In provincia di Enna Cosa Nostra preparò le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Enna e provincia sono stati sempre sotto il controllo della mafia, anche quando sembrava essere l’unica provincia esente dal fenomeno mafioso. A dichiararlo un autorevole personaggio come il Procuratore della Repubblica, Calogero Ferretti , che del fenomeno ha studiato avvenimenti e fatti del passato e lo ha fatto nel corso della manifestazione “I diritti negati”, organizzata da una scuola media del capoluogo presso l’auditorium “Falcone e Borsellino” al palazzo di Giustizia, presenti centinaia di ragazzi della scuola, insegnanti e tanta gente comune. Proprio in provincia di Enna le riunioni del vertice siciliano di Cosa Nostra prepararono gli agguati e le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di tanti altri eccedi di magistrati e di altri personaggi di primo piano. Anche Giovanbattista Tona, giudice di Caltanissetta e simbolo della lotta alla mafia, che lo scorso anno la Dda scoprì un piano, architettato dai boss di Gela, per ucciderlo e colpire pure la sua famiglia, ha confermato le parole del Procuratore ennese. Giovambattista Tona ha ricordato i due summit (ottobre 1991 e marzo 1992) in cui a Enna furono organizzate le stragi di Capaci e via D’Amelio e succede anche che un mafioso latitante molto ricercato come il gelese Emmanuello, trovi ospitalità in provincia di Enna. Il giudice Tona ha ricordato le fasi dell’uccisione del boss Daniele Emmanuello, uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo, morto mentre cercava di fuggire all’arresto a Villapriolo, il 3 dicembre 2007. Tona ha anche ricordato la lunga latitanza a Enna del boss nisseno Piddu Madonia. Ignazio Cutrò, imprenditore antimafia di Bivona in provincia di Agrigento ha raccontato la sua esperienza contro il racket, ha subito l’isolamento della sua famiglia, gli attentati e le denunce oltre venti in poco più di dieci anni. “Al mio paese mi chiamano “u sbirru” e io li ringrazio per questo – ha aggiunto Cutrò – mi offenderei se mi chiamassero “u mafiusu” o “Riina”. Vorrei che i mafiosi mi venissero a dire in faccia perché vogliono pagato il pizzo. I mafiosi mi hanno rovinato la vita, ma nessuno riuscirà a cacciarmi da Bivona”. Cutrò ha poi ringraziato i pochi politici che si sono interessati al suo caso. Il giudice Tona con voce commossa si è rivolto ai ragazzi dicendo “immaginate di avere a casa un piccolo alligatore, di dargli da mangiare tutti i giorni e poi diventa un coccodrillo così forte che viene a mangiare voi. Così è la mafia. Sappiamo che spesso gli adulti non sono in grado di dare il buon esempio, allora cercate di darlo voi, con la vostra sete di legalità, perché di certo i più grandi ne hanno bisogno”.