Castiglione, Pdl, propone l’abolizione delle province di Enna e Ragusa. No da Pdl di Ragusa, Enna tace. Pronto disegno legge di Lombardo

Giuseppe Castiglione, Pdl, presidente della Provincia di Catania e rappresentante nazionale delle amministrazioni provinciali, vuole ridurre da nove a sette le province siciliane, abolendo le più piccole. Non cita le province da sacrificare sull’altare dei costi della politica, ma non ce n’è bisogno, visto che le due province piccole in Sicilia sono Ragusa ed Enna.

L’idea di accorpare le province minori e i comuni minori si è affacciata negli ultimi giorni, dopo il voto negativo al Senato alla mozione dell’Idv che proponeva l’abolizione delle province in Italia. La scelta del Senato – voto favorevole della maggioranza, astensione del Pd – è stata criticata da vaste aree della stessa opposizione (“un’occasione mancata”), ed ha provocato un dibattito all’interno della maggioranza.

In Sicilia il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha ripreso il filo di un vecchio cavallo di battaglia autonomista, l’abolizione delle province, in linea con lo Statuto della Regione siciliana che non le prevede. Sarebbero dovuti nascere i consorzi di Comuni e chiudere le prefetture. E’ uno dei casi più eclatanti di Statuto disatteso, con l’acquiescenza della classe dirigente siciliana, incapsulata nei partiti centralisti fin dagli albori della Repubblica.

Lombardo e i democratici siciliani, nel trovare le ragioni della loro inedita alleanza nell’Isola, posero al primo posto l’abolizione delle province. Non se n’è fatto niente, ma la volontà di riforma è stata rilanciata con forza proprio in questi giorni.

Che cosa dobbiamo aspettarci?

La riforma non è semplice, propone scelte importanti e si scontra con gli apparati politici di qualunque schieramento. In ogni caso, non si tratta di un’abolizione tout court. Va sgombrato il campo, non si potrà cancellare l’ente intermedio, come si tende a credere quando l’argomento viene affrontato, perché significherebbe consegnare alla Regione le funzioni, poteri, prerogative delle province, aumentando esponenzialmente il centralismo regionale.
Si tratta di una razionalizzazione delle competenze e di un riassetto del territorio al fine di migliorare – talvolta si tratta di rendere possibile – la programmazione degli interventi e l’acquisizione di sinergie ed economie di gestione.

L’abolizione delle province richiede la costituzione di organismi intermedi che coordinino e pianifichino gli interventi e amministrino servizi e strutture comuni in un territorio omogeneo (difesa del suolo, viabilità, l’istruzione secondaria, l’ambiente, i nosocomi, lo smaltimento dei rifiuti ecc). Una riforma, in linea con lo Statuto, al fine di risparmiare sui costi e amministrare con efficienza il territorio.

L’abolizione delle due piccole province – come propone Castiglione – lascia in piedi amministrazioni provinciali con apparati burocratici mastodontici, di dubbia utilità, come la provincia di Catania che insiste anche su una vasta area metropolitana, con duplicazione di strutture e servizi, e costi enormi.

Non si tratta di dare un contentino ai siciliani arrabbiati. La riforma richiede ben altro che la mera abolizione di qualche provincia. Essa può ispirarsi tra l’altro allo Statuto, grazie ad alcune norme che, se attuate, avrebbero sicuramente reso governabili i territori provinciali. Si preferì prendere atto di come stavano le cose e “adottare” le province che il fascismo aveva disegnato tra l’altro in alcuni casi in modo cervellotico. Basta dare uno sguardo alla mappa dei territori provinciali per rendersi conto della follia di certe soluzioni, come le “isole” della provincia di Agrigento e Caltanissetta, e il “serpente” che unisce la costa gelese con l’interno e il Vallone.

Ridisegnare i territori in modo da privilegiare la realtà economica e gli interessi comuni, senza forzare la mano più del necessario (ogni tentativo di cancellare le identità provinciali sarebbe destinato all’insuccesso), è il primo necessario passo verso la costruzione di una rete di enti intermedi che poggino su comunità omogenee ed enti locali comuni dotati di maggiori poteri, abbiano funzioni e prerogative oggi assegnate alla Regione e siano in grado di corrispondere ai bisogni dei cittadini.

L’abolizione delle due province minori della Sicilia – Ragusa ed Enna – non sta né in cielo né in terra.


