I nostri lettori certamente potranno farne le valutazioni che ritengono opportuno, noi non entriamo nel merito (anche in questo caso) a Voi l’ardua sentenza (forse non c’è bisogno di evocare i posteri perchè i contemporanei hanno ben presente …il nulla).
Comunicato stampa del Sindaco di Aidone: “Il viaggio di ritorno della magnifica statua di culto sta per cominciare e la BIT 2011 di Milano rappresenta l’ultima tappa comunicativa, prima della meta”
Giuseppe Oddo per Sole 24 Ore: “La sala che dovrà accoglierla è già stata allestita nel museo archeologico di Aidone, cinquemila abitanti in provincia di Enna. La statua, un blocco di circa sei quintali di calcare ibleo scolpito alla fine del quinto secolo avanti Cristo, partirà da Los Angeles il 16 marzo e arriverà a destinazione entro la fine dello stesso mese. Ritorna così nei suoi luoghi d’origine, dopo una trentina d’anni di “esilio” forzato negli Stati Uniti, la Venere di Morgantina, raro originale della scultura dei greci di Sicilia, in cui s’imbatterono negli anni ’80 alcuni fortunati saccheggiatori di tombe dell’antichità. Al suo seguito viaggeranno i tecnici del John Paul Getty Museum di Malibù incaricati del montaggio e dell’installazione.
È un vero e proprio giallo internazionale la vicenda che ruota intorno al ritrovamento della dea di Morgantina. Nel giugno del 1988 una rivista d’arte pubblica le dichiarazioni dell’ex direttore del Metropolitan museum di New York, Thomas Hoving, su una gigantesca figura di divinità in fase di acquisizione da parte del Getty museum di Malibù, in California. Hoving, che ha dovuto lasciare la guida del Metropolitan per le sue politiche di acquisto spregiudicate di reperti dell’antichità, sostiene caparbiamente che quella maestosa statua di due metri e trentasette di altezza spezzata in tre parti proviene dal sito di Morgantina. Hoving non parla per sentito dire. Nella località nei pressi di Aidone ha scavato per otto mesi, nel 1957, al seguito della missione archeologica dell’università di Princeton e qualcuno della zona con cui è rimasto in contatto deve avergli fatto una soffiata. La clamorosa rivelazione non impedisce al Getty museum, in trattativa da un anno con un intermediario, di perfezionare l’acquisto della statua il 23 luglio 1988.
Intanto, però, la notizia ha varcato l’oceano ed è arrivata all’orecchio di un magistrato del Tribunale di Enna, il giudice istruttore Silvio Raffiotta, che – coincidenza – sta conducendo un’inchiesta su un traffico di opere antiche sottratte illegalmente dal sito di Morgantina. Un tombarolo pentito, tale Giuseppe Mascara, ha raccontato a Raffiotta la storia di due acroliti (due teste raffiguranti Demetra e Persefone) e di 17 pezzi di argento dell’età ellenistica trafugati tutti a Morgantina e venduti all’estero. Gli argenti sono stati acquistati dal Metropolitan di New York e le teste da un ricco collezionista privato anch’esso americano: il re dei diamanti Maurice Templeton, l’ultimo compagno di Jacqueline Kennedy. Le dichiarazioni di Hoving avvalorano il quadro investigativo che va delineandosi alla procura di Enna.
Scattano le indagini, che si protrarranno per anni. Si scopre che il Getty museum ha acquistato per 18 milioni di dollari la Venere di Morgantina da uno dei più grandi mediatori internazionali di opere antiche, l’inglese Robin Symes, il quale l’avrebbe a sua volta comperata nel 1986 per 400mila dollari da un modesto tabaccaio svizzero di Lugano, Renzo Canavesi, che l’avrebbe ricevuta in eredità. La storia non sta in piedi, ovviamente. Il Getty museum, che nel 1998 dispone di un budget di 100 milioni di dollari per l’acquisizione di reperti archeologici, si mostra refrattario a qualsiasi richiesta di collaborazione. A sbloccare l’inchiesta è un accertamento petrografico sulla statua, che il ministero dei Beni culturali affida finalmente nel 1997 a Rosario Alaimo, professore di mineralogia dell’università di Palermo. L’esperto stabilisce che la pietra della Venere è di un calcare tipico dell’altopiano degli Iblei ed è identica a quella di altri reperti custoditi nel museo di Aidone. A Raffiotta, però, non resta che chiudere le indagini nel 1998 e trasferire gli incartamenti a Roma. Qualsiasi passo successivo spetta infatti al ministero dei Beni culturali. Ma per il recupero dei tesori illecitamente sottratti a Morgantina dovranno passare ancora anni.
Decisiva si rivela un’altra inchiesta, su un traffico internazionale di opere antiche rubate, avviata dalla Procura di Roma nel 2005. I magistrati della capitale si imbattono negli stessi personaggi emersi dalle indagini di Raffiotta alla fine degli anni ’80. Rispunta il nome di Symes e ritorna in ballo la storia degli acroliti, degli argenti e della Venere. Non solo: gli investigatori arrestano un noto ricettatore romano, Giacomo Medici, che sarà condannato a dieci anni di reclusione, nella cui abitazione trovano materiale fotografico di opere antiche smerciate illegalmente e lettere che comprovano i suoi rapporti con i più grandi musei americani. L’inchiesta rischia di travolgere in uno scandalo le più grandi istituzioni culturali d’oltreoceano e di svelare all’opinione pubblica internazionale e alla comunità scientifica le loro rapaci politiche di acquisizione di opere d’arte.
Cominciano a questo punto le restituzioni “spontanee”. Le teste di Demetra e Persefone finite nella collezione di Templeton ritornano in Sicilia nel 2009 e l’anno dopo il Metropolitan restituisce il tesoro di argenteria ellenistica. Ora tocca alla Venere, il pezzo forte. L’inaugurazione al pubblico potrebbe avvenire già a fine aprile, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
IL REPERTO
La Venere (Afrodite) di Morgantina è una statua alta 2,20 metri, e fu scolpita tra il 425 a.C. e il 400 a.C., durante il periodo nel quale Morgantina venne assegnata a Kamarina, dopo gli accordi di Gela (424 a.C.) voluti da Ermocrate
di Siracusa.
Il materiale utilizzato per scolpirla è il marmo, impiegato per il viso e per le parti del corpo nude, similarmente alle Metope di Selinunte. Il drappeggio è invece in tufo calcareo, che è stato accertato provenire dalla Sicilia, secondo le analisi effettuate dagli esperti dalla cava del fiume Irminio.
La Venere, a differenza di quasi tutte le altre statue dell’epoca, rifinite solo frontalmente, è lavorata da tutti i lati, dunque doveva essere esposta in un punto centrale, probabilmente nell’agorà di Morgantina. Secondo l’ipotesi di molti archeologi e studiosi la statua rappresenta la dea Persefone o la madre Demetra per via di una similtudine con una piccola statua in terracotta presso il Museo archeologico di Aidone. La Dea Persefone era particolarmente venerata a Morgantina presso il Santuario centrale e in quasi tutte le monete coniate dalla zecca di Morgantina è sempre raffigurata nel dritto”.
foto scaricate da Facebook – Pro Loco Aidone