Salvalarte Belice: Castelvetrano – Partanna

Ultime tappe del viaggio di Salvalarte, la manifestazione organizzata dal Dipartimento ai Beni Culturali di Legambiente Sicilia, nella Valle del Belìce. Domani, domenica 24 maggio, la campagna si concluderà con tre appuntamenti a Castelvetrano e Partanna.
Il programma:
CASTELVETRANO
– ore 9.30, escursione naturalistica nella Riserva Naturale Foce del Fiume Belìce e dune limitrofe.
Appuntamento all’ingresso di Marinella-Selinunte, in via della Pineta. La visita sarà guidata da Roberto Fiorentino, Ispettore delle riserve provincia regionale di Trapani.
PARTANNA
– ore 16.30, visita delle Chiese di Sant’Andrea e della Madonna del Carmelo. Appuntamento al campanile di San Francesco. La visita sarà guidata da Domenico De Gennaro, assessore alla cultura del Comune di Partanna
– ore 18.30,Castello Grifeo, presentazione del libro “Belìce 1968-2008: barocco perduto, barocco
dimenticato” a cura di Giuseppe Antista e Domenica Sutera.
Partecipano: Giovanni Cuttone, sindaco di Partanna; Domenico De Gennaro, assessore alla cultura di Partanna; Prof. Marco Rosario Nobile; Giuseppe Gini, Soprintendente Beni Culturali di Trapani; Don Leo Di Simone, direttore beni culturali della Diocesi di Mazara del vallo.

La Riserva Naturale Foce del Fiume Belìce è stata istituita nel marzo 1984 “al fine di una conservazione e ricostituzione delle formazioni dunali, della flora e della fauna tipica delle dune”.
Si sviluppa lungo il tratto costiero che va da Marinella di Selinunte al promontorio di Porto Palo per una lunghezza di 4 Km. e una superficie complessiva di 241 ettari.
Il paesaggio della Riserva è caratterizzato dal Fiume Belìce, dal Mar Mediterraneo e dalle formazioni dunali. Tali ambienti sono ormai quasi del tutto scomparsi in Sicilia inghiottiti dal cemento e dalle strade costruite lungo le zone costiere.

Il complesso monumentale dei Cappuccini comprende la Chiesa dedicata a Sant’Andrea e l’annesso Convento dei Cappuccini fondato nel 1598 per volere del barone Guglielmo Graffeo. La Chiesa è sicuramente antecedente alla costruzione del Convento, infatti in un documento dell’Archivio Segreto Vaticano, risalente al XIII secolo, era l’unica Chiesa sottoposta a tassazione. Solo nel 1604 al Convento fu assegnato un padre guardiano con i frati cappuccini per volere del barone Mario Grifeo. In questo complesso monumentale era conservato un Crocifisso di ottima fattura che oggi si trova collocato nella cappella della Chiesa-rudere del Purgatorio; busti lignei con reliquie di santi custoditi nella Chiesa della Libera. La Chiesa, così come l’abbiamo vista fino al 1968, è stata sistemata nel XVIII secolo. Attualmente, nonostante la precarietà, rimane ornata con sarcofagi e stele funerarie che ricordano cittadini illustri di Partanna. Nei primi mesi del 2009, a cura della Soprintendenza di Trapani, la Chiesa è stata messa in sicurezza per approntare un futuro progetto e permettere l’ingresso al V campo del cimitero cittadino.

Il primo complesso monumentale del Carmelo, non più esistente, era posto lateralmente al Castello Grifeo, dove oggi è sita la Chiesa di Maria Santissima dei Peccatori. Lo storico Varvaro Bruno lo fa risalire al 1423 ed a quella data era dedicato all’Annunziata. In questa prima Chiesa lavorò Franz Laurana che scolpì la Madonna dell’Udienza che oggi si venera nella Chiesa del Carmine Nuovo in via Libertà. Il complesso monumentale del Carmine Nuovo fu voluto fortemente dal partannese padre Benedetto Maria Calandra, che in seguito diventò Provinciale dei Carmelitani. Il principe Mario III Grifeo diede l’assenso per la costruzione del nuovo complesso l’1 luglio del 1646. Il Convento fu abitato dai Carmelitani fino al 1866 anno in cui furono soppresse le comunità religiose ed in seguito fu trasformato in ospedale che rimase attivo fino all’evento sismico del 1968. Attualmente attende un dignitoso restauro per essere restituito alla città. La Chiesa crollò parzialmente ed in quanto parrocchia fu ricostruita durante gli anni Ottanta del secolo scorso e riaperta al culto. E’ ricca di notevoli opere d’arte provenienti da altri edifici sacri non più esistenti.

Gran parte del patrimonio architettonico d’età barocca di molte città della Valle del Belìce è stato cancellato o drammaticamente mutilato dagli effetti del terremoto del 1968.
Esiste una storia del barocco scomparso che può correggere o migliorare la nostra comprensione di un lungo periodo? Per molte tra le architetture perdute d’età barocca della Valle del Belìce e per il loro ruolo urbano si può fare solo riferimento a rare fotografie, ma queste non bastano e vanno intrecciate ad altre informazioni documentarie.
Quanto alcuni decenni fa poteva essere considerato provinciale, accessorio, dimenticabile, rivela oggi valori aggiuntivi insospettabili e spesso decisivi per comprendere scelte e percorsi di modelli nella Sicilia occidentale. Per secoli la Valle del Belìce si colloca in una concreta linea di confine tra gli ambiti di pertinenza e diffusione di due città – Palermo e Trapani – che tendono a esportare modelli, progetti e progettisti. Il Belìce è anche un agevole percorso di collegamento tra il Tirreno e il Canale di Sicilia e alle estremità si collocano importanti città e scali portuali. Ciò può essere utile per rilevare e spiegare tradizioni, emulazioni e “connessioni interne” nell’ambito di un vasto, ma omogeneo comprensorio territoriale; eppure il Belìce conserva anche sorprese che necessitano di interpretazioni più problematiche.
Lo studio, a più voci, che il volume “Belìce 1968-2008: barocco perduto, barocco dimenticato” propone intende per il momento sollevare alcuni problemi storiografici, ma l’obiettivo iniziale, e solo parzialmente raggiungibile, rimane quello di riaprire, con il dibattito, i circuiti di una memoria collettiva troppo presto e troppo velocemente accantonata.
A quarant’anni dal sisma, approfondire lo studio di architetture scomparse, radicalmente trasformate o dimenticate appare dunque una sfida necessaria, per restituire identità e valore a un’intera civiltà perduta, per reinserire opere preziose nel lungo e affascinante percorso della storia dell’architettura siciliana.

Teresa Campagna
Alessandra Ferraro