Enna. Rifiuti: La “vera” storia di Sicilia Ambiente

Enna Ambiente S.p.A. è stata costituita nel 1989 su iniziativa della Provincia regionale di Enna e con la partecipazione iniziale di 5 Comuni. E’ stata la prima società a capitale misto nel meridione d’Italia e la sua costituzione è stata possibile richiamando l’art.18 della L.R. n.9/86. Il capitale sociale era inizialmente di £300.000.000 divisi al 55% di parte pubblica e il 45% di parte privata. L’attività prevalente era la gestione dei servizi ambientali ed i primi soci privati furono EMAS (Ercole Marelli Servizi) per il 40% ed Altecoen per il 5%. Le quote di parte pubblica (55%) erano detenute dalla Provincia che le cedeva man mano ai Comuni che entravano a far parte della spa nella misura dell’1%. Nel corso dei primi 10 anni tutti gli Enti Locali della provincia divennero soci di Enna Ambiente ad eccezione del comune di Catenanuova. La gestione amministrativa era affidata ad un Consiglio di Amministrazione di 15 membri ed era guidato da un Presidente, espressione di parte pubblica, ed un Amministratore Delegato espressione di parte privata, con pari poteri. I Comuni soci che ritenevano di servirsi della professionalità di Enna Ambiente avevano la possibilità, a norma della l.142/90, di fare un affidamento diretto alla loro società previa predisposizione, ovviamente, di un progetto che prevedesse costi, tempi e impiego di manodopera. Impegno della società era di realizzare il progetto operando sempre in stretto rapporto con l’ufficio tecnico locale e assumendo manodopera del luogo.
Il rapporto con i Comuni soci è stato sempre ottimo e quasi tutti, nel tempo, si sono serviti dell’esperienza di Enna Ambiente a prescindere dal colore politico delle amministrazioni locali. Dalla Provincia al Consorzio di bonifica,da Barrafranca a Troina, da Regalbuto a Pietraperzia, da Agira a Villarosa, con tutti Enna Ambiente ha avuto rapporti di lavoro, crescendo nella professionalità, nel numero degli addetti e nel fatturato. Tanto da uscire dall’ambito provinciale ed associare Comuni del catanese (Gravina, San Cono, S.M. di Ganzaria, Calatabiano)del palermitano(Castellana Sicula) e del ragusano(Monterosso) da cui anche l’opportunità di cambiare la denominazione sociale in SICILIA AMBIENTE.
Nel frattempo era anche cambiato l’assetto societario: il capitale sociale era passato prima a 500 milioni e poi a 1miliardo, frutto di tutti gli utili di bilancio che venivano capitalizzati; e il socio privato era cambiato perché Altecoen aveva acquisito le quote di EMAS arrivando al 45% ed operando in azienda prima direttamente e poi attraverso un consorzio (CoSI.AM).
Questo processo, che in modo sintetico ho tracciato, non sempre è stato scorrevole, anzi spesso difficoltoso ed angusto per almeno 2 ordini di fattori:
– quello giuridico che imponeva alla società un continuo adeguarsi alla normativa nazionale e comunitaria in perenne evoluzione per poter essere sempre in regola sulla questione dell’affidamento diretto;
– quello politico che teneva sotto speciale osservazione Enna Ambiente da parte di alcuni imprenditori che la consideravano concorrente sleale nel sistema dell’affidamento diretto e da parte si alcuni ambienti politici che vedevano la società come strumento elettorale del centro-sinistra per il meccanismo delle assunzioni.
E’ opportuno ricordare che la Provincia deteneva la maggioranza delle azioni di parte pubblica e designava, per statuto, sia il presidente del C.D.A che quello del Collegio Sindacale. Al consiglio provinciale il presidente di S.A. andava a riferire periodicamente ed ogni qualvolta ne fosse richiesto, sull’andamento societario. Malgrado ciò, un consigliere provinciale regolarmente, ogni 5 anni, a conclusione delle elezioni provinciali vinte dal centrosinistra,denunciava formalmente le centinaia di assunzioni operate da Sicilia Ambiente che, a suo dire, avrebbero determinato la vittoria elettorale del centrosinistra. Ovviamente le indagini che ne seguivano portavano ad un nulla di fatto perché le assunzioni venivano fatte in base ai contratti che nel frattempo erano stati sottoscritti. Stranamente nel 2008 la denuncia non è stata presentata malgrado questa volta,effettivamente, Sicilia Ambiente avesse fatto alcune centinaia di assunzioni.
Forse perché aveva vinto il centrodestra?
Un momento significativo nel percorso imprenditoriale di S.A. è stato quello che ha portato, nell’agosto 2005,all’acquisizione del ramo d’azienda di Altecoen con i contratti relativi ai Comuni di Enna (3,5 milioni) e Gravina (2,5 milioni) oltre al Comune di Troina e di Gaggi.
A questo va aggiunta la partecipazione all’ATI che si aggiudicherà la gara per la gestione del servizio idrico integrato della provincia e che vedrà la presenza di S.A. in AcquaEnna col 5% delle quote azionarie e la gestione ordinaria dei depuratori di tutto il territorio provinciale.

Questa in estrema sintesi la vicenda di S.A. come società a capitale misto che è stata caratterizzata da efficienza, competenza ed equilibrata amministrazione, nel senso che sapeva armonizzare le esigenze della gestione imprenditoriale con quelle politiche scaturenti dai rapporti con i comuni-soci.
Pertanto, per concludere questa prima parte, è doveroso fare il punto della situazione di S.A. al 31 dicembre 2006, alla vigilia cioè dell’incontro con l’ATO Rifiuti ENNAEUNO:
– valore della produzione € 9.987.000
– utile prima delle tasse € 800.000
– personale dipendente n° 230

Se i bilanci di una spa hanno un senso si evince chiaramente che una società che chiude l’esercizio finanziario con un fatturato di 10 milioni di euro ed un utile di 800 mila euro, non è stata certo “un carrozzone politico improduttivo” come è stata definita Sicilia Ambiente nel Consiglio provinciale per giustificare la cessione del pacchetto azionario.

