Un bagliore di speranza in “Aspettando Godot”

Ugo Pagliai ed Eros Pagni in scena, a Catania, con “Aspettando Godot”. Ma chi è Godot, cos’è Godot? ce lo spiegano.

Una scenografia brulla, velata, un quadretto surreale si staglia davanti agli occhi. Un albero spoglio, biblico, non solo emblema cronologico, punto di riferimento di un appuntamento che richiederà un’attesa annunciata da un messaggero. Chi o cosa aspettano Estragone e Vladimiro? Aspettano Godot!
Andato in scena dall’8 al 20 Marzo al teatro Ambasciatori, presentato dal Teatro Stabile di Catania e prodotto dal Teatro Stabile di Genova, Aspettando Godot, con l’eccelsa regia di Marco Sciaccaluga, è stato interpretato da due Maestri del teatro italiano quali Ugo Pagliai ed Eros Pagni rispettivamente nei panni di Estragone e Vladimiro, due sorprendenti Gianluca Gobbi e Roberto Serpi, Pozzo e Lucky, e la brava Alice Arcuri nei panni del messaggero.
Aspettando Godot, opera scritta da Samuel Beckett tra il 1948 e il 1949, pubblicata in lingua francese nel 1952 è considerata un’opera – icona del teatro dell’Assurdo.in cui è dominante il tema dell’assurdità dell’esistenza.
È un’opera che ci ha fatto sorridere, un sorriso amaro che ci ha lasciato spunti di riflessione. Dell’opera ne abbiamo parlato con i due maestri Pagliai e Pagni.

  • Per due grandi attori come voi, com’è stato interpretare Aspettando Godot?

Non semplice, naturalmente. Fortunatamente abbiamo avuto un regista molto bravo, Marco Sciaccaluga con il quale, andando contro il filone dell’Assurdo, della negazione della vita, abbiamo optato per un’altra strada che è quella della ricerca della felicità, della gioia di vivere. Forse in nessun testo è presente, quanto in questo, la volontà, il desiderio di recepire, tramite il dialogo di due personaggi, dei messaggi per andare avanti, di sfogare le proprie inquietudini, le proprie tristezze e tragedie.

  • Aspettando Godot è diviso in 2 grandi atti all’interno dei quali è possibile discernere delle parti testuali- gestuali ricorrenti e il passaggio da una parte all’altra è caratterizzato da un vero e proprio refrain che evoca l’attesa di questo fantomatico Godot. “Andiamo via?” “non si può” perché? “ perché aspettiamo Godot”. Cosa rappresenta Godot?

A questo proposito bisognerebbe far rispondere Beckett che rispose a suo tempo dicendo: “non chiedetemelo perché non so rispondere, non so chi sia, inventatevelo voi” e allora noi ci inventiamo un’entità superiore, può essere Dio…
“Andiamo via” non si và, i due clochards restano dove sono aspettando questo famigerato Godot. Forse perché è assurdo, perché è assurdo sperare poiché la concretezza della vita di questi due derelitti viene a mancare, non sanno dare una spiegazione a se stessi, non sanno dire chi sono, perché ci sono e perché sono venuti al mondo.

  • Pozzo e Lucky, gli altri 2 protagonisti interpretati da Gianluca Gobbi e Roberto Serpi, sono due figure tanto comiche quanto tragiche, il regista, Marco Sciaccaluga, gli ha vestiti come i Drughi di Arancia Meccanica, l’uno rappresenta il potere, l’altro l’uomo-marionetta- l’intelletto quando gli viene chiesto d’esser pensante. Sono poi così tanto inverosimili? potrebbero essere visti come figure complementari di Estragone e Vladimiro?

No, non sono complementari, Pozzo è la rappresentanza del potere inteso come violenza, Lucky: la rappresentanza della sudditanza psicologica nei riguardi del padrone, un perdente che sopporta le atrocità che il padrone gli impone. Vladimiro ha un’ istintiva avversione verso pozzo e insieme ad Estragone provano pietà per Lucky.

  • Incomunicabilità, isolamento, alienazione angosciosa sono i temi sviluppati da Beckett. In questa visione negativa della vita, trovate un bagliore di positività, di speranza?

Certamente, Marco Sciaccaluga, come ha scritto, anche, nelle note di regia, ci ha voluto mettere nel team perché abbiamo entrambi interpretato Re Lear. Differentemente dal dilemma amletico Lear non dice “Morire, Dormire” ma “Non nascere” perché quando si nasce si piange. Vladimiro invece dice “Andiamo” perché c’è un’altra possibilità, c’è ancora una giustificazione per credere.

Greta Fiorito