Confisca beni avv. Bevilacqua, i figli: rispettiamo la Giustizia, ma chiedono all’Agenzia di aspettare la sentenza di revisione tra 40 giorni

sequestro beni
Barrafranca. Entro venerdì dovrebbero sgomberare la casa nella quale vivono, perché verrà eseguito il provvedimento di confisca divenuto definitivo il 10 aprile 2008.
Riceviamo dai quattro figli dell’avv.Raffaele Bevilacqua (che sta scontando un ergastolo al 41 bis e condannato anche per essere stato il reggente di Cosa nostra per la provincia di Enna), e pubblichiamo in merito alla prossima confisca dei beni, la seguente nota:

Dopo anni di lunga sofferenza, di accettazione e rispetto delle sentenze emesse nei confronti di nostro padre, abbiamo deciso di rompere il silenzio e rivolgerci pubblicamente alle istituzioni, alla collettività, alla Procura, ai Tribunali perché è giunto il momento di chiedere spiegazioni, pubblicamente, e solidarietà per ciò che ci sta accadendo.
Con provvedimento reso definitivo in data 10.4.2008, venivano sottoposti a confisca tutti indistintamente i beni patrimoniali della nostra famiglia, ivi compresi due immobili pervenuti nel patrimonio dei nostri genitori mediante atti pubblici, atto di donazione e testamento olografo.
Per testamento olografo è stata lasciata in eredità a nostro padre la casa di abitazione in cui viviamo la quale erroneamente è stata definita villa di 35 vani e continuamente fotografata da lontano e dall’esterno per far passare la notizia di una casa di lusso.
La nostra casa, invece, è quella che si vede in queste foto che abbiamo deciso di pubblicare. Quando, infatti, entrava nel patrimonio di nostro padre la stessa era allo stato rustico e così è sempre rimasta sino al suo primo arresto avvenuto nel 1992.
In giudizio sono state prodotte le fatture dei primi lavori effettuati che si sono limitati solo alla approssimativa rifinitura del piano terra. Gli stessi CTU nominati dal Tribunale di Enna in sede di giudizio di merito hanno accertato che la somma spesa poi da nostro padre per l’esecuzione di piccoli lavori di rifinitura era congrua e di provenienza legittima.
Teniamo a precisare che tutto quanto affermiamo è immediatamente appurabile con documenti anche perché questa nostra scelta è stata una scelta molto discussa con i nostri legali per cui non avremmo mai pensato di scrivere e rendere noto ciò che non potesse essere immediatamente constatato e appurato.
Al momento in cui nostra nonna paterna lasciava in eredità a nostro padre “il terreno e la casa che c’è nel terreno” (così letteralmente nel testamento) quella zona non era nemmeno illuminata e il terreno aveva un esiguo valore.
Errori sono stati commessi anche al catasto nell’indicare questo immobile come composto da 35 vani.
Dall’inizio della vicenda giudiziaria di nostro padre, seppure viviamo in una casa esternamente voluminosa la stessa è di fatto fatiscente e soprattutto ipotecata dalle banche a riprova dell’assenza di qualsivoglia ricchezza di Raffaele Bevilacqua, sia lecita che illecita. Nostra madre ha fatto tantissimi sacrifici per crescerci da sola, renderci uniti e farci stare bene se non tanto economicamente quanto emotivamente.
Nostra madre svolge il lavoro di insegnante e con tanti sacrifici e rinunce ci ha fatto studiare, insegnato a camminare a testa alta nonostante le testate giornalistiche periodiche sulla vicenda di nostro padre.
Ma se sulle sentenze che hanno condannato nostro padre per gravissimi reati per cui è stata allo stesso diagnosticata “la morte civile” con la pena dell’ergastolo che non ci permetterà mai più di avere un padre, sulle sentenze che hanno disposto la confisca, tra le altre cose, della casa di lascito ereditario, non possiamo arrenderci.
Col sostegno, la determinazione e la professionalità dei nostri avvocati abbiamo quindi intentato un giudizio di revisione perché può capitare a tutti gli essere umani, anche ai Giudici quindi, di incorrere bonariamente in qualche errore e l’istituto della revisione esiste proprio per questo, per riparare ad errori giudiziari in presenza di nuove prove o di prove esistenti e non valutate.
Il Tribunale di Enna, quindi, ritenendo verosimile l’accoglimento della revisione, per la forza delle prove documentali prodotte, sospendeva l’esecuzione della confisca e quindi veniva sospesa l’ordinanza di sgombero dell’immobile emessa nel 2008.