Il 1° gennaio 2007 inizia in provincia ufficialmente la gestione integrata dei rifiuti da parte di Sicilia Ambiente. La domanda che spesso mi si rivolge è perché mai una società economicamente solida e ben organizzata sul piano tecnico e amministrativo si sia impelagata in una situazione come quella dell’Ato rifiuti che era complessa e di difficile soluzione.
Questo è avvenuto per diversi motivi:
 Sicilia Ambiente era nata come società al servizio dei Comuni e non poteva sottrarsi a tale impegno perché sarebbe venuta meno alla sua natura costituente;
 Avevamo la presunzione di poter risolvere il problema rifiuti in provincia stante i 15 anni di professionalità di Sicilia Ambiente;
 Non prefiguravamo ovviamente tutte le vicende giudiziarie (TAR,CGA) che poi sarebbero state determinanti per il fallimento;
 Con la costituzione dell’ATO Rifiuti e quello dell’ATO idrico, Sicilia Ambiente veniva a perdere il suo mercato e non avrebbe potuto più avere commesse da parte dei Comuni. Avrebbe potuto sopravvivere gestendo la quota di pertinenza in Acqua Enna (5%) con la gestione dei depuratori che comunque non sarebbe stata sufficiente a mantenere una struttura costruita per fatturati ben più consistenti;
 Sicilia Ambiente vantava crediti nei confronti dell’ATO per circa 7 milioni di euro che difficilmente avrebbe potuto recuperare.
Con la convenzione firmata il 19 gennaio 2007, cui sono allegati il progetto tecnico-economico ed il disciplinare tecnico, “la società d’ambito EnnaEuno affida a Sicilia Ambiente (affidamento in house) ai sensi degli artt.112 e segg. del D.L.267/2000 in concessione la gestione del Servizio Integrato dei Rifiuti dell’ambito di Enna per la durata di 15 anni” alle condizioni così sintetizzate:
1. Sicilia Ambiente dovrà svolgere il servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti in tutto il territorio provinciale previa consegna di tutti i cantieri dei vari Comuni e l’affidamento in comodato di tutti i mezzi e le attrezzature dell’ATO;
2. Sicilia Ambiente dovrà assumere tutto il personale dei vari cantieri iscritto nel libro-soci in servizio da almeno 6 mesi alla data del 31 dicembre 2005;
3. Sicilia Ambiente farà la riscossione della T.I.A. (tariffa d’igiene ambientale) che sarà fissata dall’assemblea dell’ATO e utilizzerà il personale addetto;
4. Il costo del servizio è fissato in 20 milioni di euro con aggiunta di € 2,5 milioni quale canone di concessione da versare all’ATO e tassa di competenza della Provincia. Si tenga conto che esisteva un’ipotesi progettuale dell’ATO che prevedeva un costo di 33 milioni.
5. Eventuali utili di bilancio sarebbero stati riversati nell’esercizio successivo a favore della tariffa.
Ovviamente l’affidamento in house è stato possibile perché erano state create le condizioni giuridiche previste dalla normativa italiana ed europea che in questo campo è molto complessa e ricca di giurisprudenza. Una delle condizioni essenziali era che l’ATO avesse il controllo di Sicilia Ambiente e che quindi detenesse la maggioranza azionaria. Questo obiettivo era stato raggiunto con l’acquisto da parte dell’ATO delle quote dei soci privati (45%) e del 6% della Provincia.
Gli scenari operativi che si aprivano ora per Sicilia Ambiente avevano due direttrici:
 Da una parte c’era l’aspetto organizzativo del lavoro che,senza interrompere il servizio quotidiano di raccolta, consentisse la consegna dei vari cantieri alla società da parte dell’ATO e dai gestori privati (Agira, Barrafranca, Catenanuoca, Centuripe, Piazza Armerina, Regalbuto) attraverso il passaggio del personale, dei mezzi e delle attrezzature, la individuazione e sistemazione delle isole ecologiche e dei punti di raccolta in ogni Comune e soprattutto il disbrigo di tutte le formalità relative ad autorizzazioni, formulari,etc. Tali vicende non furono di facile gestione anche per l’ostilità di qualche gestore privato che non intendeva lasciare il servizio e fare le consegne a Sicilia Ambiente.
 L’altro aspetto impegnativo fu quello economico-finanziario, nel senso che bisognava immediatamente trovare i soldi per pagare stipendi arretrati di diversi mesi e le forniture essenziali (carburante, assicurazioni, dispositivi di sicurezza, etc.). E’ il caso di ricordare che la gestione ordinaria del servizio aveva un costo per Sicilia Ambiente di 1,800 milioni al mese e che per pagare solo gli stipendi occorrevano 1,200 milioni di euro.
Nelle more che si arrivasse alla riscossione della T.I.A., si è stipulato un contratto con SERIT Sicilia alle seguenti condizioni: Sicilia Ambiente cedeva a SERIT la riscossione della tariffa in cambio dell’anticipazione del 70% dell’ammontare complessivo della tariffa stessa da erogarsi in due tranche. Tale convenzione ha consentito a Sicilia Ambiente di avere la liquidità immediata di 7,5 milioni di euro e di affrontare senza problemi la prima fase del lavoro organizzativo.
Restava solo da aspettare che l’Assemblea dell’ATO fissasse la tariffa e sperare che gli utenti rispondessero positivamente perché il cerchio si completasse. L’impegno era quello di rendere accettabile il sacrificio dei cittadini mostrando che il servizio era efficiente: organizzare la raccolta differenziata, aprire la terza vasca a Cozzo Vuturo, completare l’impianto di compostaggio di Dittaino, etc.
Tutto questo ipotetico percorso virtuoso è stato interrotto dall’Ordinanza di Sospensiva emanata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa a seguito di un ricorso presentato da Assoutenti.

I COSTI DEL SERVIZIO
Sospendiamo per il momento la esposizione cronologica dei fatti successivi all’11 settembre 2007 (decreto di sospensiva del CGA) che ci porterebbe alla trattazione delle vicende giudiziarie e dei loro effetti sull’andamento del servizio, per fare invece una riflessione sul motivo vero del contendere che non à certo la illegittimità della tariffa e dell’affidamento denunciato da Assoutenti ( nel cui merito entreremo) ma bensì il costo del servizio e gli effetti sulla tariffa che i cittadini avrebbero dovuto pagare.
Lo slogan che la campagna mediatica ha diffuso con tutti i mezzi alla vigilia della campagna elettorale per la Provincia è stato: “i cittadini devono pagare il giusto” intendendo ovviamente che le tariffe dell’ATO non erano giuste.
Il problema è intendersi sul concetto di ‘giusto’.
Se ad un artigiano che mi dimostra che il costo effettivo di un manufatto è di 1000 euro ed io gliene do 500 gli ho dato ‘il giusto’?
Questo è quello che è successo a Sicilia Ambiente. Il costo stabilito in convenzione per il servizio di igiene ambientale era di 20 milioni al netto di spese generali e utili d’impresa che non erano previsti nel contratto. Tale costo era la risultante di equilibrismi economico-finanziarii del progetto che cercavano di contenere la spesa finale e non andare oltre i 20 milioni. Basti pensare che solo gli stipendi ammontavano a 15 milioni ed il costo della discarica ad oltre 4 milioni.
Allorquando l’Assemblea dell’ATO (i sindaci) doveva deliberare la tariffa e giudicò il prezzo pattuito un po’ alto, si vollero verificare i costi effettivi, dati alla mano. Fu nominata una Commissione di 5 Sindaci che esaminarono la contabilità di Sicilia Ambiente bloccata al 30 settembre 2007 e alla fine conclusero che :” allo stato delle cose e per l’anno in corso, la commissione non ritiene possibile per la Società Sicilia Ambiente s.p.a. poter espletare il servizio a costi diversi da quelli preventivati e per i servizi contrattualmente previsti”. La Commissione raccomandava altresì di “ intraprendere strategie di razionalizzazione “ e di dotare la Società di un piano industriale pluriennale.
Ma il costo del servizio era realmente aumentato?
Vediamo di fare un po’ di conti.
La somma dei costi del servizio di igiene urbana dei 20 Comuni della provincia rilevati nell’ultimo anno di gestione comunale (2003) ammontava complessivamente a 19,600 milioni di euro. Non mi pare che l’aumento di 400 mila euro a 4 anni di distanza sia poi eccessivo, soprattutto se si tiene conto che:
 Vanno considerati i salari di quegli operatori che prima erano pagati con il contratto degli EE.LL. ed ora invece usufruiscono del contratto Federambiente che è certo più oneroso;
 Che sono aumentati i costi dei trasporti dal momento che è in attività unicamente la discarica di Enna e parzialmente quella di Centuripe;
 Sono soprattutto aumentati i costi di gestione delle discariche che prevedono una serie di adempimenti e tasse che prima le piccole discariche dei Comuni non avevano;
 Nella T.I.A. (tariffa d’igiene ambientale) è calcolato il 10% di i.v.a. che la TARSU ( tassa rifiuti solidi urbani) non prevedeva.
Tutto questo comunque non giustifica il fatto che le bollette dei cittadini sono quasi ovunque raddoppiate e in qualche caso triplicate. La motivazione non ha niente a che vedere con l’aumento dei costi del servizio ma ha ben altre ragioni. Diverse leggi finanziarie, nel tempo, facevano obbligo ai Comuni di aumentare le tariffe dei servizi essenziali ( acqua, trasporti, N.U., etc.) fino a pareggiarne i costi. Pochi Comuni lo hanno fatto sicché una parte dei costi di N.U., con le gestioni comunali, veniva coperto dal bilancio pubblico. Orbene del costo complessivo di 19,600 milioni di cui dicevamo, solo 10 milioni andavano in bolletta per essere pagati dagli utenti mentre il rimanente costo i singoli Comuni lo coprivano con fondi propri. Con il subentro dell’ATO, che non ha altri introiti se non quelli provenienti dalla tariffa, tutto il costo del servizio va caricato sulle bollette che quindi si raddoppiano.
Una storia a parte è quella del Comune di Enna che ha sempre gestito il servizio in economia con un costo complessivo negli ultimi anni di circa 2 miliardi di lire (pari a circa 1 milione di euro). Nel 2002 il Comune decide di affidare il servizio ad un operatore privato ed indice una gara pubblica che viene aggiudicata all’Altecoen al costo di 3,5 milioni di euro annui. Il servizio è eccellente, vengono impiegati 80 operatori, mezzi nuovissimi, spazzatrici meccaniche, raccolta anche pomeridiana e festiva nel centro storico e la cittadinanza è soddisfatta. Forse per non turbare questo feeling, l’Amministrazione non mette in bolletta tutto il costo del servizio rimandandolo a quando subentrerà l’ATO. Nel 2004 l’ATO si trova a dover pagare all’impresa privata l’intero costo che può recuperare solo con la bolletta ai cittadini senza che, fra l’altro, il Comune possa intervenire perché nel frattempo è andato in dissesto finanziario. Ed ecco perché la bolletta è più che triplicata.
I Comuni dunque avrebbero potuto alleviare la spesa dei cittadini se solo avessero continuato a mettere un proprio contributo, ma lo fecero in pochi e solo in parte.
Ecco quindi probabilmente che cosa intendevano coloro che invocavano di pagare ‘Il GIUSTO’.
Certamente si riferivano a quei 10 milioni che gli utenti pagavano con la gestione comunale. Ma questo non è il giusto pattuito con una impresa a norma di contratto, questo si appartiene alla politica sociale degli EE.LL. che hanno la possibilità, avendone i fondi, di venire incontro ai cittadini alleviandone i costi.
L’assurdo di questa vicenda è che tale rivendicazione avanzata da Assoutenti veniva condivisa da alcuni Sindaci che non avevano capito bene la proposta o facevano finta di non capire che a pagare sarebbero stati i Comuni. Anche perché la L.R.n° 19 del 22 12/2005 prevede espressamente che “ i Comuni per la quota di propria competenza, nell’Ambito Territoriale Ottimale, hanno l’obbligo di intervenire finanziariamente al fine di assicurare l’integrale copertura della spesa della gestione integrata dei rifiuti sussidiariamente alla propria società d’ambito e a tal fine istituiscono nel bilancio di previsione un apposito capitolo di spesa con adeguata dotazione”.
Questa in sintesi la spiegazione dell’aumento delle tariffe della nettezza urbana con il passaggio dai Comuni all’ATO. Perché sia chiaro che Sicilia Ambiente in queste vicende c’entra poco in quanto aveva solo il compito di svolgere il servizio e riscuotere la tariffa che l’Assemblea dell’ATO (i sindaci) deliberavano fissandone i tempi e i modi per la riscossione.
Ma, dicevamo, siamo alla vigilia delle elezioni provinciali ed il messaggio che si è fatto passare era che l’aumento della tariffa fosse dovuto alle numerose assunzioni di personale che l’ATO e Sicilia Ambiente avevano operato.
Proprio nelle scorse settimane si richiamava come il parametro abitanti- addetti alla N.U. fosse assolutamente entro la norma. Pur tuttavia sono disponibile ad ipotizzare che in Sicilia Ambiente ci fossero 30/40 dipendenti più del necessario. Parliamo di personale a tempo parziale ad un costo annuo di circa 25 mila euro per un totale complessivo di 800/ 1 milione di euro, pari al 5% del costo complessivo del servizio.
E’ stato questo a far raddoppiare le tariffe e provocare il crollo del sistema?

