Enna: Miracolo Siza, boom di arrivi!

Tremila accreditamenti tra studenti, professionisti e stampa. Gente da tutte le parti della Sicilia, gruppi da Siracusa, moltissimi architetti da Palermo, e poi Toscana, Umbria, ma anche Grecia e Portogallo. Uno staff intensamente partecipe di studenti in maglietta blu, subito chiamati Sizaboys, diligenti e instancabili, sempre gentili nonostante il caldo, le infinite richieste dei partecipanti, gli imprevisti (comunque prevedibili) derivanti da videoconferenze problematiche, un complesso allocamento degli accreditati non disgiunto da un certo (incomprensibile) disinteresse per il lavoro dei giornalisti, e ritardi vari nell’inizio delle manifestazioni (taglio nastro della Mostra alle 19, con persone in attesa dalle 16).

Nulla che possa comunque sminuire la portata culturale di questa duegiorni con Alvaro Siza, a ragione definita “miracolo” dal curatore Maurizio Oddo che lo connette idealmente, filo che si annoda, alla visita a Enna nel 1952 di Alvar Aalto (ci rimane un suo schizzo, da qui, di Calascibetta). Enna come “luogo magico” che fatalmente riunisce due grandi maestri del Movimento Moderno in architettura, accomunati dall’attenzione al luogo e al tempo della vita, al problema della coesistenza tra gli umani, con la natura, con le cose – da risolvere non attraverso regole da dettare, formule compositive o principi teorici astratti, ma vivendo e interpretando la realtà.
Non a caso oggetto della Lectio Magistralis di Siza alla Kore non è teoria autodefinitoria ma, attraverso la concretezza di un progetto (ultimo in ordine di tempo, l’ampliamento della reception dell’Alhambra di Granada), il suo modus operandi. Dal primo contatto, agli studi paesistici, topografici, architettonici – senza tacere gli infiniti dubbi e difficoltà – fino alla soluzione. Raggiunta secondo quel principio che Dal Co definisce di “economia”, la precisione del modo, l’appropriatezza nel rispondere a una funzione.
Ma non solo. Ciò che rende unico e indimenticabile l’incontro, ciò che ne fa una semina foriera di raccolto, è quella coincidenza perfetta tra professione e uomo, che conferisce valenza esistenziale e spessore di filosofia a ogni parola di architetto. Il suo sapersi confrontare con le circostanze, sempre mutevoli; la sua capacità di disvelare e concretizzare la vera essenza di un luogo, spesso mascherata dall’apparenza; il rapportarsi non inibitorio col passato e quello non violento col presente, l’umiltà dell’inserirsi senza soverchiare; la “cura” rispetto alle necessità, i sogni e i desideri – e l’elogio della lentezza; la ricerca della perfezione, ma anche “la liberazione dalla dittatura della perfezione” in “un’esplosione che deve esserci” alla fine e che altro non è se non “la felicità, lo star bene, dentro lo spazio”.
Quest’uomo, dalla barba bianca e un misto unico nello sguardo tra consapevolezza e brio, dalla voce calma e fonda, semplice e autoironico – mentre gli altri parlano di lui, se ne sta serio e tranquillo con una matita in mano. Riempie il mondo di meraviglie, lo vogliono tutti, ma è il contrario dell’archistar. Conosce politica e burocrazia, vede la crisi ma ha fiducia nelle forze della vita, nei giovani. Quel “tratto della gioia” che gli piace in Corea, nonostante il rispetto difettoso dei diritti umani. Quell’entusiasmo che negli anni settanta produsse “l’esplosione anarchica” di stagioni generose in Portogallo come a Palermo, pronto a risvegliarsi ovunque.
In un simpatico scambio di disegni con i ragazzi della Kore, Siza ha schizzato un nuovo logo per l’Università di Enna. C’è anche il sogno di poterlo coinvolgere nell’ampliamento del Museo di Aidone. “Qui, dove il rapporto che il territorio ha con l’architettura non è ottimale. Dove il turismo culturale, nel rapporto effettivo con le trasformazioni del territorio, ha grandi lacune. Dove non appare governabile la relazione tra il passato e il presente – ha detto l’assessore ai Beni Culturali, architetto Campo – occorre riconnettere i rapporti, attraverso il progetto di architettura, del territorio con la sua storia e la sua individualità. Che l’incontro con Siza, maestro di una contemporaneità che traduce nella dimensione attuale e proietta nel futuro il retaggio culturale del passato, possa essere un contributo per l’avvio di un laboratorio permanente. Un vero laboratorio culturale che porti a un controllo dei processi di insediamento nel territorio, a una revisione di tutti gli atteggiamenti sbagliati che fino ad oggi si sono perpetuati”.

Cinzia Farina