Fiduciosi quindi, che finalmente avevamo trovato un Tribunale che si era accorto di una svista macroscopica (gli atti pubblici), all’udienza in cui si sarebbe dovuti entrare nel vivo del processo di revisione e quindi i nostri legali avrebbero dovuto avanzare formalmente le richieste di acquisizione delle nuove prove, muta il Collegio, e senza alcuna spiegazione razionale, dispose che la causa doveva essere immediatamente decisa.
Inutile fu dire che eravamo in attesa, come aveva disposto anche il precedente collegio (che aveva sospeso l’esecuzione), di un fascicolo essenziale ai fini della causa, in quanto si profilava e si profila anche una ipotesi di ingiusto doppio giudizio, quel giorno la causa fu decisa e fu decisa negativamente.
Perché parliamo di doppio giudizio? Perché il sequestro dei beni dei nostri genitori fu disposto anche nel 1997, ma a seguito di precise e documentate dimostrazioni il procedimento non ebbe seguito.
Dopo otto anni, ossia nel 2005, nonostante che il patrimonio fosse rimasto identico a quello sequestro nel 1997, e non vi fossero stati incrementi, acquisti, movimenti, si decise di ri-sequestrare le stesse cose e addirittura confiscarle tutte.
Increduli anche noi, da profani siamo andati a studiare la legge e abbiamo appreso che comunque il sequestro non può riguardare indistintamente tutti i beni del proposto ma deve sussistere la prova certa della loro illegittima provenienza, prova certa che è richiesta con maggior vigore quando trattasi di beni di terzi, come in questo caso in cui la nostra abitazione era un bene di nostra nonna giunto per testamento.
Ma confidando sempre nella Giustizia, abbiamo appellato quella ingiustificabile repentina decisione di chiudere, nel bel mezzo della causa, il procedimento di revisione, e il procedimento è ancora in corso.
A decidere sarà, il prossimo mese di aprile, la Corte di Appello di Caltanissetta.
L’udienza è fissata per la data dell’8.4.2014.
Sull’autorità giudicante i nostri avvocati hanno sollevato questione di legittimità costituzionale per ragioni tecniche che non è nostra competenza sapere; sappiamo solo che, trattandosi di revisione, e tenuto conto che nostro padre è stato più volte giudicato a Caltanissetta per i reati che lo vedono condannato, la Corte di appello competente dovrebbe essere Catania, ad ogni modo la riserva verrà sciolta i primi giorni di aprile e, se sarà negativa, ossia se verrà ritenuta incompetente la Corte di appello di Catania, la causa dovrà discutersi giorno 8.4.2014 a Caltanissetta.
Qual è però la vicenda più grave e la ragione per cui abbiamo inteso rendere nota questa storia: ci viene chiesto entro venerdì prossimo, quindi entro il 28.2.2014, lo sgombero della nostra casa!
A fronte di serissime questioni di diritto e di fatto che abbiamo più volte esposto per iscritto, una per tutte l’impossibilità di trovare – allo stato – una immediata alternativa ci viene comunicato dalle forze dell’ordine che il provvedimento di sgombero del 2008 deve essere eseguito immediatamente.
Ora, vero è che la sospensione dell’esecuzione è stata travolta da quel repentino rigetto del Tribunale in un’unica udienza, ma è anche vero che contro la revoca della sospensione pende appello e che, in ogni caso, dopo aver atteso sei anni per lo sgombero cosa cambia attendere altri 40 giorni, ossia la definizione del giudizio di revisione?
Si rischia di lasciarci senza un tetto irragionevolmente.
Forse si presume che la revisione deve andare male?
Anche per questo abbiamo deciso di rendere pubblica la nostra vicenda processuale, perché purtroppo il fatto che nostro padre è stato condannato per reato associativo ha comportato una valanga di pronunce basate su automatismi disarmanti.
Ma questa volta, sulla richiesta di una precisa e capillare valutazione delle prove, vogliamo fare un appello pubblico e vogliamo fidarci, confidare e credere nella Corte di appello che deciderà della revisione.
Noi, nonostante quello che abbiamo attraversato, continuiamo a credere nella Giustizia perché se si applica la legge così come noi da profani l’abbiamo letta, la nostra unica casa di abitazione non può esserci tolta perchè la prova della legittima provenienza è stata accertata, non ci stancheremo mai di dirlo, dagli stessi periti del Tribunale.
Quel poco che oggi ci rimane, è frutto dei sacrifici di uno stipendio statale di nostra madre che ha pagato, fino a quando ha potuto, i debiti lasciati da nostro padre e non c’è comunque riuscita.
La nostra situazione, a prescindere dalla sentenza che ha condannato nostro padre, non è certo quella che si legge nei libri o si vede nei film, ossia quella di una famiglia mantenuta dalla mafia.