LA CRISI FINANZIARIA

Riprendiamo il percorso cronologico del rapporto ATO- Sicilia Ambiente con il ricorso che Assoutenti ha presentato presso il TAR di Catania avverso la tariffa e l’affidamento in house del servizio.
 Il TAR di Catania in data 18 aprile 2007 non accoglie la richiesta di sospensiva presentata da Assoutenti con la presente motivazione :” In questa sede cautelare il danno paventato dalla Associazione ricorrente deve comparativamente ritenersi eccessivo rispetto alla esigenza di garantire una ordinata gestione del servizio di igiene ambientale”.
 Non la pensa allo stesso modo il Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo ( CGA) che “ ritenuta la sussistenza sia del fumus boni juris del ricorso principale sia del danno grave e irreparabile” con ordinanza dell’ 11 settembre 2007 accoglie l’appello e concede la sospensiva;
 Il giorno 6 dicembre 2007 il TAR di Catania entra in camera di Consiglio per la sentenza di merito contro il ricorso presentato da Assoutenti e dalla cooperativa Il Tiglio di Troina che vengono riuniti e respinti. Il provvedimento, di cui parleremo più avanti, consta di 90 pagine ed è articolato e ricco di giurisprudenza.
 Avverso la sentenza del TAR viene proposto il ricorso al CGA con richiesta di sospensiva che in data 14 maggio 2008 viene subito accolta più o meno con le stesse motivazioni dell’ordinanza dell ‘11 settembre 2007.
 L’ATO e Sicilia Ambiente chiedono la revoca del provvedimento sostenendo che sulla base del “fumus boni juris” non si può sospendere il servizio di igiene ambientale di una provincia e il CGA in data 22 luglio 2008 revoca la propria ordinanza di sospensiva.
 La vicenda si conclude il 13 gennaio 2009 , allorquando il Consiglio di Giustizia Amministrativa si pronuncia nel merito del ricorso di Assoutenti contro la sentenza del TAR facendo proprie le valutazioni dei ricorrenti ed annullando la sentenza di 1° grado.
Questa brevemente la vicenda giudiziaria promossa da Assoutenti e dalla cooperativa Il Tiglio che abbiamo esposto per avere una visione complessiva degli eventi e nel cui merito ci fermeremo più avanti.
Qui l’abbiamo accennato per rendere chiare le ragioni della crisi del servizio rifiuti in provincia. Perché l’ effetto della vicenda giudiziaria sull’organizzazione del servizio rifiuti è stato devastante. E questo fin dalla prima ordinanza di sospensiva del settembre 2007 che, subito ben divulgata, offrì la scusa a chi di scuse forse non aveva bisogno per non pagare le bollette della T.I.A provocando la crisi finanziaria di Sicilia Ambiente.
Dicevamo prima del contratto tra Sicilia Ambiente e la SERIT che avrebbe dovuto riscuotere la tariffa ed anticipare il 70% alla società di gestione. La tariffa era stata fissata in 15 milioni e SERIT aveva anticipato 7,5 milioni. A seguito dell’ordinanza del CGA SERIT bloccò l’ulteriore anticipazione di 3,5 milioni che poi concesse solo dopo la sentenza del TAR che sembrava mettere un punto fermo sul giudizio.
Sicilia Ambiente quindi ha avuto un vuoto finanziario spaventoso dal setttembre2007 fino ai primi mesi del 2008 allorquando con i 3,5 milioni della SERIT riuscì a stento a pagare gli stipendi arretrati e qualche fornitore, per poi sopravvivere di stenti per tutto il 2008 grazie alle anticipazioni dei Comuni e della Regione con il Fondo di Rotazione.
I riflessi sul servizio di tale stato di cose sono stati disastrosi: basti ricordare, solo per citare gli aspetti più evidenti, che il personale di Sicilia Ambiente non ha percepito gli stipendi per mesi; che il parco automezzi era decimato dalla mancata regolare manutenzione e dal mancato rinnovo di alcune polizze assicurative; i fornitori di carburante e di altre attrezzature indispensabili non concedevano più fiducia ; non si riuscivano a sostenere i costi di funzionamento dei centri comunali di raccolta, smaltimento dei rifiuti ingombranti, etc.
La cosa più ovvia sarebbe stata a questo punto che Sicilia Ambiente impugnasse il contratto stipulato con l’ATO e interrompesse il servizio in danno dell’ATO e dei Comuni. Questo se Sicilia Ambiente fosse stata una normale società di capitale legata al committente solo da vincoli contrattuali. Sicilia Ambiente era invece un s.p.a. pubblica al servizio del territorio e degli EE.LL. ed aveva coscienza che tale scelta avrebbe avuto esiti disastrosi per la collettività e non le restava che andare avanti come possibile nella prospettiva che comunque sarebbe prevalso il senso di responsabilità e sarebbero state trovate le soluzioni.
In realtà i Sindaci, pur con posizioni molto differenziate, furono costretti a prendere atto che la tariffa era bloccata perché aveva pagato solo il 30% degli utenti e che la SERIT non avrebbe fatto ulteriori anticipazioni.
Se dunque il servizio doveva continuare non restava che procedere alle anticipazioni da parte dei Comuni e sperare nel Fondo di Rotazione da parte della Regione.
Tali procedure furono messe in atto fin dagli ultimi mesi del 2007 e si ufficializzarono nel 2008 con una delibera dell’Assemblea dell’ATO che prevedeva la predisposizione delle tabelle stipendiali da parte di Sicilia Ambiente ed i Comuni avrebbero anticipato il netto dei salari agli operatori dei loro cantieri.
Questo meccanismo lasciava fuori sia le spese per il carburante che gli emolumenti degli amministrativi che restarono senza stipendio per circa 6 mesi, sicché la delibera venne modificata aggiungendo agli oneri dei Comuni anche una quota di 1,4 euro per abitante destinata allo scopo.
Naturalmente non sempre tutto andava liscio perché spesso i Comuni ritardavano le anticipazioni e scattavano gli scioperi degli operatori ecologici magari mascherati da motivi di sicurezza sul lavoro o altri pretesti che i sindacati suggerivano, per non dire che solo pochi Comuni anticipavano la quota per le spese generali e si preoccupavano solo del salario dei propri operatori.
Enorme è stato il disagio vissuto nei lunghi mesi del 2008 caratterizzato da enormi difficoltà operative quotidiane che andavano dalla carenze dei rifornimenti alla mancata manutenzioni dei mezzi , a quelle delle forniture dei materiali. Si andava avanti alla giornata sperando che non succedesse niente di grave e che comunque si riuscisse a togliere la spazzatura dalle strade.
Le lunghe giornate trascorrevano tra le lamentele della gente , le richieste di anticipazioni dei dipendenti che erano costretti a contrarre prestiti con le finanziarie e le minacce dei Sindaci per il servizio fatto male che ricattavano di uscire dall’ATO e utilizzare un altro gestore. A completare il quadro va anche ricordato che il Banco di Sicilia, presso cui Sicilia Ambiente aveva una scopertura di oltre 800 mila euro, ha messo in sofferenza la Società impedendole qualsiasi rapporto con tutte la banche, per non dire che pervenivano alla Società diecine di decreti ingiuntivi di fornitori che reclamavano le loro spettanze.
Nessuno si è mai chiesto in questi mesi come avrebbe potuto mai svolgere il servizio Sicilia Ambiente senza che le fosse stata assicurata la copertura finanziaria adeguata. A fronte di un costo annuo certo di 20 milioni di euro Sicilia Ambiente ha svolto il servizio nel corso del 2007 con gli 11 milioni anticipati dalla SERIT più altri 2 milioni anticipati dai Comuni; e nel 2008 con 10 milioni anticipati dai Comuni, dalla Regione e dalla Provincia.
Non credo si potesse fare meglio di quello che si è fatto e spero che col tempo ci si renderà conto che se la Provincia di Enna non si è trasformata in un’altra Napoli, lo si deve certo a situazioni strutturali diverse ma anche al sacrificio di tanti giovani lavoratori che oggi, quale compenso, rischiano il posto di lavoro.

