Dichiarazione del pentito Angelo Di Dio

Una guerra tra due nuclei familiari per cercare di avere il sopravvento nel campo delle estersioni e delle protezioni; una guerra che dal 1999 al 2002 ha provocato diversi omicidi e tentati omicidi in provincia di Enna; nel mirino anche lo stesso capo mafia, Gaetano Leonardo, ed il figlio Angelo, per passare il comando della famiglia di Cosa Nostra a Giovanni Mattiolo , mentre per la ricezione dei soldi, provenienti dalle estorsioni ci avrebbero pensato Liborio Di Dio, al figlio Angelo ed al genero Filippo Speziale. Le dichiarazioni dell’ex giocatore dell’Enna Calcio, Angelo Di Dio, ieri mattina , interrogato in video conferenza dal Sostituto Procuratore della DDA di Caltanissetta, Roberto Condorelli, nel corso della terza udienza del processo “Parafulmine” ha confermato, sostanzialmente, quanto detto dal cognato Speziale in merito agli omicidi di Antonio Timpanaro e di Francesco Romeo, eseguiti dai due collaboranti di giustizia e di cui sono stati trovati le armi dalla squadra Mobile ennese , e dei tentati omicidi di Salvatore Privitelli, nei pressi di Cerami, e di Angelo Di Dio, figlio di Gaetano, ad Enna bassa. Angelo Di Dio non ha avuto difficoltà a dichiarare di essere stato coinvolto in prima persona negli omicidi e nei tentati omicidi, perché era in programma un ribaltamento della situazione all’interno della famiglia di Cosa Nostra. “Io, mio padre e mio cognato Filippo volevamo, con la collaborazione di Giovanni Mattiolo, effettuare il cambio al vertice della famiglia – ha dichiarato Angelo Di Dio – Ecco perchè avevamo programmato l’uccisione non solo di chi stava vicino a mio zio Gaetano (Timpanaro, Romeo, Privitelli), ma anche gli omicidi di mio zio Gaetano e del figlio Angelo, in modo da rimanere da soli a gestire Enna nelle astersioni e nella protezione, trovando collaborazione nella famiglia di Barrafranca. Giovanni Mattiolo ci serviva come nome di uomo di rispetto per poter andare a chiedere i soldi delle estorsioni a suo nome”. In queste dichiarazioni Angelo Di Dio ha coinvolto il padre Liborio, il quale non solo conosceva gli obiettivi dei due cognati, ma addirittura aveva partecipato, specie nel tentato omicidio di Privitelli, ad alcuni appostamenti per conoscere i suoi movimenti ed intervenire al momento opportuno. Angelo Di Dio ha anche sostenuto che il padre Liborio aveva commesso due omicidi (uno ad Enna ed uno a Barrafranca) per cercare di far parte (intorno al 1980) del vertice della famiglia di Cosa Nostra. Ancora una volta è stato ribadito che dalle estorsioni dell’ospedale di contrada Ferrante alla famiglia Di Dio erano arrivate delle briciole (appena un milione e duecento mila lire al meso) visto che la maggior parte della somma ottenuta (800 milioni) era andata a Gaetano Leonardo ed Antonio Timpanaro. Tutto questo aveva provocato una reazione all’interno della famiglia Di Dio, che si sentiva emarginata, e ,quindi, iniziavano a nascere dei contrasti, iniziava a nascere l’idea di soppiantare Gaetano Leonardo al vertice della famiglia di Cosa Nostra, eliminando tutto il suo gruppo, iniziando proprio dal suo esattore, vale a dire Antonio Timpanaro. Angelo Di Dio ha raccontato l’iter e l’esecuzione degli omicidi di Antonio Timpanaro e di Francesco Romeo. Per ben due volte, nel corso dell’interrogatorio, si è bloccato il collegamento con il carcere di massima sicurezza dove lo stesso si trova ristretto; assisteva alle dichiarazioni di Angelo Di Dio, in videoconferenza , anche il padre Liborio. Questa mattina , sempre in videoconferenza ci sarà il contro interrogatorio da parte degli avvocati difensori degli imputati di questo processo.

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redazione-vivienna