Villarosa. “Maternità e fraternità”: Carcere senza sbarre per donne e bambini

Questa mattina presso una villa confiscata alla criminalità organizzata in territorio del Comune di Villarosa, sulla strada per la diga Morello, e trasferita al patrimonio dell’Ente territoriale per essere destinata a finalità sociali, si è tenuta una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduta dal Prefetto di Enna dott.ssa Giuliana Perrotta.

Alla riunione erano presenti oltre ai componenti di diritto – ossia il rappresentante della Provincia Regionale e delle Forze dell’Ordine e il Sindaco del Comune di Villarosa – il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, il Procuratore della Procura dei Minori di Caltanissetta, il rappresentante del Tribunale dei Minori di Caltanissetta, il Dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Villarosa e il presidente della fondazione Mons. Di Vincenzo.

La riunione del COSP è stata l’occasione per analizzare in modo sinergico, con la collaborazione delle istituzioni e del partenariato privato, le criticità socio- economiche che caratterizzano il comune di Villarosa e che possono avere delle conseguenze sull’ordine e la sicurezza pubblica. La comunità che conta poco più di 5.000 abitanti presenta un tasso di delittuosità leggermente superiore a quello provinciale, ma a differenza di altre realtà locali, tale incremento non è imputabile a quelle fattispecie delittuose che possono essere sintomatiche della fenomenologia spesso sommersa del racket e dell’usura quali i danneggiamenti anche tramite incendi, ma alle denunce per lesioni dolose e minacce e ingiurie. Tale tipologia di reati è sintomatica di una comunità locale caratterizzata da una forte conflittualità che sfocia anche in episodi di violenza, e il quadro è aggravato, secondo quanto rappresentato dal dirigente scolastico, da una forte mortalità scolastica e da parecchi episodi di disagio giovanile che hanno comportato anche l’intervento, per alcuni casi, del Tribunale dei Minori.
Inoltre, il Comune di Villarosa è conosciuto alle cronache giudiziarie per la presenza di una criminalità organizzata di stampo mafioso che ha portato alla confisca in tale Comune di ben n.11 immobili sui n. 38 confiscati in tutta la provincia di Enna dal 2002 ad oggi.
Ed è in due di questi beni che verrà realizzato il progetto Carcere senza sbarre dedicato alle detenute madri, un carcere diverso, secondo in Italia essendone stato realizzato solo un’altro in Lombardia che attraverso il lavoro mira al recupero delle detenute evitando nel contempo di sottoporre al duro regime di detenzione anche i figli in tenera età delle stesse.
I risultati della riunione hanno confortato nel ritenere che il lavoro sinergico delle istituzioni può permettere di individuare delle soluzioni alle criticità che se misconosciute costituiscono un fattore di disgregazione per la società civile:

• Verranno realizzati dei servizi di controllo del territorio che vedranno la partecipazione congiunta dei rappresentanti delle Forze di Polizia e del Corpo dei vigili urbani;
• L’A.S.P., assente nonostante espressamente invitata alla riunione, verrà sollecitata a dedicare maggiore attenzione alle necessità di supporto sociale di alcune fasce della popolazione, implementando i giorni di presenza degli assistenti sociali e dello psicologo presso il del consultorio e le verifiche sul campo;
• Verrà avviato dal gruppo di supporto istituito dal Dirigente scolastico dell’istituto comprensivo un attento monitoraggio delle ipotesi di dispersione scolastica per agire in modo preventivo nei confronti di famiglie che necessitano di un supporto esterno da parte delle istituzioni e che possa evitare nei casi più gravi l’allontanamento dei minori dall’ambito familiare;
• Verranno a breve completate le procedure per l’utilizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata ed insistenti nella contrada Quattro Aratate del Comune di Villarosa al fine di una loro restituzione alla comunità civile, con il conseguente avvio di un percorso virtuoso che comporti un’ipotesi di sviluppo economico e sociale anche per la collettività. In esecuzione del protocollo d’intesa sottoscritto dal Ministro della giustizia, dal Prefetto di Enna, dal Sindaco del Comune di Villarosa e dal Presidente della Fondazione Mons. Di Vincenzo, la realizzazione del carcere senza sbarre comporterà la creazione dell’asilo nido e svilupperà un interland a supporto delle attività manifatturiere da realizzare nell’immobile.
Per la realizzazione del “Carcere senza sbarre” il Sindaco ha presentato due progetti, approvati dal COSP, per accedere ai finanziamenti del PON Sicurezza: misura 2.5 Migliorare la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata e misura 2.6 Contenere gli effetti delle manifestazioni di devianza.

