Dal 1990 è direttore artistico della sigla Mda Produzioni Danza, compagnia stabile di produzione coreografica.
• Progetto e poi Associazione “Teatri di Pietra”: quali erano le sue aspettative, e ad oggi quali sono i risultati ottenuti?
Le aspettative riguardavano la creazione di una rete dei siti archeologici monumentali minori. la Sicilia ha il più vasto numero di giacimenti archeologici monumentali in Italia,e non solo ma l’iniziativa non ha trovato nessuna strategia da parte degli enti preposti: il Ministero, la Regione, gli assessorati competenti: è mancato un appoggio, un sostegno: in 6 edizioni, la Regione è intervenuta per sole due volte. Ma la responsabilità diretta di tale abbandono non appartiene ad una sola persona o ente governativo, ma è propria di una disattenzione metodica che sa proprio di volontà di affossamento di tutto quello che è un patrimonio identitario; le aspettative sono state un po’ disattese si.
• Quindi la politica cosa non ha capito della cultura?
In realtà non c’è una politica della cultura: non ci sono investimenti, i quali presuppongono la messa a disposizione di risorse secondo un piano strategico, e sinora non ve n’è stato uno che potesse coniugare tutte le dizioni di “Teatri di pietra”
• Sempre restando sul tema, lei ha affermato una volta:“Quando “direttori artistici” e “consulenti” fanno cartelloni in cui teatro, danza e musica sono titoli messi insieme senza ordine e logica e molti stimati di nicchia solo perchè accostati a serate con personaggi televisivi e mediatici”. Sono troppi coloro che si danno a più facili guadagni offerti dalla televisione?. E’ la televisione ad invadere il teatro in questo senso, o anch’esso che cerca visibilità attraverso la tv?
Il mio pensiero non riguardava tanto la questione specifica della “popolazione artistica”, nei direttori artistici c’è una grande responsabilità: cioè, dover svolgere un programma di direzione artistica rispettando il principio del “contesto”. I teatri, sono come altri luoghi dedicati: le chiese sono il luogo in cui la gente sceglie di pregare, le scuole dei locali adibiti all’apprendimento e così via; i teatri, sono dei luoghi dedicati ad ospitare, non come una piazza una fruizione indistinta di persone, ma solo quelle persone che si riconoscono in una comunità che si riconosce insieme ad assistere a qualche cosa Ogni luogo esige una sua identità; e c’è chi non vuole salvaguardare tale identità.
• Passando a lei.. Dalla danza classica allo studio del mimo corporeo (secondo Decroux); dal teatro orientale, alla coreografia, alla Commedia dell’Arte, c’è qualche altra “arte” che le piacerebbe ancora scoprire o approfondire?
Non c’è una selezione di linguaggi da parte mia. Tutte le mie esperienze precedenti sono state fortunatamente digerite, cioè rielaborate. Oggi l’attenzione maggiore, è di liberare la scena da ogni compromissione con la tecnologia; questo perché, nello spettacolo si sta verificando l’involuto: il teatro rifà se stesso, non inventa più teatro e lo chiama nuovo solo perché usa o abusa la tecnologia. Si produce serialità con i principio corrotto dell’autenticità del prodotto. L’arte cui aspiro, bisognerebbe inventarla, perché sarebbe l’arte di tirar via le tecnologie dalla scena
• Come curare,ed evitare una paura piuttosto comune: cioè quella di sbagliare, in scena?
Non c’è sbaglio nella scena se non: la non autenticità dell’interprete e di colui che gli chiede di fare delle cose in scena. Non c’è testo che detto male sia più grave della non autenticità. E questo, è uno sbaglio cui non si può rimediare.
Aurica Livia D’Alotto
Foto di Maria Catalano