Il contenzioso amministrativo
Il contenzioso amministrativo promosso da Assoutenti contro l’ATO e Sicilia Ambiente e, di conseguenza, contro la SERIT, ha inizio nei primi mesi del 2007 con il ricorso al TAR di Catania col quale si contestava :
1. La legittimità del procedimento di determinazione della tariffa per gli anni 2006-2007 perché in contrasto con il regime vigente;
2. L’affidamento diretto del servizio in favore di Sicilia Ambiente perché in contrasto con le norme che regolano l’affidamento in house dei servizi pubblici locali.

Cerchiamo di chiarire con parole semplici una materia assai complessa come è in genere quella che riguarda il Diritto Amministrativo.
1 . L’art. 238 del dec.leg.vo n°152/2006 ( decreto Mattioli) prevede che la T.I.A. (tariffa d’igiene ambientale) viene determinata dall’Assemblea dell’ATO. Tale articolo all’ultimo comma prevede altresì che “sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”, cioè la tariffa la deliberano i Consigli comunali.
Fin qui l’interpretazione è semplice, ma in Sicilia è più complicato perché siamo in regime commissariale. Infatti il Presidente della Regione, nominato Commissario Straordinario per l’Emergenza Rifiuti ha emanato una serie di provvedimenti uno dei quali prevede che la tariffa di igiene urbana è determinata dall’Assemblea dell’ATO secondo la logica dell’art.238.
L’ATO di Enna con delibera dell’11 dicembre 2006 ha fissato la tariffa degli anni 2006/ 2007 in misura uguale a quella del 2005, ritenendo ovviamente di avere i poteri per farlo seguendo le indicazioni del Presidente della Regione.
Il TAR di Catania ha ritenuto corretta tale interpretazione articolando una sentenza per motivare che il Presidente della Regione aveva i poteri per stabilire chi dovesse decidere la tariffa.
Al contrario invece il CGA (consiglio di Giustizia Amministrativo) ha ritenuto che il Presidente della Regione non avesse ricevuto specificatamente tali poteri e che quindi il provvedimento fosse inefficace. Dice infatti il CGA “l’esegesi rigorosa e restrittiva delle disposizioni straordinarie testé ricordate non consente di affermare che la tariffa commissariale per il servizio di gestione del rifiuti possa essere autonomamente fatta propria dalla Società d’Ambito.”

2. Circa l’affidamento in house a Sicilia Ambiente del servizio da parte dell’ATO, le contestazioni riguardavano soprattutto due aspetti: a) che ci fossero le condizioni che la Società affidataria fosse interamente pubblica; b) che effettivamente l’ATO potesse esercitare su Sicilia Ambiente il controllo degli atti come prevede la normativa europea.
Il TAR di Catania, dopo una lunga dissertazione soprattutto sulla giurisprudenza comunitaria, con particolare riferimento al ‘caso TECKAL’ ha ritenuto che ci fossero le condizioni, tenendo conto anche dello Statuto di Sicilia Ambiente, perché l’ATO esercitasse “sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi”.
Il TAR si ferma poco ad esaminare l’altra questione perché appare chiaro dallo Statuto e dal Libro-soci come Sicilia Ambiente sia interamente pubblica e l’ATO possegga la maggioranza delle quote azionarie.
Il CGA di contro nel presupposto che “ le condizioni elaborate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale vanno interpretate restrittivamente “ non ritiene sussistano tali requisiti già per il fatto stesso che “ nel capitale sociale di Sicilia Ambiente è presente almeno un Ente privato : l’Unione Regionale delle Province Siciliane “. Infatti se le Province sono Enti Pubblici, l’Unione in quanto tale è un’Associazione giuridicamente privata e tanto basta, secondo il CGA , per inficiare tutto il contesto societario.

Questi in estrema sintesi e in forma discorsiva i termini del contenzioso promosso da Assoutenti e concluso con la sentenza del CGA che ha riconosciuto illegittima la tariffa 2006/07 dell’ATO nonché l’affidamento in house a Sicilia Ambiente. Le due Società hanno a lungo valutato con i propri legali l’ipotesi di un ricorso in Cassazione, ma concretamente il danno era stato fatto e a nulla sarebbe servito, magari dopo qualche anno, prendere atto che avevano ragione.
Ora, fermo restando che la sentenza del CGA è da considerare definitiva, non ci si può esimere dal fare alcune considerazioni.
 Nel merito del contenzioso c’è da ricordare che l’art.238 del decreto Mattioli fissa intanto un principio che è quello che la tariffa di un servizio sovracomunale non può che essere determinata da un organismo sovracomunale quale è l’Assemblea dell’ATO. Affidandola alla discrezionalità dei singoli Consigli Comunali si corre il rischio di aprire un dibattito basato non sul piano progettuale ma su mera demagogia politica. Come sta accadendo proprio in questi mesi.
E’ altresì vero che l’ultimo comma di detto art.238 rimanda l’applicazione di tale principio.
Rimane dunque da capire se i provvedimenti del Presidente della Regione, Commissario
per l’emergenza rifiuti, sono validi oppure no. Il TAR ne riconosce la validità con ampia
motivazione.
Il CGA invece, in modo piuttosto sbrigativo e in una interpretazione “ rigorosa e
restrittiva”, non li riconosce efficaci.
 Il termine ‘restrittivo’ ricorre ancora nella sentenza del CGA quando esamina i requisiti di Sicilia Ambiente quale soggetto pubblico cui affidare il servizio in house e viene sbrigativamente liquidato col semplice fatto della presenza nella compagine societaria dell’URPS con lo 0,2% di quote. A nulla vale la considerazione che il divieto della presenza del privato è inteso nel senso che tale presenza possa influenzare interessi diversi da quelli pubblici, cosa che certamente le 9 Province siciliane non hanno mai fatto. Né tantomeno il fatto che tutti gli organi societarii di Sicilia Ambiente previsti nello Statuto sono di stretta nomina e controllo dell’ATO: dal Consiglio di Amministrazione e del suo Presidente, al Collegio dei Revisori, al Revisore Contabile, fino all’Organismo Interno di Sorveglianza.
Lo Statuto di Sicilia Ambiente, costruito in funzione del ‘cosiddetto controllo analogo’
voluto dalla normativa europea, mette l’ATO in condizione di controllare
permanentemente tutti gli aspetti sia contabili che operativi della ‘sua ‘società e non è
certo la presenza simbolica dell’URPS con il suo 0,2% ad inquinare la natura pubblica della
Società e a far prevalere interessi diversi da quelli pubblici.