Salvatore Parlagreco – siciliainformazioni

È un convinto no all’abolizione delle Province quello di Giovanni Occhipinti, presidente del Consiglio provinciale e facente parte del comitato ristretto dei presidenti di Consigli provinciali dell’Upi (l’Unione delle Province Italiane). Ed è ancora un convinto no all’idea di Giuseppe Castiglione di sopprimere Ragusa ed Enna. «Giro la proposta: sopprimiamo le province di Palermo e Catania per due motivi – dice Giovanni Occhipinti – Il primo perché a Palermo c’è la Regione ed a Catania gli uffici decentrati della stessa e poi perché si potrebbe applicare per le due grandi città l’idea delle aree metropolitane. Come al solito si vuole sferrare un attacco ad un territorio che economicamente può dare fastidio alle province potenti di Catania, Palermo e Messina. Così viene ancora più facile ritardare l’apertura dello scalo aeroportuale ed i finanziamenti vengono dirottati verso altre realtà. Perché la provincia di Ragusa che non ha una rappresentanza parlamentare adeguata soffrirà ancora di più. Oggi c’è solo un deputato quando solo qualche anno fa ce ne erano quattro». Ma il presidente del Consiglio Occhipinti ed esponente del Pdl aggiunge: «Diamo invece alle Province altre funzioni che sono previste nella legge 10 della Regione Siciliana così tagliamo i costi della politica. Affidiamo alle Province gli Ato e la Formazione Professionale e quant’altro previsto nella norma. Se insieme a tutte queste cose si aggiunge il fatto che oggi le province si occupano di tutela dell’ambiente, viabilità secondaria, scuole ed edilizia scolastica, sviluppo economico, pianificazione dell’area vasta e dei piani strategici di sviluppo, promozione dello sport, della cultura e del turismo e aiutano i piccoli comuni a promuovere le loro bellezze di certo non si tratta di enti inutili, ma di enti di una certa portata. Appare alquanto strana che l’idea della soppressione delle Province arrivi da Lombardo che ha fatto le sue fortune politiche da presidente della Provincia di Catania e la soppressione di Ragusa arrivi da Castiglione che è l’attuale presidente della Provincia di Catania e attuale presidente dell’Upi. Come al solito Ragusa da fastidio ed allora sopprimiamola. Ma i ragusani resisteranno. Perché l’effervescenza delle idee degli uomini di questa terra, sommata alla dinamicità della classe imprenditoriale non permetterà ai potenti catanesi e palermitani di mettere le mani sul territorio ibleo. Auspico un convinto no alla soppressione da parte della deputazione regionale di questa provincia che oggi può contare su quattro deputati della maggioranza. Vedremo se Pd ed Udc si schierano contro all’idea del Governatore Lombardo. Non si riducono i costi della politica tagliando le Province, si riducono tagliando il sottogoverno e gli enti collegati alla Regione».

Dello stesso avviso anche il capogruppo del PdL al Consiglio Provinciale Silvio Galizia. « Chi vuole abolire le Province ha nostalgia della dittatura» – afferma Galizia. «Non dimentichiamo i sacrifici fatti anche in termini di vite umane per affermare la democrazia nel nostro Paese e non dimentichiamo che determinati valori non possono essere annoverati come sprechi, ma, certamente come grandi risultati da confermare e difendere. In Sicilia si sta tentando di tornare alla dittatura seppur mascherata da principi di democrazia. In pochi hanno il coraggio di dire la verità e rispettare coloro i quali diventano importanti solo alla fine di ogni legislatura e cioè: gli elettori o meglio conosciuti come popolo o cittadini. I livelli democratici elettivi vanno rimodulati nella misura in cui ci si accorge che non funzionano, ma, chi, demagogicamente ne propone la cancellazione solo per atteccchire su aspetti emotivi e non ha proposte alternative convincenti, dovrebbe vergognarsi. I veri costi della politica o per meglio dire gli sprechi della politica sono annoverabili nelle società partecipate ed in tutte le gabole studiate ed applicate nelle stanze del potere e mi riferisco alla Regione Siciliana, subite dai siciliani che si trovano ad avere un’ unica colpa e cioè aver votato dei rappresentanti regionali incapaci di rappresentare bisogni ed esigenze. Sappiamo tutti che il vero problema in sicilia si chiama “Regione”,sovradimensionata in personale per il 50% inutile ed in alcuni casi super pagato e dove per soddisfare gli equilibri dei partiti, bisogna inventarsi consulenze inutili e dirigenti fantasma, pagati dalle tasse dei contribuenti. È assurdo che in Sicilia chi vuole fare un semplice campo di calcetto deve aspettare il pronunciamento degli uffici regionali, per non parlare di chi si occupa di energie alternative o di stabilimenti balneari. Immaginate un cittadino ragusano che avendo votato il proprio rappresentante provinciale, visto che costituzionalmente le provincie sono riconosciute e tutte le organizzazioni sia camerali che sindacali sono strutturate su base provinciale, possa rivolgersi agli uffici provinciali per le problematiche riguardanti la propria attività od interessi sovracomunali. Immaginate l’abolizione dei Consigli di Amministrazione degli IACP, dei Consorzi ASI, dei commissari dei Consorzi di Bonifica, degli Ato, dei Managers delle ASP, ispettorati agrari,Sovrintendenze, con un vero decentramento dei poteri e dei servizi e per i quali gli eletti assumono responsabilità diretta verso i cittadini e non finti tecnici pagati profumatamente e verso i quali scaricare colpe e responsabilità. Ho citato anche le ASP verso le quali non comprendo, o per meglio dire comprendo, ma, dissento sulle nomine politiche dei manager, in quanto andrebbero assegnate per concorso e non per sudditanza politica. Immaginate un Assessore Provinciale alla Sanità che si assuma le responsabilità della salute dei propri concittadini e che sia facilmente raggiungibile per necessità e bisogni. Immaginate che tutto ciò che dipende da mamma regione possa essere trovato e risolto nella propria Provincia e dove la Regione eserciti esclusivamente un controllo sugli atti e non si senta il peso di una burocrazia regionale pesante e dissuadente. Immaginate non la demagogica ed improbabile riduzione della rappresentanza parlamentare ad ogni livello, ma, la riduzione del 50% dei loro stipendi e benefici. Immaginate un mondo migliore con un coinvolgimento diretto fra i cittadini e la politica. Immaginate e sognate, in quanto i sogni aiutano a vivere e perlomeno non possono essere né tassati né impediti. Cari Deputati Regionali (cominciate da un gesto di umiltà tornando ad essere Consiglieri) e caro Presidente della Regione, smettetela con gli annunci e tornate ad amare questa splendida terra ed i suoi abitanti, i quali non vogliono essere più assistiti, ma, onestamente governati».