Non ci capacitiamo del perché ci si è ostinati (e poi con quali prove?) a ritenere di illegittima provenienza questa struttura fatiscente quando oggi la maggior parte della gente, anche chi non ha svolto la professione di avvocato come nostro padre, possiede una casa certamente migliore della nostra, ha impianti satellitari che noi non abbiamo, ha l’aria condizionata che noi non abbiamo. Eppure, si sta organizzando lo sgombero di una intera famiglia dall’unica casa di abitazione mentre tutto è ancora in gioco rifiutandosi, tutti gli organi interessati all’esecuzione, di attendere la definizione del procedimento di revisione per una inspiegabile impellenza di eseguire dopo sei anni dall’ordinanza sospesa questo sgombero a distanza di 40 giorni dalla discussione della causa.
Perché?
Noi una spiegazione stiamo cercando di darcela.
Probabilmente, ogniqualvolta occorre dare una risposta circa la presenza delle istituzioni del nostro piccolo centro barrese e nell’intera provincia di Enna, la strada più facile è sempre quella di tirare in ballo Raffaele Bevilacqua e la sua famiglia.
Così come, in occasione delle consultazioni elettorali, un candidato che abbia voluto infangare l’avversario, ha ritenuto di accostarlo a Raffaele Bevilacqua, il cui nome, in occasione delle consultazioni comunali (come avvenuto attraverso lettere che sono state diffuse per l’elezione del sindaco di Barrafranca alle penultime elezioni) o in altre consultazioni, viene utilizzato quale insulto al competitore.
Nostro padre ci ha lasciati da soli da più di dieci anni e per il resto della nostra vita visto la che sua pena non finirà mai.
Nostro padre sta scontando la sua pena e non è a Barrafranca da decenni, noi a malincuore abbiamo accettato e stiamo sopportando la sua assenza, ma ci tirate sempre in ballo quando c’è da riempire una pagina di giornale o dare risposte alla comunità. Lasciateci attendere il corso della Giustizia nella quale vogliamo e continuiamo a credere.
Tra l’altro non stiamo chiedendo di non toglierci un tetto che per legge deve esserci tolto, stiamo chiedendo di attendere che i Giudici rivisitino questo errore, questa svista, certamente verificatasi in buona fede, e applichino la legge.
Chiediamo di rimanere a casa sino a questa pronuncia, la cui udienza sarà celebrata in forma pubblica per le garanzie di quella Giustizia che chiediamo.
I nostri legali hanno chiesto, sulla scorta delle serie argomentazioni di fatto e di diritto che connotano questo ricorso, formalmente una proroga all’agenzia nazionale dei beni confiscati che ben conosce la situazione processuale, eppure, dopo sei anni di stasi, dispone repentino sgombero entro venerdì 28 febbraio.
Chiediamo che l’Agenzia ci risponda per iscritto alla richiesta di proroga e in caso di diniego chiediamo che metta per iscritto quello che ha comunicato verbalmente ad un legale: tanto le revisioni non vengono mai accolte (A CHI L’HANNO DETTO?).
Ci rifiutiamo di accettare questa sentenza già data e vogliamo continuare a credere nella corretta applicazione della legge, così come i nostri genitori ci hanno sempre insegnato.
E se la Corte di appello in sede di revisione riuscisse a travolgere le prove documentali di questa provenienza certa della nostra casa di abitazione, pubblicamente ci impegniamo a lasciare la nostra casa, senza necessità di sgomberi forzosi, telecamere e titoloni di questo grande intervento.


Bevilacqua RaffaeleRaffaele Bevilacqua, 64 anni, era avvocato penalista molto quotato e tra la fine degli anni ’80 e di primi anni ’90 venne eletto consigliere provinciale nelle liste della Democrazia cristiana. Nel 1992 Bevilacqua venne arrestato nell’ambito dell’operazione Leopardo per associazione mafiosa sulla base delle dichiarazioni dei pentiti Messina e Severino. Viene nuovamente coinvolto in un’inchiesta antimafia nel 2003 e poi nel 2006 quando viene accusato di essere stato uno dei mandanti del delitto Calcagno, per il quale è stato condannato all’ergastolo.
A seguito dell’inchiesta Leopardo, nel 1997 fu disposto il sequestro di tutti i beni, ma il procedimento non ebbe seguito a fronte di atti e documenti che i giudici ritennero di lecita provenienza e congruo ai redditi dei coniugi Bevilacqua. Nel 2005 dopo le nuove accuse contestategli dalla Dda nissena, viene disposto nuovamente il sequestro sul patrimonio che comunque è immutato rispetto al 1997. Nel 2008 viene disposta la confisca che riguarda anche la casa di Barrafranca in cui vive ancora la sua famiglia composta dalla moglie e dai quattro figli.