Enna. Dopo Guttuso mostra antologica al castello di Lombardia

Dopo la mostra dedicata ai 32 inediti di Renato Guttuso il comune di Enna, impegnato in un progetto di rivalutazione culturale del suo territorio, dedica una mostra antologica a Lorenzo Maria Bottari, personalità artistica di rilievo nel panorama internazionale contemporaneo.
La mostra raccoglie un significativo corpus di opere, che vanno dalla fine degli anni sessanta sino ad oggi, attraverso il quale è possibile tracciare una breve ma significativa cronistoria dell’artista. La mostra sarà inaugurata domenica prossima, 11 aprile, alle ore 18 alla sala del Castello di Lombardia e rimarrà aperta ogni giorno dalle 10 alle 18 fino al 10 maggio prossimo.

La mostra raccoglie un significativo corpus di opere, che vanno dalla fine degli anni Sessanta sino ad oggi, attraverso il quale è possibile tracciare una breve ma significativa cronistoria dell’artista.
Un nuovo Efesto, Lorenzo Maria Bottari, che, contrariamente a quello dei racconti mitologici, fa del mondo la propria fucina. Da questa si liberano creature dai colori ora della folgore, ora della tenerezza evanescente, ma sempre, tuttavia, soggette all’azione ammorbidente del fuoco.
Artista prolifico mai pago del proprio girovagare tra i luoghi corruschi della mente e fra quelli contaminati della realtà, i cui odori, liquori e sapori intridono inevitabilmente il corpo della materia pittorica, Bottari è un pittore che ha sempre creduto nel valore dell’immagine, e ne ha sviluppato, in tutta la sua opera, la volontà iconografica contro l’iconoclastia dell’arte minimale e concettuale.
Il suo linguaggio non riconducibile ad alcuna scuola, nella sua assoluta originalità è costruito per contaminazioni: da Lam a Brauner, da Picasso a Dalì, fino a Guttuso (Franco Solmi). Nella sua pittura si riflette il respiro internazionale di incontri e amicizie feconde con artisti affermati, come i già citati Guttuso e Lam, il fotografo londinese Angus Mc Bean, ed ancora Ibrahim Kodra e Corrado Cagli, solo per citarne alcuni. Dopo l’attraversamento/superamento della fase dell’I.S.P. (Ipersurrealistpoint), a cui Bottari da vita intorno al 1970, il suo linguaggio giunge a piena maturazione intorno agli anni ’90, quando la fantasia dell’artista, ritornato alla pittura libera, inventa l’ippogrifo e la libellula meccanici. “Teneri mostri alati, diavoletti, pinze, farfalle”, come li definì Guttuso; a partire da questa data si ritrovano come simboli araldici in quasi tutte le sue opere. L’ippogrifo meccanico, con le danze, i giochi lascivi, violenti, innocenti delle sue forme cangianti, nasce come prodotto della civiltà tecnologica e cibernetica. A distanza di vent’anni rappresenta la mutevole e sfaccettata proiezione dell’artista stesso nel mondo, svelando il proprio significato di antidoto e talismano contro il dissolversi del senso e dei valori e imponendosi come trasfigurazione/personificazione di quel genius, divinità latina dai confini incerti, che veglia sulla nascita e sulla vita dell’uomo e delle sue istituzioni.
Nella produzione più recente la maglia dei simboli diviene indecifrabile ed è spesso inserita all’interno di una tessitura geometrica che scandisce i differenti piani prospettici. Pulsioni e sentimenti sono ricondotti nell’alveo della ragione e raffigurati in un luogo simbolico e metafisico in cui avanzano, come la Venere Morgantina (Marzo 2010), nuovi simulacri di una classicità archetipa non più attualizzabile. In tal senso nella pittura di Bottari il luogo del passato appare striato da diacronie dovute all’erranza di miti che ineluttabilmente occupano il luogo del presente.
Dedicata alla città di Enna la Venere Morgantina è l’immagine di un passato che non smette mai di durare, è un fantasma inopinatamente ancorato alla dimensione tellurica, è la presenza immanente dell’assenza, oltre la quale c’è l’invisibile.

Elvira D’Angelo (storica e critica d’arte. Catania, 26 marzo 2010)