno dei tanti soggiorni estivi della famiglia di Pietro nel paesino di montagna ai piedi del Monte Rosa. Giovanni, il papà di Pietro, che di mestiere fa il chimico, è un uomo ombroso che torna ogni sera a casa pieno di rabbia. Francesca, la madre, lavora in un consultorio di periferia. I due piccoli amici si ritrovano ogni estate in montagna, quando la famiglia di Pietro lascia la città per andare a vivere per qualche tempo in montagna. La loro adolescenza è diversa. Via via che passano gli anni, Bruno continua a pascolare vacche e fa anche il muratore. Conosce Lara, l’ex ragazza di Pietro, con la quale mette su famiglia e va vivere nell’alpeggio che aveva iniziato a gestire. Pietro studia prima a Milano e dopo a Torino. E’ sempre in conflitto con suo padre con il quale alla fine rompe per andare a lavorare come documentarista. Alla morte del padre, Pietro eredita un appezzamento di terra e il rudere di una baita, con l’obbligo di rimetterla in sesto, nel paese dove è iniziata la sua amicizia con Bruno. I due possono adesso coltivare la loro amicizia stando nello stesso paese vivendo bei momenti fino a quando non accade ad uno dei due qualcosa di brutto.
Silvano Privitera