Circuito Epicarmo. Medea di Euripide a Morgantina

Una grande Pamela Villoresi nei panni di una struggente Medea è la protagonista del secondo spettacolo del Circuito Epicarmo, il cartellone diretto da Filippo Amoroso e sostenuto dalla Regione Siciliana (Assessorato al Turismo e Assessorato Beni Culturali) che porta il grande teatro nei siti più suggestivi e antichi della Sicilia, integrando cultura, turismo e anche buona cucina grazie alle convenzioni con i ristoranti delle località in cui vanno in scena gli allestimenti.
Dopo Pathos, la tragedia delle Troiane (diretto da Micha van Hoecke, con Lindsay Kemp), il nuovo evento offerto dal Circuito è la controversa e tragica Medea raccontata da Euripide, che debutterà nell’area archeologica di Giardini Naxos (Messina), il prossimo 19 agosto alle 21.
Diretto da Maurizio Panici, il testo (tradotto e adattato da Filippo Amoroso) vede protagonisti, oltre a Pamela Villoresi, David Sebasti (Giasone) e Renato Campese (Creonte), anche Silvia Budri (Nutrice), già applaudita in Pathos. Così le altre date: 20 Palazzolo Acreide, 21 Morgantina, 22 Palermo, 23 Tindari e 24 Segesta.
Medea riporta alle donne di oggi. Sono infatti loro a mettere in discussione la vecchia cultura facendosi portatrici di un nuovo pensiero. Ed è proprio attraverso Medea (figura totalmente inedita e significativa) che Euripide pone all’interno delle rappresentazioni tragiche un elemento di assoluta modernità.
Medea, infatti, è la prima donna a mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna, evidenziando una situazione di forza, contestando l’esistente, aprendo un contenzioso e lasciando intravedere nuove possibilità. Medea è per questo uno dei più estremi e affascinanti personaggi della tragedia classica e moderna in quanto, prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale ma per rispondere ad una ingiustizia: “Ecco Medea… ecco la sventura di una donna”, dice di sé al termine di un lunghissimo e straziante monologo.
Le modalità del suo atto trascendono ogni consuetudine. In Medea l’azione tragica coincide con la sua stessa rovina, poiché, mentre punisce il padre dei suoi figli, colpisce con uguale violenza se stessa: pur riconoscendo l’impatto del suo agire, lo persegue con fredda determinazione e lucida consapevolezza.
Il conflitto per la prima volta in una tragedia non è fuori, ma dentro il personaggio, come risulta dal ruolo decisivo dei monologhi nello sviluppo della struttura drammaturgica. C’è una definizione precisa della tragedia in un testo di Jean Anouilh, attraverso una immagine molto forte, assolutamente pertinente: il coro infatti dice “La molla è caricata. Non avrà che da scaricarsi da sola… nella tragedia tutto è tranquillo si dà appena una spinta per metterla in moto, un nonnulla. Tutto qui. Dopo non c’è che da lasciarla fare…”. Ecco, Medea è la molla caricata: la sua diversità, il suo essere esule in terra straniera, non più amata dall’uomo per il quale ha lasciato la casa e gli affetti, sono ancora oggi come allora motivi sufficienti per provocare un corto circuito emotivo di dimensioni devastanti tali da provocare mali terribili all’interno della famiglia e delle istituzioni.
Medea la barbara, Medea la sapiente – e per questo invisa ai potenti della sua nuova città – è la scintilla che sovverte e scuote l’istituzione familiare, la gerarchia: attraverso un atto emotivo e non razionale mette in discussione la pace sociale invocata da Giasone e Creonte.
La scena di Michele Ciacciofera evoca il travaglio di Medea, delineando un cratere che è anche una landa desolata, un vuoto che viene abitato dalla donna e che solo Giasone riuscirà a penetrare. Gli altri personaggi si muovono intorno a questo centro, ne raccolgono gli umori, raccontano le paure di Creonte e i sentimenti della polis verso la straniera, l’esule, colei che con la sua richiesta di pari dignità all’interno della struttura sociale di Corinto ne rovescia la visione destabilizzando i rapporti consolidati.
Le musiche di Luciano Vavolo raccolgono suggestioni antiche ricollocandole con sensibilità contemporanea all’interno di un allestimento che privilegia fortemente il compito degli attori destinati a restituire un distillato di parole ed emozioni che avvolgono lo spettatore in una partitura musicale serrata.
Pamela Villoresi, inizia a recitare quindicenne presso il Teatro Studio del Metastasio di Prato e, già all’età di 18, approda al Piccolo Teatro di Milano, dove inizia il lungo sodalizio artistico con Giorgio Strehler (per 20 anni lavorano, con Jack Lang, all’Unione dei Teatri Europei). L’attrice recita in cinque lingue e ha vinto numerosissimi premi tra cui: 2 Maschere IDI, 1 biglietto d’oro AGIS, 1 Grolla d’oro, 2 Ubu, un premio alla carriera, ed uno per la Pace (con Rogova e il Patriarca di Gerusalemme) per l’impegno con i giovani. Protagonista di quasi cento spettacoli teatrali, dodici produzioni televisive, 11 film, ha lavorato con colleghi come Tino Carraro, Nino Manfredi, Omero Antonutti, Vittorio Gassman, Moni Ovadia, Bruno Ganz, Massimo Wertmuller, David Sebasti, Elena Zareschi, Elisabetta Pozzi, Piera Degli Esposti, Laura Betti, Didi Perego, ed è stata diretta da grandi registi come Bellocchio, i fratelli Taviani, Mario Ferrero, Ettore Scola, Giancarlo Cobelli, Maurizio Panici, Mario Missiroli, ma soprattutto dal suo padre artistico e maestro: Giorgio Strehler.
Gli altri spettacoli del Circuito Epicarmo, che chiuderà i battenti il 25 settembre, sono Rumone di Acque (la prima è il 31 agosto nell’ex Stabilimento Tonnara Florio di Favignana, regia di Marco Martinelli), Le Donne di Bellini, galà spettacolo in costume dedicato alle eroine belliniane (unica replica a Tindari il 24 settembre), e La nascita della Tragedia con Mariano Rigillo (apertura il 22 settembre al Teatro Romano di Catania).