Il ricatto del Prefetto risuona dentro l’auricolare del telefonino del sindaco Nigrelli: “Se ci sarà il sit-in, annullerò il tavolo tecnico con l’assessore Russo!”. Nigrelli si confonde, comincia a balbettare qualcosa, dentro di sé borbotta: “Riferirò agli organizzatori del Comitato il suo desiderio – dice diplomatico il primo cittadino – stia tranquilla riuscirò a persuaderli”.
Pochi minuti dopo squilla il telefono di Massimo Di Seri: è il sindaco. “Dimmi Carmelo, sono qui con gli altri – dice Di Seri al sindaco – stiamo organizzando, serviranno dai sei agli otto autobus, saremo più di un migliaio!”.
Dall’altra parte c’è silenzio. Di Seri insiste: “Carmelo …., Carmelo …; sei ancora in linea?”.
“Sì, sì, stavo pensando…..” risponde Nigrelli realizzando, tra sé e sé, che il problema vero sarà far digerire l’ordine del prefetto al Comitato.
“Il Prefetto non vuole la manifestazione – dice Nigrelli armandosi di coraggio – non la vuole a Enna, teme disordini! Mi ha detto che se non ritiriamo la richiesta per il sit-in, lei annullerà il tavolo tecnico”.
A questo punto il silenzio è dalla parte di Di Seri.
Nigrelli: “Massimo …., Massimo …., ci sei?”.
“Sì, sì, ci sono. …. Ma è un ricatto bello e buono, è contro la liberà di manifestare garantita dalla Costituzione, sono esterrefatto”, dice Di Seri, mentre poco a poco capisce che a Enna non vogliono alcuna pressione di popolo sotto le finestre della Prefettura. “E tu, cosa ne pensi?” chiede Massimo al sindaco.
“Ma, che dirti…, – risponde lui – sono sconvolto anch’io. Ma il tavolo tecnico è un’occasione importante. Se il prefetto lo annulla, perderemo la possibilità di incontrare Russo”.
Di Seri è rosso in viso, trattiene a stento la sua amarezza, ha un moto di rabbia, poi si morde la lingua, lui non bestemmia, ma, quasi, quasi, vorrebbe. “Che devo dirti, Carmelo – conclude – ne parlo agli altri e poi ti richiamo”. Chiude il telefonino e lo lancia sul tavolo con un moto di stizza: “Ci fanno un ricatto! – spiega ad alta voce agli altri, che già hanno capito. Nella sala scende il gelo. Per qualche secondo nessuno prende la parola, tutti elaborano il senso della violenza con cui il prefetto sta trattando una comunità già ferita.
“Che fare?” si interrogano tra di loro i membri del Comitato! Il silenzio imbarazzato di tutti è eloquente. “Ma il sindaco che dice di fare?” chiede un giovane a Massimo Di Seri. “Mi ha chiesto di restare tutti a Piazza Armerina, andrà lui al tavolo tecnico. Ci saranno altre occasioni per esprimere la protesta – riferisce Di Seri all’uditorio incredulo – per adesso è meglio smobilitare, mettiamoci in mezzo una notte, domani decideremo”.
Escono dalla sala, pochi passi e sono in piazza Garibaldi, l’aria è fresca: è una bellissima serata della primavera piazzese. L’orologio del Comune segna le tre meno cinque: è fermo da tre anni e continuerà a restare fermo. Il tempo non è più scandito, in piazza Garibaldi, dalle campane del Palazzo di Città. Ma sono le venti e parte lo scampanio della Chiesa di Fundrò: campane sante, accolgono nella piazza il Comitato, quasi a rinfrancare dalla delusione i combattenti ormai frustrati.
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Ubi maior minor cessat
Guglielmo Bongiovanni