Enna. Si divide in due tronconi il processo nei confronti di chi ha gestito male la comunità per minori e disabili “il Quadrifoglio” perché ci sono stati tre rinvii a giudizio, dinanzi ad un tribunale collegiale mentre quattro saranno i riti abbreviati da discutere davanti al Gup e a porte chiuse. Come si ricorderà gli agenti della squadra mobile ennese aveva scoperto che all’interno della comunità c’erano dei presunti maltrattamenti per i bambini, alimentazione scadente ed a volte con prodotti scaduti, presunte distrazioni di denaro pubblico. Il Gup David Salvucci ha rinviato a giudizio l’ex amministratrice del Quadrifoglio Olimpia Arangio, difesa dall’avvocato Antonio Impellizzeri, e i dipendenti Stefania Cardaci, difesa dall’avvocato Michele Caruso, e Fabrizio Russo, difeso dall’avvocato Sergio Chiarenza del foro di Catania. Per questi tre il processo, con la formula del giudizio ordinario, si aprirà il prossimo 14 luglio. Saranno processati col rito abbreviato, inizio il 23 settembre, davanti lo stesso Gup Salvucci, gli operatori Mario Marasà, che era il più stretto collaboratore della Arangio, Francesco Maddalena, Luigi Riviera e Cristian Gino Tinebra, quattro dei sette dipendenti per cui il PM Marcello Cozzolino aveva chiesto diversi mesi fa il rinvio a giudizi. I quattro hanno scelto il rito abbreviato e sono difesi dagli avvocati Giovanni Palermo e Giuliana Conte. Ad Olimpia Arangio vengono contestati diversi reati tra cui quello di avere utilizzato dei fondi, ricevuti da vari enti, Regione compresa, della casa di accoglienza per scopi personali. Olimpia Arangio si è, comunque, professata innocente ed il difensore ha dichiarato che esistono elementi concreti che consentiranno di chiarire la posizione della sua assistita e dimostrare che non c’è stato spreco di soldi. Per Maddalena, Riviera, Tinebra e Cardaci l’accusa è di avere maltratto i bambini anche sul piano fisico, privandoli a volte del cibo o minacciando di non fare loro incontrare i familiari; alcuni di essi familiari che si sono costituiti parte civile, oltre ad alcuni dipendenti ed i comuni di Enna e Troina, che pagavano le rette per bambini che dovevano essere assistiti al meglio dalla casa di accoglienza.