 Al di là comunque della sentenza di merito, quello che lascia perplessi in questa vicenda è la facilità con cui è stata concessa per ben 2 volte la sospensiva, che è stato l’elemento decisivo per fare inceppare il meccanismo della riscossione della TIA e quindi le anticipazioni delle banche creando il dissesto finanziario in Sicilia Ambiente. La motivazione di ambedue le sospensive attiene esclusivamente ai “ consistenti elementi di fumus boni juris “ cioè al fatto che il ricorrente potrebbe avere ragione.
Il TAR di Catania aveva respinto la richiesta di sospensiva ritenendo che “ il danno
paventato dall’associazione ricorrente deve ritenersi comparativamente recessivo rispetto
alla esigenza di garantire una ordinata gestione del servizio di igiene ambientale”. Per il
CGA invece, la bolletta della signora Maria, rimborsabile in qualsiasi momento se mai fosse
stata pagata, sarebbe stata un danno prevalente ed irreparabile rispetto al fatto di
bloccare il servizio di igiene urbana in tutta la provincia con le conseguenze che ancora
a distanza di 4 anni, possiamo constatare.

C’è un termine che ricorre più volte nelle poche valutazioni giuridiche delle sentenze del CGA, ed è ‘restrittivo’, che la dice lunga sull’approccio col quale i giudici di 2° grado hanno affrontato questo contenzioso.

Per completezza d’informazione bisogna anche dire che, oltre ad Assoutenti, tra i ricorrenti avverso l’affidamento in house c’era anche ‘Il Tiglio’. Non ne abbiamo parlato perché il suo ruolo è stato ininfluente nella vicenda e lo stesso CGA ha dichiarato “ irricevibile “ il suo ricorso.
Il Tiglio era una cooperativa sociale di Troina cui il Comune aveva affidato alcuni servizi aggiuntivi a quello della N.U. Il contratto fu trasferito prima all’ATO e poi a Sicilia Ambiente che, alla scadenza, ha assorbito tutti i soci-lavoratori iscritti regolarmente nel libro matricola della cooperativa riconoscendo agli stessi i livelli retributivi maturati.
Ove si tiene conto quindi che i posti di lavoro erano stati garantiti e che una eventuale gara pubblica, da espletare in alternativa all’affidamento in house, non poteva certo prevedere la partecipazione di una cooperativa sociale, non si capisce quali possano essere state le ragioni
che hanno spinto i dirigenti della cooperativa a proporre ricorso al TAR.
O forse lo si capisce fin troppo bene.

LE ISTITUZIONI

Le cose che si sono dette e scritte in materia di rifiuti hanno prodotto molta confusione e,magari senza volerlo, una certa disinformazione nell’opinione pubblica.
Riteniamo pertanto utile richiamare brevemente la normativa da cui scaturisce tutta la problematica di cui ci stiamo occupando, che ci permette anche di evidenziare il ruolo delle Istituzioni in questo settore.
Il Parlamento Nazionale ha prodotto 2 grandi leggi che affrontano in maniera compiuta la questione ambientale e sono: il Decreto legislativo n°22 del 1997 e il decreto legislativo n° 152 del 2006. Il primo è detto decreto Ronchi, dal Ministro dell’Ambiente del governo Prodi, e il secondo decreto Mattioli dal nome del ministro del Governo Berlusconi.
Il secondo in particolare, detto anche ‘ codice dell’ambiente’, affronta complessivamente il problema dell’inquinamento sia del suolo che delle acque e dell’aria, indicando modi e forme sia per prevenirlo che per ripararne i guasti.
La questione dei rifiuti occupa una parte importante di tale normativa, stante il fatto che la nostra società consumistica produce montagne di rifiuti e le nostre città rischiano di esserne sommerse. In particolare si affronta il problema a partire dal confezionamento dei prodotti fino alla raccolta e gestione delle discariche che deve essere fatta in modo razionale e non inquinante. Si dirà che la questione riguarda soprattutto i grandi agglomerati urbani e non certo il territorio della provincia di Enna che vede sparsi tra le sue colline appena 170 mila abitanti. Ma, a parte il fatto che una norma dello Stato vale per tutto il territorio nazionale, subito il pensiero corre al puzzo della discarica di Cozzo Vuturo perennemente in fiamme e ai sacchetti di plastica del boschetto di Cerami a fare bella mostra di se fra i cespugli all’ingresso del paese.
Uno degli obbiettivi del legislatore è quello di eliminare le discariche o ridurle al minimo attraverso la raccolta differenziata.
Tale processo permette il recupero e riutilizzo di materie prime come : la carta, il vetro, l’alluminio, la plastica, nonché la trasformazione in ‘compost’ della parte umida del rifiuto per lasciare solo una piccola percentuale da conferire in discarica o da bruciare nei termovalorizzatori producendo energia elettrica.
Appare subito evidente che tale complessa organizzazione non può essere lasciata alla sola iniziativa dei singoli Comuni, bensì affidata ad un organismo più vasto e articolato nel territorio che è stato individuato nell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) cioè l’aggregazione di più Comuni che abbiano affinità territoriali e socio-economiche, sì da costituire un unicum adeguato a tali finalità.
Il fallimento dell’ATO, almeno nella nostra provincia ,è sotto gli occhi di tutti, ma è pur vero che nelle regioni del nord dove tali norme sono state correttamente applicate, il meccanismo funziona e spesso i rifiuti non sono un problema, ma diventano una risorsa.
Allora bisogna cercare di capire il punto debole del sistema per porvi rimedio.
Lo Stato ha certo fatto la sua parte emanando la normativa generale e delegando alle singole Regioni la parte più specificatamente organizzativa.
Certo, lo abbiamo visto a proposito dell’art. 238, mancano ancora le norme applicative che il Governo avrebbe dovuto emanare e , distanza di 5 anni, ancora non ha fatto; ma è soprattutto la Regione che ha mostrato le carenze più evidenti nelle costruzione e gestione di tale processo. Basti pensare che manca ancora un vero piano regionale dei rifiuti e che da anni si discute sulla costruzione dei termovalorizzatori per i quali è stata fatta una gara poi annullata. Per non dire che l’attuale Governo , solo dopo 2 anni, ha partorito una legge di riordino degli ATO che ancora, a distanza di 1 anno, non trova applicazione.
Bisogna anche dire di contro che la Regione ha sempre dovuto fare i conti con la scarsa collaborazione dei Comuni e spesso ha fatto intervenire i Commissari ad acta per l’applicazione di alcune norme. Il fatto più significativo è stato quello verificatosi nel 2002 allorquando quasi nessun Comune dell’isola aveva deliberato l’adesione agli ATO e l’approvazione dello Statuto-tipo e il Presidente della Regione, Commissario Straordinario per l’Emergenza rifiuti, fu costretto ad inviare i Commissari che si sostituirono ai Consigli Comunali nell’applicazione di tali provvedimenti.
A parziale giustificazione dei ritardi del Governo attualmente in carica a Palermo bisogna dire che gli ATO siciliani in questi anni hanno accumulato più di 1 miliardo di debiti e, se per risolvere il problema, la Regione dovrà sanare questo indebitamento, non ha oggi certo le risorse per farlo.