Raffaele Lombardo: Decentrare i poteri della Regione ai liberi consorzi dei comuni

Credo sia il momento giusto per presentare questo disegno di legge, pronto sul mio tavolo, che viene definito abolizione delle Province ma in realtà riguarda il l decentramento dei poteri della Regione.
Quali sono le ragioni di questo disegno di legge? Se vogliamo aiutare i siciliani e la Sicilia a crescere dobbiamo spogliare la Regione, lasciarla snella e decentrare tutto ai comuni e ai liberi consorzi perché sotto il controllo dei cittadini le cose funzionano meglio.
Se la Regione si spoglia dei poteri, cede il proprio personale e le proprie competenze e una buona parte delle risorse queste risorse si risparmiano e si possono tagliare più facilmente gli sprechi.
Deleghiamo i poteri ai comuni, alcune delle competenze che sono di respiro sovracomunale verranno governate nell’ambito del consorzio dei comuni che sostituiranno le Province. I consorzi non sono altro che un gruppo di comuni e territori omogenei da un punto di vista sociale, economico, culturale e storico chiamati a gestire le competenze sovracomunali.
E come saranno governati questi consorzi? Facciamo l’elezione del consiglio di consorzio? Naturalmente no, altrimenti c’è il rischio di ritrovarci con le vecchie Province moltiplicate per tre. Saranno i sindaci ad eleggere uno di loro presidente del consorzio il quale potrà avvalersi della collaborazione di assessori, scelti tra gli assessori o i consiglieri comunali che non dovranno percepire indennità in più. Tutti devono fare il proprio lavoro non necessariamente per percepire indennità aggiuntive.
I consorzi poi dovranno avvalersi del personale della Regione, delle ex Province e dei dipendenti comunali per governare quel determinato territorio.
Uno dei tanti paradossi della situazione attuale: La Regione gestisce più di 25 mila forestali. Qualche giorno fa sono stato a Campobello di Mazara e ho visitato le cave di Cusa, che dovrebbero essere conosciute da tutti i siciliani e soprattutto dai giovani. Sono strapiene di erba secca con rischio concreto di incendi. Ora, abbiamo più di 25 mila forestali e all’area di Trapani ne apparterranno 2 mila che potrebbero benissimo pulire quel sito. Se quel gruppo di lavoratori della forestale fosse devoluto a quel consorzio dei comuni, l’autorità locale potrebbe mandare 10 di loro a ripulire il sito. Ecco cos’è il decentramento delle competenze, dei poteri, del personale, delle risorse.
Credo che questa sia una riforma importante per tagliare i costi perché, man mano che nei comuni consorziati andranno in pensione, ad esempio, i comandanti dei vigili urbani questi saranno sostituiti da uno solo per l’intero consorzio. E lo stesso ragionamento vale per il capo dell’ufficio tecnico, per il segretario comunale, per il ragioniere generale ecc.
Taglio dei costi e risparmio che diventano risorse utili da investire nello sviluppo dell’impresa privata e dell’economia per creare lavoro per i nostri giovani e crescita economica per la Sicilia.