Fermo produttivo della miniera di Pasquasia: quale la verità?

Enna. Quante verità e quante bufale attorno al mistero della ex miniera di Pasquasia!
Il silenzio all’italiana attorno al sito minerario, durato per oltre un decennio, viene infranto, nel 2008, in occasione del possibile trasferimento dei fanghi tossici di Priolo a Pasquasia, su proposta del deputato regionale, On. Gennuso. E’ stata proprio questa circostanza, non si sa quanto accidentale, a far riaccendere i riflettori su Pasquasia, comportando, di fatto, l’istituzione della Commissione Speciale della Provincia, della quale mi onoro di averne fatto parte nella qualità, allora, di consigliere provinciale.
Ad oggi la questione sul sito minerario sembra puntare su due aspetti: la bonifica del soprasuolo e la possibilità di ripresa della coltivazione.
Certamente nessuno obietta sull’urgenza di un’opera di bonifica e di messa in sicurezza del sito, soprattutto dall’enorme presenza di amianto (circa 550 metri cubi tra lastre e sfridi) ma anche di ogni altra sorgente inquinante. Ed è chiaro che tale bonifica avrà un costo non indifferente (proprio un bell’affare!): basti soltanto pensare al costo totale delle operazioni di messa in sicurezza eseguite presso l’area industriale dell’ex stabilimento “Eternit” di Siracusa – Contrada Targia, pari a circa 25 milioni di euro!
Altra cosa, invece, è parlare di ripresa della coltivazione. Infatti, ritengo che prima di parlare di una possibile riapertura, l’intera collettività ennese e nissena desidera sapere semplicemente una cosa: “E’ vero o no che la miniera di Pasquasia sia stata utilizzata come sito di stoccaggio di scorie e rifiuti nucleari?”
Questo è il punto cardine dell’intera faccenda che tutti sembrano “dribblare”!
In questi ultime decenni, dove sono state stoccate le scorie delle varie centrali nucleari esistenti?
E’ perfettamente inutile che taluni personaggi e professionisti, stimatissimi nel loro ruolo, continuino, tutt’oggi, a tranquillizzare la gente affermando che a Pasquasia non esistono scorie nucleari!
E questo per due aspetti.
Il primo riguarda la problematica connessa alla presunta presenza di materiale radioattivo. Nessun Ente preposto, in realtà, ha potuto mai controllare nella sua interezza, il sito minerario, soprattutto le aree occupate dagli impianti e le stesse gallerie.
Infatti, la relazione del sopralluogo effettuato in data 19.09.2006, dal personale dell’Arpa Sicilia e dal personale del Ministero Ambiente e della Tutela del Territorio (MATT), ha evidenziato come le misure eseguite si sono limitate soltanto ad alcuni punti del sito minerario, che è piuttosto esteso, e sono apparse sufficienti a far ritenere che le zone di libero accesso del sito stesso presentavano livelli di rateo paragonabili ai livelli di fondo medio naturale, mentre non è stato possibile formulare analogo giudizio per le aree occupate dagli impianti e per le gallerie, a causa dell’inaccessibilità di tali ambiti.
Invece, relativamente ai valori di rateo superiori al fondo medio naturale, misurati quasi a contatto con i diversi cumuli di materiale potassico presenti nel sito, considerato che, a causa del limitato tempo a disposizione nel corso del sopralluogo in oggetto, è stato possibile eseguire solo poche misure puntuali, è stata ravvisata l’opportunità di eseguire, successivamente, una più completa campagna di misure in più punti di tali masse.
Il secondo aspetto attiene al concetto di segreto di Stato. Infatti come ultimo atto, il Governo uscente di Romano Prodi, ha esteso il segreto di Stato proprio sull’individuazione del sito unico di stoccaggio delle scorie nucleari (G.U. 16 aprile 2008 n. 90).
Persino la motivazione della scelta dei siti è coperta dal segreto di Stato.
Tuttavia, a dispetto di qualsiasi segreto, alcune fonti giornalistiche, di quest’ultimo decennio, denunciano seri motivi di preoccupazione.