L’ AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE di ENNA
L’unico ATO della Provincia di Enna, denominato Enna Euno, fu costituito nel 2002 nella diffidenza se non ostilità dei Comuni che erano chiamati a parteciparvi.
Il Presidente della Regione fu infatti costretto ad inviare i Commissari ad acta per approvare le delibere di partecipazione dei Comuni che costituirono, secondo lo Statuto-tipo, una Società per Azioni con quote proporzionali al numero degli abitanti.
I primi anni furono travagliati per le obiettive difficoltà iniziali di un struttura da inventare e con problemi organizzativi e giuridici con cui confrontarsi. Assai pesante divenne ben presto la situazione finanziaria.
A conclusione del mandato dei primi amministratori, i Sindaci e le forze politiche si trovarono in difficoltà nell’individuare il nuovo Consiglio d’Amministrazione e furono costretti a fare la scelta più qualificata e impegnativa
Il nuovo CdA fu costituito, in via transitoria, dai Deputati Nazionali e Regionali della Provincia di Enna ( ad eccezione dell’on. Leanza che non volle accettare).
L’azione amministrativa del nuovo CdA tendeva a risanare la situazione finanziaria e ridare all’ATO il ruolo suo proprio di programmazione e controllo del servizio, delegando ad una società terza la operatività. In questo senso è riuscito ad accedere al fondo di rotazione della Regione per circa 9 milioni di euro che hanno consentito di pagare gli stipendi pregressi ai lavoratori e molti creditori, nonché di sanare alcune scoperture con le banche. Restavano altri debiti per i quali si provvide attraverso la Convenzione con Sicilia Ambiente che avrebbe dovuto pagare un canone di 2 milioni che sarebbero serviti in parte per mantenere la struttura dell’ATO, in parte per ripianare i debiti residui.
Per quanto riguarda la operatività del servizio, erano aperte due possibilità: o espletare una gara pubblica con i tempi lunghi di tale procedura e tutti i rischi ad essa connessi, o affidare il servizio in house a Sicilia Ambiente che aveva un’esperienza di 15 anni nel settore e conosceva uomini e cose nei Comuni della Provincia.
Gli esperti di Diritto amministrativo e societario che furono consultati e prepararono gli atti posero, ovviamente, la condizione preliminare che la società affidataria fosse interamente pubblica e controllata dall’ATO. Condizione che l’ATO poté realizzare acquisendo le azioni dei privati presenti in Sicilia Ambiente (45%) nonché il 6% delle quote della Provincia.
Uno degli elementi della trattativa che poi diede luogo alla convenzione stipulata il 18 gennaio 2007, fu quello che riguardava la riscossione della tariffa che, si decise alla fine, fosse affidata a Sicilia Ambiente che prendeva anche in carico i dipendenti che elaboravano la TIA.
Credo di poter dire che questa fase sia stata la più intensa e proficua di tutta l’esperienza di quegli anni e, pur in presenza di grandi sacrifici da parte di tutti, (il giorno di Santo Stefano eravamo al lavoro), ritenevamo di avere trovato la soluzione del problema.
Purtroppo non sarà così ma rimango della convinzione che quella fosse la strada giusta.
Impostato ed avviato tale processo, “il CdA degli Onorevoli”, come venne chiamato, ritenendo esaurito il proprio mandato, rassegnò le dimissioni.
Il problema della sostituzione non era facile per almeno due ragioni: la materia era ed è molto complessa e poche persone in Provincia potevano dire di conoscerla; c’era poi la difficoltà di andare a sostituire Amministratori di grande prestigio ed autorevolezza col rischio naturalmente di non esserne all’altezza.
In effetti, il compito dei nuovi amministratori, pur alleggerito dal carico del servizio ormai trasferito a Sicilia Ambiente, presentava però delle difficoltà notevoli stante la diffidenza dei Sindaci di cui erano diretta espressione e l’esigenza di un rapporto stretto di collaborazione con Sicilia Ambiente, la propria società, soprattutto nella fase d’avvio di un processo che poteva essere risolutivo per l’applicazione completa della riforma.
Tale collaborazione, che fu piena e convinta nella prima fase, cominciò a scemare con le difficoltà finanziarie, col procedere della vicenda giudiziaria, e soprattutto, con le conseguenti carenze nello svolgimento del servizio.
Cominciarono i distinguo,la specificazione di competenze, la presa di distanza rispetto ai compiti e alle funzioni che si appartenevano all’ATO. Si è arrivati al punto di contestare i disservizi chiedendo formalmente conto e ragione di scioperi e carenze operative, facendo finta di ignorare le gravi deficienze finanziarie che alla fine si appartenevano proprio all’ATO e alle sue responsabilità.
Due momenti segnarono un punto grave di scollamento tra le due società ed i rispettivi menagement allorquando l’ATO sguinzagliò i propri ‘ispettori’ , come la Convenzione prevedeva, a controllare i disservizi per emettere centinaia di contravvenzioni per l’ammontare complessivo di quasi 1 milione di euro; e soprattutto quando gli amministratori dell’ATO, su pressione dei Sindacati, formalizzarono alla chetichella il passaggio a tempo pieno di tutti i loro dipendenti che erano stati assunti part-time. Allorquando, dopo poche ore, il secreto di pulcinella fu conosciuto dai dipendenti di Sicilia Ambiente, provocò una mezza rivoluzione e una frattura grave tra le due società. Accadeva infatti che fra quegli stessi ragazzi che insieme avevano iniziato la stessa esperienza lavorativa proprio nell’ATO, si veniva registrare una disparità di trattamento incomprensibile fra coloro che erano rimasti all’ATO e quelli passati a Sicilia Ambiente.
In effetti le pressioni sindacali erano forti e continue anche su Sicilia Ambiente perché si estendesse il tempo pieno anche ai propri dipendenti, ma la posizione negativa era sempre ferma per un semplice motivo:
Un eventuale passaggio al tempo pieno di tutti i dipendenti part-time della società avrebbe comportato un aggravio di spesa di circa 2 milioni di euro l’anno. Ora andare ad aggravare il costo del servizio di 2 milioni, in un momento in cui l’opinione pubblica protestava per le tariffe alte, sarebbe stato moralmente inaccettabile oltre che politicamente suicida.
Sono state gravi le lacerazioni avvenute fra gli amministratori e i dipendenti delle due società che, tra l’altro, pare continuino ancora oggi, e credo che abbiano contribuito anch’esse al fallimento.
Sinceramente non mi sono mai spiegato cosa abbia potuto modificare l’atteggiamento positivo e costruttivo degli amministratori dell’ATO in presa di distanza e qualche volta in ostilità. Certo le cose andavano male, la gente si lamentava, i Sindaci protestavano e delegittimare Sicilia Ambiente, farla apparire l’unica vera responsabile dello sfascio serviva a salvare la faccia soprattutto in vista degli appuntamenti elettorali che ormai si appressavano.

La Provincia
Ad una prima valutazione superficiale l’Ente Provincia non avrebbe niente a che vedere con il problema rifiuti e quindi non ci sarebbe motivo di coinvolgerlo nella nostra storia.
Invece la Provincia c’entra eccome, per tutta una serie di ragioni che vado ad elencare.
Intanto la Provincia è l’Ente che ha promosso la costituzione di Enna Ambiente nel lontano 1989
allorquando le furono delegate dalla Regione alcune competenze in materia ambientale con la LR.9/86. Essa era il socio di maggioranza e designava il Presidente e alcuni componenti del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei Revisori. Per conto della Provincia, Enna Ambiente prima e Sicilia Ambiente, dopo gestirono tutta una serie di servizi che vanno dal mezzo mobile anti-inquinamento al monitoraggio del lago di Pergusa, alla raccolta straordinaria dei rifiuti fuori dai centri abitati nonché tutte quelle funzioni attinenti a materie ambientali per le quali l’Ente non aveva ancora un’adeguata professionalità.
Va inoltre ricordato che la Provincia detiene per legge il 10% delle quote dell’ATO ed è stato il socio di maggioranza di Sicilia Ambiente fino a quando nel 2006 non è entrato l’Ato cui le Istituzioni Locali hanno attribuito la maggioranza al fine di consentire l’affidamento diretto del servizio a Sicilia Ambiente.
Questa presenza della Provincia nelle due SPA sarebbe comunque solo un fatto tecnico se non fosse per il ruolo politico-istituzionale che la nuova Provincia si è ritagliato nel territorio e per quanto riguarda le sue competenze quale Ente di programmazione socio-economica e per quello più specificatamente politico quale sintesi delle Istituzioni Provinciali e più alta espressione delle politiche economiche territoriali. Il Presidente della Provincia dunque è colui il quale esprime il momento più significativo della politica locale e che traccia le linee-guida in materia di economia e di sviluppo.
Questo ovviamente se tale ruolo lo si voglia o lo si sappia esercitare.
Queste brevi valutazioni danno l’idea di quali interessi politici ruotino attorno alle elezioni provinciali e come, in previsione di esse, i partiti, le associazioni, i movimenti, si attrezzino per arrivarci nelle migliori condizioni possibili.
Non sorprende quindi se sotto l’insegna di Assoutenti siano stati arruolati tutta una serie di personaggi, in genere politici fuoricorso, che speravano di ritrovare ruolo e prestigio in una battaglia sociale dove erano possibili facili strumentalizzazioni all’insegna dell’interesse dei cittadini ai quali poi si prometteva in sostanza di non far pagare la spazzatura.
Perché chiaramente di una strumentalizzazione politica si trattava da parte di chi sperava di mettere in difficoltà la politica del centro-sinistra in una vicenda nella quale tale schieramento si era scommesso. Non si spiegherebbe altrimenti la riunione dei Sindaci di centro-destra a Piazza Armerina alla presenza di un Assessore regionale all’insegna del ‘tanto peggio tanto meglio’. O la battaglia di Assoutenti sulla tariffa proprio nel 2007 quando da ben 4 anni l’Ato riscuoteva la Tia e, vedi caso, solo alla vigilia delle elezioni provinciali ci si accorge che quelle tariffe erano illegittime e passibili di ricorso al Tar. Non si spiegherebbe ancora la lista presentata da Assoutenti alle elezioni provinciali che, pur conseguendo risultati modesti, ha portato alla elezione di 1 Consigliere e quindi alla nomina di 1 Assessore provinciale a cui è stata data la delega alle società collegate.
E quale è stato uno dei primi provvedimenti proposto da questo Assessore al Consiglio provinciale? Ovviamente la dismissione delle quote di Sicilia Ambiente con la cessione dell’intero pacchetto azionario pari al 12,52% per n° 31.200 mila azioni del valore di € 250.224.
Ora, a parte il fatto che l’acquisizione delle quote potrebbe farla solo un Comune e non mi risulta ce ne siano che abbiano la disponibilità finanziaria per farlo, è chiaro che l’Atto Amministrativo serviva solo a deprezzare le azioni della società, ed era soprattutto un atto di ritorsione politica mascherato da obbligo di legge. Infatti l’uscita della Provincia da Sicilia Ambiente era stata prevista nel programma della coalizione di centro-destra e il Presidente della Provincia stava solo rispettando gli impegni che aveva preso con i suoi alleati e con Alternativa Democratica in particolare. E pensare che a quel Presidente ci eravamo rivolti gli operatori del settore pensando che, finita la campagna elettorale, il Presidente della Provincia esercitasse il suo ruolo istituzionale e si adoperasse per risolvere un grave problema del territorio e non per provocare ulteriori lacerazioni e difficoltà operative.
Ho voluto ricordare questi fatti per far riflettere quei cittadini che, magari in buona fede, hanno pensato che c’è stato qualcuno che si è battuto per loro in maniera civile e disinteressata e che lo ha fatto per affermare il diritto e fare trionfare la giustizia.
Questi moderni Robin Hood, finite le elezioni e venuto meno il nemico ( Ato e Sicilia Ambiente), hanno litigato fra di loro dividendosi sostanzialmente in 2 fazioni: coloro che si erano ‘piazzati’ come Consiglieri e Assessori e coloro che li contestano e che, rimasti a mani vuote, cercano nuove Guerre Sante da combattere, sempre ovviamente in nome del popolo e della giustizia.

