Da oltre cento anni le Settimane sociali dei cattolici italiani hanno accompagnato l’elaborazione teorica ispirata la magistero sociale della Chiesa e la realizzazione pratica delle tante opere nate dalla fantasia della carità del movimento cattolico. La prima settimana sociale tenutasi a Pistoia nel settembre del 1907 aveva fra i temi principali: ”Movimento cattolico e azione sociale”.
Don Luigi Sturzo, che partecipò alla settimana sociale di Palermo del 1908 nella quale trattò il tema della autonomia comunale, pur riconoscendo che le Settimane sociali volevano imprimere “nuovo vigore al pensiero e allo sviluppo dottrinale dei cattolici” osservò che si sarebbero limitate “alla parte teorica”, “trasformando i dibattiti dei congressi in corsi di istruzione”.
Le Settimane sociali hanno oscillato fra le lezioni accademiche tenute da professori universitari in gran parte provenienti dall’Università Cattolica e le esperienze pratiche degli esponenti del movimento cattolico che volevano dare un taglio più popolare alle sessioni.
La preparazione della 46a Settimana Sociale che si svolgerà a Reggio Calabria ha cercato di contemperare le due esigenze del rigore scientifico e del coinvolgimento popolare della base ecclesiale attraverso una serie di iniziative. I membri del Comitato scientifico e organizzatore abbiamo partecipato ad una diecina di seminari in varie regioni italiane e ad altrettanti incontri di approfondimento, a venticinque incontri con le associazioni e i movimenti ecclesiali. Ci sono state diverse audizioni con economisti, esperti di politiche familiari, parlamentari, le tre reti di Scienza&Vita, Forum delle Associazioni Familiari, Retinopera. La pastorale giovanile ha organizzato una diecina di incontri nelle varie regioni mentre l’Azione cattolica ha organizzato 16 incontri regionali. In oltre trenta diocesi sono state attivate conferenze specifiche e inoltre sono state tenute quattro conferenze stampa per presentare i documenti e le iniziative del Comitato.
Frutto di questo ampio lavoro,caratterizzato soprattutto dall’ascolto, è stato il documento predatorio”Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” pubblicato il 1 maggio di quest’anno.
Uno dei leit-motiv è stata la nozione di bene comune, che come già affermava la “Dignitatis humanae”, è un insieme di condizioni, la produzione delle quali «spetta tanto ai cittadini, quanto ai gruppi sociali, ai poteri civili, alla Chiesa e agli altri gruppi religiosi: a ciascuno nel modo ad esso proprio, tenuto conto del loro specifico dovere verso il bene comune» (n. 6).
Si è inteso mettere a frutto la grande eredità che aveva ricevuto dalla Settimana Sociale del centenario (Pistoia-Pisa, 2007), che aveva richiamato la forza e la piena attualità della nozione di bene comune maturata nella esperienza storica dei cattolici e nel magistero della Chiesa. Si è cercato di declinare questo principio della dottrina sociale della Chiesa con uno specifico riferimento alla situazione del nostro Paese nel contesto di un mondo globalizzato. Si è partiti dalla convinzione che la responsabilità per il bene comune riguarda tutti e che non può essere esclusiva di alcuni settori della pastorale o di individui che ricoprono determinate cariche pubbliche. Inoltre si è sottolineato come il bene comune non è perseguibile se non dando il necessario respiro alle articolazioni della sussidiarietà e alla dinamiche della solidarietà di cui si era occupata l’enciclica di benedetto XVI “Caritas in Veritate”.
Invitando a lavorare tutti insieme un bene comune pluridimensionale abbiamo voluto rendere testimonianza della speranza cristiana che, senza confondersi con un facile ottimismo di maniera, “ è una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo umano integrale, cercato nella libertà e nella giustizia» come ha affermato Benedetto XVI(CV34).
Senza indulgere all’enfasi e al trionfalismo ci siamo chiesti se e quanto sia vero che l’Italia a centocinquantanni dalla sua unità nazionale sia un insieme di tante e varie risorse da valorizzare. Siamo convinti che Italia ha bisogno di riprendere a crescere anche attraverso un federalismo che sia unitario, solidale e realistico. Il Card. Angelo Bagnasco nel novembre 2009 aveva sintetizzato questa valutazione connettendola esplicitamente alla responsabilità di ciascuno per il bene comune: «Il Paese deve tornare a crescere, perché questa è la condizione fondamentale per una giustizia sociale che migliori le condizioni del nostro Meridione, dei giovani senza garanzie, delle famiglie monoreddito. (…) Ciascuno è chiamato in causa in quest’opera d’amore verso l’Italia: è una responsabilità grave che ricade su tutti, in primo luogo sui molti soggetti che hanno doveri politico-amministrativi, economico-finanziari, sociali, culturali, informativi» .
