Sicilia. L’aquila a due teste dell’elezione diretta nei liberi consorzi comunali

Sicilia. L’aquila a due teste dell’elezione diretta nei liberi consorzi comunali
di Massimo Greco


L’aquila a due teste la troviamo nello stemma della città di Enna ma anche nelle pieghe di ciò che la politica urlata ci ha consegnato nel pasticciato tentativo di riformare l’ente intermedio. Ne abbiamo parlato il 3 febbraio, grazie ad un interessante seminario di studi promosso dall’Ordine degli Architetti di Enna. Assieme al Prof. Fausto Nigrelli e all’On. Fabio Venezia, abbiamo cercato di fare luce su una questione rimasta congelata per dieci lunghi anni, in cui all’immobilismo delle creature istituzionali generate dal legislatore regionale è seguito un lunghissimo periodo di commissariamento, ancora oggi in corso. Passato il vento dell’antipolitica e dell’arbitraria riduzione dei costi della politica, ci si è resi conto che è stato dannoso per i territori e per le correlate comunità di riferimento, indebolire l’ente intermedio di area vasta che fungeva, tra l’altro, da cabina di regia per le comunità che vi gravitano. Adesso quasi tutte le forze politiche si sono aggiunte al coro di “Torna a casa Lessie”. Piovono i disegni di legge finalizzati a reintrodurre l’elezione diretta degli organi di governo di ciò che rimane delle Province, nel frattempo svuotate di funzioni e risorse umane. Ma in Sicilia, in cui l’ARS sta inutilmente aspettando che lo Stato ritorni sui propri passi modificando la legge Delrio, i nodi dell’elezione diretta verranno al pettine, visto che l’ente intermedio regionale non è un ente territoriale di governo come la Provincia, peraltro dotato di protezione costituzionale, ma un ente consortile non territoriale, cioè uno strumento dei Comuni per la gestione associata di servizi riconducibili alla visione vasta del territorio. Fu l’Alta Corte per la Regione Siciliana nel 1955, ad affermare che tali Consorzi non possono non avere origine dalla volontà dei rappresentanti comunali, ai quali spetterebbe precisare le finalità, i mezzi, gli organi pur nel quadro di una legge regionale. Rispetto a questo scenario istituzionale, in cui l’equazione “elettività-democraticità” ed “elettività-autonomia” – quale corollario del più ampio concetto di “sovranità popolare” – non appare necessariamente correlata al sistema rappresentativo che si esprime anche nella partecipazione popolare nei diversi enti regionali e locali, il TAR di Palermo nel 2012 ha affermato che l’art. 15 dello Statuto attribuisce una diversa configurazione all’assetto istituzionale sovracomunale rispetto a quello attualmente esistente e scaturito dalla l.r. n. 9/86 che ha attuato la norma costituzionale solo apparentemente secundum legem nel momento in cui ha determinato l’organizzazione delle province nella Regione Siciliana, come nel resto dell’Italia, quali enti locali territoriali dotati di autonomia anche politica e non solo amministrativa e finanziaria.




Ma è stata la Corte costituzionale nel 2018 ad avere messo la pietra tombale sull’ipotesi che si possa consentire l’elezione a suffragio universale del Presidente e del Consiglio del libero Consorzio comunale, allorquando, nel dichiarare incostituzionale tale modalità per violazione dei principi di grande riforma contenuti nella legge statale Delrio, ha affermato incidentalmente, l’ulteriore profilo di contrasto – diretto – delle nuove disposizioni regionali con l’art. 15 dello statuto di autonomia della Regione Siciliana, che ha riconfigurato le “soppresse” circoscrizioni provinciali su base, appunto, di “consorzi” tra comuni.
Resta comunque inteso che rientra nella facoltà del legislatore regionale richiedere la modifica – costituzionale – dell’art. 15 dello Statuto siciliano nel caso in cui si ritenesse più adeguata la formula istituzionale della “Provincia” come contemplata nella Carta costituzionale.