Sono oltre 63.000 i detenuti presenti ad oggi nelle carceri italiane, il 25% in più della capienza massima consentita (59.712 unità) e la situazione non certo è migliorata con l’indulto del luglio 2006.
È per affrontare in modo innovativo il recupero sociale della popolazione carceraria e portare parole e interventi concreti di speranza e lavoro facendo rivivere la lezione sturziana dell’aiuto agli “ultimi” che Rinnovamento nello Spirito Santo ha voluto dar vita e dedicare l’ultima giornata del Convegno internazionale sturziano in corso in Sicilia alla presentazione degli innovativi progetti sociali che sta portando avanti. Per entità, modalità di intervento, ampiezza dei soggetti coinvolti e prassi operative e spirituali, questi progetti non hanno uguali ad oggi in Italia e potranno costituire un modello di lavoro che verrà presto sperimentato in altre Regioni, prime fra tutte Campania, Lazio, Veneto, Lombardia.
Tre in sintesi, gli assi principali di questo intervento: la prima Agenzia Nazionale Reinserimento e Lavoro (Anrel), il Polo di eccellenza per l’accompagnamento spirituale e la professionalizzazione per ex detenuti e per le loro famiglie, una struttura dedicata a donne detenute con figli realizzata all’interno di due ville confiscate alla mafia.

L’Agenzia nazionale reinserimento e lavoro (Anrel) è nata dalla Convenzione tra Ministero della Giustizia e Fondazione “Mons. Francesco Di Vincenzo”, realizzato in collaborazione con Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Comitato nazionale per il microcredito, Regione Lombardia, Regione Veneto, Regione Lazio, Regione Campania, Regione Sicilia, Caritas italiana, Rinnovamento nello Spirito Santo, Acli, Coldiretti, Fondazione “Sviluppo oasi città aperta”.
Il progetto, che ha già ricevuto finanziamento triennale, è rivolto a detenuti con una pena residua inferiore ai tre anni, ad ex detenuti a rischio di recidiva e privi di tutela per il reinserimento sociale e alle loro famiglie, con la finalità di creare percorsi di formazione professionale e reinserimento lavorativo ma non solo; l’obiettivo infatti è quello di operare come un vero e proprio incubatore di impresa.
Per agevolare l’incontro di domanda e offerta di lavoro sarà costituita una Banca dati nazionale che conterrà i profili significativi dei soggetti entrati nei percorsi di reinserimento, desiderosi di avviare un’impresa o di essere collocati in enti pubblici e privati.
Presso gli istituti penitenziari saranno aperti Centri di consulenza rivolti ai detenuti e ai loro familiari, per la diffusione di bandi di informazione relativi alla formazione umana e professionale e per la selezione delle domande di lavoro. Inoltre gli operatori della Fondazione abilitati ai colloqui creeranno schede personali dei detenuti per la selezione dei soggetti da avviare ai programmi di formazione e orientamento annuali. I Centri si occuperanno inoltre dell’organizzazione di convegni e giornate di studio sui temi della formazione professionale, delle pari opportunità e delle problematiche del reinserimento.
Non ultimo, l’Agenzia sarà anche un tavolo di raccordo tra associazioni di volontariato sociale e organizzazioni di Terzo settore interessate all’impiego lavorativo di detenuti ed ex detenuti.

“Non basta sfollare le carceri o costruirne altre per risolvere il problema dell’alta percentuale di recidiva – ha dichiarato Salvatore Martinez Presidente della Fondazione “Mons. Di Vincenzo” e di Rinnovamento nello Spirito Santo – il lavoro nelle carceri per il recupero spirituale e sociale dei detenuti è il vero unico antidoto alla recidività della condotta criminale. Le statistiche dimostrano che le persone a cui viene data l’opportunità di ricostruirsi una vita scelgono di non tornare a delinquere. L’obiettivo con il quale operiamo – ha concluso Martinez – è quello di sperimentare un modello di intervento innovativo, per recuperare alla comunità persone che sappiano intraprendere la strada della responsabilità personale, uscendo dalle pratiche assistenzialiste e imparando a utilizzare il capitale per generare valore e valori”.

Il Protocollo d’intesa siglato tra Comitato nazionale per il microcredito e Fondazione “Francesco Di Vincenzo” garantisce la potenzialità concreta di attivare interventi di micro-finanza e una programmaticità a maggior respiro temporale. Sin dal momento della formazione, realizzata all’interno di contesti produttivi selezionati, entro i quali maturare competenze in linea con le richieste del mercato, il detenuto sarà accompagnato nella realizzazione di un programma di micro-finanza finalizzato alla creazione di impresa, all’ottenimento di borse lavoro o alla costituzione di cooperative sociali, sulla base di un progetto di provata fattibilità. Particolare attenzione sarà riservata alle madri con figli minori a carico.
I progetti saranno realizzati facendo leva su un Fondo di garanzia costituito appositamente, che sarà alimentato da Enti pubblici e privati, e da istituzioni finanziarie e creditizie che ne condividano le finalità, anche attraverso la eventuale devoluzione al Fondo di beni e patrimoni confiscati alle organizzazioni criminali. Caratteristiche comuni dei progetti messi in campo saranno la sostenibilità e la riproducibilità.

Prima importante esperienza che rientrerà tra gli interventi inquadrabili in Anrel, l’attivazione del Polo di Eccellenza e promozione umana per formare e reinserire detenuti a 3 anni dal fine pena, ex detenuti e sostenere le loro famiglie. Avviato nel 2003 dalla Fondazione “Mons. Di Vincenzo” e dalla Caritas italiana su un Fondo agricolo di 52 ettari appartenuto agli Sturzo, oggi il Polo si arricchisce di nuovi insediamenti per realizzare produzioni agricole, apprendere mestieri e tecniche artigianali per la lavorazione del ferro e della ceramica.