Proprio secondo queste fonti, non sono lontani i tempi in cui la Commissione europea, nel 1977, individuava, tra i 134 siti italiani idonei ad ospitare un deposito geologico per i rifiuti radioattivi, ben 11 località siciliane. La lista comprendeva diversi siti nell’Ennese, tra cui Regalbuto, Agira, Assoro e Villapriolo, oltre le miniere di Salinella e Pasquasia, tra Enna e Caltanissetta. Per di più, è opportuno evidenziare come la composizione orografica del sottosuolo della nostra provincia registra la presenza di numerose ed estese gallerie sotterranee, capaci di collegare fra di loro enormi aree di territorio.
Ancora, secondo notizie stampa, già nel 1996, l’allora onorevole Giuseppe Scozzari, aveva provato a rompere il silenzio che circondò per anni la miniera di Pasquasia, della quale aveva sentito parlare un anno prima, quando a Washington, nell’ambito di una conferenza sul combustibile nucleare esausto, era stato diffuso un documento che annoverava la miniera siciliana tra quella “mezza dozzina di siti perfettamente funzionanti” dove, “in Europa Occidentale”, “si depositano scorie di basso e medio livello”.
E, ancora, come mai l’Enea (all’epoca Ente nazionale per l’energia atomica) aveva avviato, nel sito minerario di Pasquasia, uno studio geologico, geochimico e microbiologico sulla formazione argillosa e sulla resistenza alle scorie nucleari (rapporto finale Bruxelles – Lussemburgo, 1988)?
Inoltre, nel 1997, fu precisamente la Procura di Caltanissetta a disporre un’ispezione su una galleria profonda 50 metri costruita all’interno della miniera proprio dall’Enea, nella quale aveva rilevato la presenza di alcune centraline di rilevamento rilasciate dall’Ente, senza riuscire peraltro a chiarire che cosa esattamente dovessero misurare. Forse la radioattività?
Se tutto questo è pura fantasia, mi chiedo:”Come mai la lista, stilata lo scorso anno dalla Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari), che comprende una cinquantina di siti idonei ad accogliere scorie radioattive in Italia, ha fatto salva la Sicilia? Forse perché ne siamo già pieni “a tappo”?
E come giustificare il drastico e definitivo fermo produttivo della miniera di Pasquasia, avvenuto nel 1992?
Infatti, già nel settembre 1996 l’Italkali aveva dichiarato, attraverso una sua missiva indirizzata all’Assessore regionale all’Industria del tempo, come l’evenienza di un “esaurimento” a breve periodo delle risorse kainitiche era fuori dalla realtà in quanto, già nel 1989, stimava la prosecuzione dell’esercizio minerario per almeno un trentennio, con una media annua di livello produttivo pari a due milioni di tonnellate.
E, per finire, come giustificare l’abnorme incremento di patologie oncologiche che, in maniera esponenziale, si registra, negli ultimi quindici anni, in una provincia priva di insediamenti industriali, quale quella di Enna?
Affermazione, questa, supportata dall’esperienza personale derivante non solo dai miei numerosi anni di esercizio professionale come farmacista ma, soprattutto, dal mio impegno di volontariato dedito, da anni, all’assistenza dei malati di cancro, nella qualità di Presidente dell’Associazione Ago-onlus di Nicosia.
Sono state proprio queste motivazioni a permettermi di raggiungere, nell’allora veste di consigliere provinciale, l’importante risultato politico dell’istituzione del Registro Tumori nelle province di Enna, Caltanissetta e Agrigento.
Certamente, aldilà di qualsiasi segreto di Stato, ritengo che bisogna fare tutto il possibile per cercare di rompere il silenzio attorno al mistero che aleggia non solo su Pasquasia ma sull’intero territorio della nostra provincia!

Dirigente Provinciale di Forza del Sud
Dott. Sergio Malfitano
                    

(nella foto: sopralluogo dell’on.Caputo e della Commissione provinciale a Pasquasia)