I COMUNI

Per comprendere appieno quello che diremo bisogna richiamare una premessa di cui abbiamo già detto: l’Ato è una Spa i cui soci sono la Provincia (10%) e i Comuni della provincia con quote percentuali rapportate al numero di abitanti; Sicilia Ambiente è pure essa una Spa i cui soci sono l’Ato ( quindi i Comuni) nonché ancora i Comuni e la Provincia.
Quindi tutte e due le Società sono espressione degli EE.LL. della Provincia e costituite per svolgere servizi nell’interesse dei propri azionisti (i Comuni). Logica vuole che gli azionisti (i Comuni) abbiano interesse a tutelare la loro Società per avere servizi efficienti e sfruttare al meglio i capitali che vi hanno investito.
Purtroppo in questa vicenda non è mai stato così.
La partecipazione all’Ato i Comuni se la sono vista imposta e stranamente hanno considerato sempre la loro Società come controparte e mai come loro strumento operativo. Lo stesso atteggiamento è stato tenuto con Sicilia Ambiente da quando è stata sottoscritta la convenzione per l’affidamento dei servizi ambientali che gli stessi Sindaci hanno deliberato a larga maggioranza nell’Assemblea dell’Ato.
Quella che avrebbe dovuto essere una collaborazione proficua nell’interesse dei cittadini-utenti è stato uno scontro quotidiano fatto di piccoli dispetti o di grandi atti politico-amministrativi di aperta sconfessione.
Si sono fatte campagne elettorali all’insegna del ‘ non pagare’ le bollette della N.U., o promettendo ai netturbini il passaggio nei ruoli del Comune;
Abbiamo incontrato un Sindaco che pretendeva la restituzione dei vecchi compattatori del Comune, trasferiti all’Ato, che dovevano essere allineati davanti al Palazzo Municipale per mettere bene in chiaro che il Padrone era Lui e che magari, poi, li avrebbe restituiti.
Ne abbiamo conosciuto un altro che ad ogni Assemblea dell’Ato pontificava contro gli sprechi e che poi pretendeva la restituzione degli stipendi che il suo Comune anticipava ad impiegati ufficialmente comandati all’Ato o a Sicilia Ambiente ma che di fatto non si erano mai mossi dal loro posto di lavoro presso gli uffici comunali.
Per non dire di quel Sindaco che non ha mai voluto anticipare i salari ai netturbini del suo paese e che alle 6 del mattino andava ad incitarli al lavoro all’insegna, come buongiorno, di “quel ladro e disonesto del vostro presidente……”
E quello stesso amministratore che, dovendo consegnare finalmente a Sicilia Ambiente il contributo della Provincia perché si pagassero gli stipendi degli operai del suo paese venne di persona a portare l’assegno assieme ad un Assessore ed al Ragioniere del comune e pretese la consegna degli stipendi ‘seduta stante’ e ‘mano con mano’, ad evitare forse che quel ladro del Presidente prendesse l’assegno e scappasse con il malloppo.
Non abbiamo mai reagito a tutte queste provocazioni guardando sempre agli interessi generali e cercando di non sfilacciare ulteriormente un rapporto difficile con quelli che, alla fine, erano gli azionisti della Società che avevamo l’onore di amministrare.
Peccato però che la stessa cosa non facessero i Sindaci che, anche nelle decisioni importanti, non hanno mai assunto atteggiamenti di responsabilità nei riguardi del problema rifiuti, ma si sono fatti sempre condizionare soltanto dai riflessi che gli Atti che andavano ad adottare avrebbero avuto nei confronti della loro Comunità.
Mi piace ricordare che nel settembre 2007, finalmente, l’Assemblea dell’Ato (i Sindaci) si riunisce per determinare la tariffa che viene quantificata in 15 milioni di euro a fronte di un contratto che prevedeva un costo complessivo del servizio di 22,5 milioni, come la stessa Assemblea aveva deciso alcuni mesi prima. Il Presidente di Sicilia Ambiente convoca immediatamente l’Assemblea della Società, sempre gli stessi Sindaci, ai quali fa più o meno questo discorso : Voi come Ato avete deciso una tariffa di 15 milioni di euro che è chiaramente un prezzo politico e non corrisponde a quanto statuito nella Convenzione con Sicilia Ambiente che ne prevede 22,5. Quindi o trovate da dove prendere la differenza di 7,5 milioni o avete già creato un disavanzo a Sicilia Ambiente e ne avete segnato il fallimento.
La richiesta era retorica perché la risposta è nella già citata legge regionale che prevede l’intervento dei Comuni a copertura di interventi finanziari di tale tipo, ma i Sindaci non assunsero mai un atteggiamento costruttivo e fu in quella circostanza che costituirono una Commissione che verificasse i costi reali del servizio con l’esito che abbiamo già detto.
Né presero posizione allorquando, su pressante richiesta di Sicilia Ambiente, il Presidente dell’Ato inviò ai Comuni un quadro riassuntivo nel quale divideva la differenza dei 7,5 milioni tra i soci in rapporto al quantitativo di rifiuti prodotto e chiedendo che, in qualche modo, ne assumessero l’onere.
E’ stata la tattica permanente di un’Assemblea, quella dell’Ato, che ha sempre cercato di rinviare i problemi nella speranza che si risolvessero da soli e senza assunzione di responsabilità.
Riunioni lunghissime, con interventi fiume da parte di tutti i partecipanti, spesso senza un filo conduttore ben preciso e dalle conclusioni non sempre chiare. L’unica volontà che si coglieva era quella di guadagnare tempo con la prospettiva, magari, che tutto crollasse e si tornasse al servizio dei Comuni come prima della riforma,cosa che tutti hanno sempre minacciato ed auspicato. Sino al punto da schierarsi più o meno apertamente, con Assoutenti condividendone le proteste e l’impostazione complessiva anche nella proposizione della tariffa del 2003 non comprendendo, o facendo finta di non comprendere, che tutto era contro i Comuni che, alla fine dovevano integrare la differenza.
C’è un episodio che ritengo significativo di questo atteggiamento che è logicamente e politicamente incomprensibile ma che purtroppo è vero.
Sicilia Ambiente aveva dato incarico ad una società di Bologna di predisporre un progetto industriale per la raccolta dei rifiuti in Provincia di Enna. Il Sindaco di Cerami, da poco eletto Presidente dell’Ato, nel dicembre del 2007, convoca una Assemblea dei Sindaci a cui sottoporre una bozza di tale progetto ed averne un giudizio, raccogliere suggerimenti, prima di passare alla stesura definitiva.
L’Assemblea si svolge a Cerami alla presenza dei tecnici che espongono l’ipotesi progettuale e sono presenti tutti i Sindaci e il Vice-Presidente della Provincia. Nel corso dell’incontro il Presidente dell’Ato riceve la telefonata dell’avvocato che gli comunica l’esito positivo dell’udienza presso il Tar di Catania. Comprensibilmente compiaciuto approfitta di una interruzione e comunica la notizia.
Il gelo scende su quell’Assemblea come se fosse stata data una notizia funesta e per circa 30 secondi si avverte un silenzio imbarazzato che molto opportunamente rompe il Vice-Presidente della Provincia manifestando la propria soddisfazione e l’augurio che quella sentenza potesse porre fine alla vicenda e segnasse la risoluzione del problema.
Dal tavolo della Presidenza in quei 30 secondi era facile cogliere nei volti dei Sindaci presenti, uomini pubblici chiamati a ruoli di responsabilità, un atteggiamento tra il deluso e il preoccupato che magari le cose si mettessero per il verso giusto, che magari gli atti che proprio essi avevano deliberato erano stati fatti bene ( la tariffa e l’affidamento a Sicilia Ambiente) e che finalmente la riforma del sistema rifiuti si realizzasse anche in Provincia di Enna.
In quei 30 secondi ho capito a quale punto fosse giunto, anche da noi, il degrado della politica.
Se tutto questo dovesse apparire il giudizio di chi ha una visione interessata e non serena della questione, mi piace richiamare quanto scriveva nel dicembre scorso il Commissario Regionale dott. Domenico Michelon al Presidente della Regione, all’Assessore Regionale ai Servizi pubblici e al Prefetto, ai quali tutti riferiva che “ si continua a verificare che da parte dei Sindaci, soci dell’Ato rifiuti, non arriva alcun segnale tendente a rimuovere le cause che, con regolare periodicità, innescano situazioni di crisi nel sistema di gestione dei rifiuti. Nonostante gli impegni profusi permangono intatte le cause che ciclicamente innescano situazioni di emergenza nel territorio provinciale da attribuire ESCLUSIVAMENTE alla situazione finanziaria in cui versa l’Ato rifiuti e di conseguenza, Sicilia Ambiente, a causa dell’atteggiamento (indifferenza e incoscienza) che gran parte dei Sindaci hanno nei confronti dell’Ato” ( in La Sicilia, 17-12- 20010).

Spesso negli anni scorsi è stata accostata la vicenda dei rifiuti di Enna a quella di Napoli. Niente di più sbagliato perché la crisi campana è frutto di carenze organizzative e strutturali (vedi impianti, discariche, etc.) mentre quella ennese è dovuta quasi esclusivamente a problemi finanziari e a mancanza di assunzione di responsabilità da parti di chi , i Comuni soci, tale carenza avrebbero potuto colmare.
Raccontando in modo semplice e comprensibile le vicende come noi le abbiamo vissute, speriamo di avere portato a conoscenza di tutti i fatti e le cause vere della crisi, chiamando tutti con il loro nome e con le loro responsabilità, ben sapendo che, quando succedono fatti del genere, la responsabilità è certo di tutti i protagonisti, ma le percentuali sono diverse. E quelle di Sicilia Ambiente sono certo le minori.
Speriamo di avere chiarito in particolare che:
1. Non è vero che il raddoppio delle tariffe proposte ai cittadini sia dovuto esclusivamente al sistema Ato che ha inciso solo in minima parte, bensì alla mancata partecipazione dei Comuni alla spesa complessiva del costo del sistema rifiuti.
2. Il costo del servizio pattuito con l’Ato è stato il minimo indispensabile per potere fare il servizio e che, da parte di Sicilia Ambiente, non ci sono stati sprechi di nessun genere nella gestione societaria.
3. Non è stata certo una battaglia sociale a favore dei cittadini quella intrapresa da Assoutenti, bensì una strumentalizzazione politica in previsione del rinnovo del Consiglio Provinciale, che ha speculato su di un sistema delicato quale quello dei rifiuti per risanare il quale occorreranno molti anni e i cittadini saranno certamente chiamati a corrispondere tutte le rate non saldate della tariffa. Il prezzo pagato è sotto gli occhi di tutti e l’apporto alla risoluzione del problema dell’Assessore provinciale competente rimarrà nella storia della Provincia.
4. Le varie ordinanze di sospensiva nonché la sentenza di merito del CGA sono state prodotte non solo da valutazioni giuridiche ma anche da condizionamenti dovuti ai riflessi sociali del problema rifiuti e dei suoi costi.
In questi mesi talvolta mi sono prefigurato cosa sarebbe successo se non ci fossero stati i ricorsi amministrativi con le conseguenti sentenze del CGA e le cose fossero andate come la normativa prevede e il CDA dell’Ato e di Sicilia Ambiente avevano programmato.
Nel corso del 2007 Sicilia Ambiente avrebbe completato certamente la parte organizzativa del servizio, mettendo a punto tutti gli aspetti strutturali e operativi della raccolta differenziata e delle discariche, aspettando anche il completamento e la consegna dell’Impianto di compostaggio. Strutture queste che, oltre ad alleviare i costi di gestione di Sicilia Ambiente, avrebbero potuto contribuire a fornire nuovi proventi dall’esterno, assieme anche all’adeguamento del depuratore dell’ASI di Dittaino che avrebbe risolto il costoso problema del percolato.
Si trattava certo di investire alcune centinaia di migliaia di euro che Sicilia Ambiente non ha mai avuto la possibilità di spendere inseguita sempre da emergenze.
Il meccanismo finanziario avrebbe consentito la erogazione normale dei flussi grazie anche all’anticipazione della SERIT, solo che gli utenti avessero pagato una discreta percentuale dei costi ed i Comuni avessero integrato la rimanente quota come la legge fa loro obbligo.
Tutto questo avrebbe consentito di mantenere fermo il costo del servizio assorbendo gli aumenti fisiologici, per non dire che una attenta revisione delle anagrafiche degli utenti, avrebbe certamente portato ad allargare il fronte delle riscossioni e ridurre in conseguenza la quota di ciascuno.
A guardare bene tra le pieghe della nuova normativa, Sicilia Ambiente avrebbe potuto continuare a svolgere il servizio anche per tutti i 15 anni previsti dalla convenzione, ed i Comuni sarebbero stati sempre loro i protagonisti veri essendo l’Ato e Sicilia Ambiente società controllate totalmente dai Comuni.
Gli scenari che oggi si aprono, anche in applicazione della nuova legge regionale, prevedono la liquidazione dell’Ato Spa e la creazione di un nuovo organismo sotto forma di Consorzio, che dovrà affidare il servizio con gara pubblica a livello europeo con costi che probabilmente si aggireranno attorno ai 30 milioni di euro.
E i Sindaci, da padroni che erano, dovranno presentarsi col cappello in mano davanti al nuovo gestore privato se vorranno spostare un cassonetto da un numero civico ad un altro.
Come d’altronde avviene anche oggi in altri settori dei servizi pubblici.
D’altra parte la maggiore responsabilità di tutto questo è dei Comuni ed aveva ragione l’Assessore Regionale dott. Carmelo Russo quando dichiarava che ” i Sindaci sono i veri colpevoli del disastro dell’Ato e di Sicilia Ambiente perché mai hanno cercato di risolvere il problema, mai hanno cercato di far pagare le bollette ai propri cittadini, magari applicando le tariffe del 2003, preferendo invece accedere al fondo di rotazione per far vivere alle loro due Società una vita difficile, fatta di ostacoli, di precarietà”( in La Sicilia 05-06-2010).
In tutti questi mesi mi sono fatto spesso una domanda alla quale non ho saputo dare una risposta plausibile: perché questa ostilità dei Comuni nei riguardi del sistema ATO? Era così importante per i Comuni gestire il servizio di N.U.? Quali vantaggi procurava tale gestione sì da spingere gli amministratori comunali a mettersi di traverso, sin dalle origini, alla costruzione del nuovo sistema? Eppure avrebbe dovuto essere accettato di buon grado perché liberava risorse di bilancio ed evitava problemi gestionali con responsabilità anche di natura penale.

Mi sono dato tante possibili risposte, nessuna delle quali francamente mi soddisfa per la piccolezza e fragilità delle motivazioni.
E allora torniamo al problema della responsabilità della classe dirigente che non si inventa con il fatto emozionale di una elezione diretta, ma si costruisce negli anni, attraverso l’impegno politico dei partiti e l’assunzione di responsabilità dei ruoli che si vanno a ricoprire quando questi sono significativi di interessi generali che hanno sempre e comunque la priorità rispetto a qualsiasi altra cosa.
La vicenda della spazzatura di Enna credo sia l’aspetto tangibile della crisi della politica, fatta ormai solo di demagogia, di strumentalità, di piccoli interessi di bottega che fanno perdere di vista invece gli interessi generali che la Politica deve perseguire.



Rosario Agozzino, già Presidente di Sicilia Ambiente