Nell’intraprendere quest’opera di declinazione, abbiamo trovato di grande aiuto alcuni aspetti della nozione di bene comune – bene di tutti e di ciascuno (cfr CV 7) , che non è compatibile con una teoria della società “al singolare”. Le famiglie, le associazioni a scopi economici, politici, religiosi o ricreativi hanno un’originalità che non può essere eliminata senza danno per il bene comune . Le loro logiche devono essere distinte, ma non possono essere isolate, potendo dar luogo a positive reciproche limitazioni e a positive “ibridazioni” in una società che non conosca solo scambio tra equivalenti (cfr CV 38).
Ci è sembrato che la prossima Settimana Sociale possa contribuire alla declinazione dell’idea di bene comune non elencando una serie di “tesi congressuali” ma proponendo “un’agenda di speranza” attraverso l’ individuazione di una breve lista di problemi cruciali e prioritari. Consideriamo “problema” non solo una difficoltà, una emergenza, l’oggetto di un denuncia, ma qualcosa che emerge dal confronto critico fra l’osservazione della realtà e un criterio prescrittivo. Nel problema nel senso da noi individuato c ‘è la compresenza di una determinata situazione e di alternative realistiche, di motivi ragionevoli e di spazi praticabili per soluzioni diverse e alternative, anche se non eticamente indifferenti
Questi problemi sono stati sintetizzati in se “parole chiave”: intraprendere,educare, includere le nuove presenze, slegare la mobilità sociale,completare la transizione istituzionale.
C’è quindi uno spazio ampio per la discussione fra i cattolici che vogliono concorrere al bene comune rendendo pubblicamente ragione della fecondità in campo sociale della propria fede. In questo dibattito bisogna tener presente la regola aurea , attribuita alla tradizione agostiniana, a cui si ispiravano i primi esponenti del movimento cattolico:”in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”. Bisogna essere in grado di conciliare la comune appartenenza ecclesiale e l’unità nelle questioni cosiddette “non negoziabili”, la libertà di discussione e di proposta nelle molte questioni opinabili, con la carità nella verità.
Don Luigi Sturzo in preparazione all’ultimo Congresso dell’Opera dei Congressi svoltosi a Bologna nel 1903 scrisse:” Pel nostro movimento cattolico l’in necesasriis è quanto prescrive il Papa[…]; l’ in dubiis è tutto quanto, in migliaia di vie e in un largo mondo di lavoro, è lasciato alla nostra mente e alla nostra volontà; e l ’in omnibus sono tutti i contatti e gli urti che nella diversità di pensare e di volere possono esservi fra gli uomini, uniti, organizzati, stretti in vincoli fraterni e in ragioni sociali. Ebbene fra l’ubbidienza e la carità, resta largo campo alla libertà in tutto quel che è opinabile; lasciateci liberi, liberi senza scomuniche, senza imposizioni, senza militarizzazioni, senza proscrizioni, liberi nel desiderio ardente di fare il bene e di arrivare alla meta”(Il Crociato, Discutendo prima del XIX congresso cattolico italiano, in “La Croce di Costantino”, 25 ottobre 1903).
Il documento preparatorio si conclude con l’affermazione che “l’amore e la speranza che orientano la visione e sostengono l’esercizio della responsabilità per il bene comune sono da noi continuamente ravvivate dall’Eucaristia, sacramento della Chiesa”(n.34). Non si tratta di un fervorino di circostanza ma della convinzione profonda che l’Eucaristia è “fonte e culmine” di tutta la vita cristiana e che «la “mistica” del Sacramento- come ha affermato Benedetto XVI- ha un carattere sociale» (DCE 14). “Partecipando all’Eucaristia siamo abilitati e invitati a vivere tutta la nostra vita secondo il progetto di vita personale e sociale di Gesù. Con radicale realismo, l’Eucaristia dice che la carità è l’orientamento di coloro che si sono lasciati attrarre da Cristo. Ciò significa anche comprendere e servire il bene comune in qualsiasi condizione, tempo e frangente, esercitando quel discernimento ecclesiale attraverso cui la carità si arricchisce di conoscenza ”(n.36).
Ci auguriamo che la Settimana Sociale di Reggio Calabria possa diventare per tutti i cattolici italiani un momento di leale dialogo, di discernimento comunitario e di impegno fattivo a servizio del bene di ognuno e di tutti, per la crescita spirituale, morale, sociale ed economica del nostro Paese.
Michele Pennisi
Vescovo di Piazza Armerina- Membro del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani