Open Days: regioni e città a confronto con l’Europa

Prende il via lunedi’ pomeriggio con la sessione inaugurale, a Bruxelles, la nona edizione degli Open Days, la kermesse organizzata dal Comitato delle Regioni per aprire un canale di collegamento diretto tra le amministrazioni locali e le istituzioni europee.
Il programma prevede oltre cento seminari nel corso dei quali le amministrazioni di ogni angolo dell’Unione europea hanno l’opportunita’ di confrontarsi e dialogare direttamente con i responsabili delle politiche comunitarie.
L’appuntamento di quest’anno cade in un momento particolare. La Commissione europea ha appena presentato la sua proposta di modifica dei regolamenti con cui vengono utilizzati i fondi strutturali. Ed e’ iniziato il percorso legislativo che definira’ le politiche di coesione: le regole cioe’ che determineranno tutti gli investimenti nel prossimo periodo di programmazione comunitaria, che va dal 2014 al 2020.
Il tema scelto per il programma 2011 e’ ambizioso: “investire nel futuro dell’Europa, per garantire uno sviluppo intelligente, sostenibile e per tutti”. Ci sono tutte le parole chiave del prossimo ciclo della politica europea, che prevede una attenta utilizzazione delle risorse finanziarie, uno sforzo decisivo a tutela dell’ambiente e un impegno concreto per riequilibrio delle condizioni socioeconomiche in tutta l’Unione.
Non a caso sono tre le aree tematiche che saranno al centro del dibattito: gli obiettivi della strategia Europa 2020, una incisiva utilizzazione delle risorse, le grandi questioni geopolitiche. Nel corso della settimana, saranno presentati 65 esempi di partneship tra pubblico e privato sviluppati in 19 diversi stati dell’Unione, che vengono proposti come modello operativo. Per dare una idea della mobilitazione che accompagna la manifestazione, il sito ufficiale del Comitato delle Regioni (www.cor.europa.eu), segnala che tra settembre e novembre, sono programmati 253 eventi locali, nei 27 stati europei, nell’ambito della manifestazione “L’Europa nella mia regione”.
Il commissario alle politiche regionali, Johannes Hahn, ha definito gli Open Days “una preziosa opportunita’ per le regioni per impegnarsi nel dibattito sul futuro delle politiche di coesione, che sta per decollare. La Commissione ha appena presentato una profonda revisione delle politiche e ha gettato le basi per migliorare l’impatto degli investimenti europei. Noi contiamo sull’attivo sostegno delle regioni e delle citta’ per rendere concreti gli obiettivi comunitari per lo sviluppo e il lavoro, traducendoli in progetti ed investimenti intelligenti”.
Il dibattito degli Open Days, arriva al momento in cui si avvia il nuovo iter legislativo comunitario “ascendente”. Per la prima volta le regioni avranno diritto di intervento e di voto nella determinazione delle politiche europee: una procedura che e’ diventata obbligatoria nella determinazione della posizione di ciascun governo nazionale.
Proprio giorno 13, a Roma, l’assemblea dei Presidenti delle regioni italiane approvera’ le procedure con cui le regioni parteciperanno all’iter legislativo europeo: un percorso che prevede il pieno coinvolgimento del territorio, in un processo decisionale che parte da ciascuna giunta regionale, passa dallo snodo nazionale a Roma, per arrivare a Bruxelles.

La cosiddetta “politica di coesione” e’ stata la leva utilizzata dall’Unione Europea per favorire lo sviluppo economico nell’ultimo decennio. Una formula che ha apportando un reale valore aggiunto alla crescita e alla convergenza economica, creando direttamente piu’ di un milione di posti di lavoro, garantendo la formazione professionale di oltre dieci milioni di persone, cofinanziando la costruzione di oltre duemila chilometri di autostrade e quattromila di rete ferroviaria, oltre alla creazione di almeno ottocentomila piccole e medie imprese (PMI).
Per fissare le priorita’ economiche europee, la Commissione ha approvato il 6 ottobre un pacchetto legislativo che determina le nuove linee operative per il periodo 2014-2020. Si tratta di un complesso di regolamenti che mira a rilanciare la crescita e l’occupazione secondo una strategia che e’ stata denominata “Europa 2020”.
L’idea di fondo e’ quella di concentrare gli investimenti su un minor numero di priorita’. Per individuare i nuovi settori di intervento i regolamenti appena approvati individuano un nuovo strumento: i contratti di partenariato, stipulati tra la Commissione europea e gli Stati membri. Saranno i governi nazionale a fissare gli obiettivi da raggiungere. Mentre i regolamenti determineranno i criteri per premiare le regioni che otterranno i risultati migliori.
In direzione del controllo dei risultati, va anche un’altra novita’ che fa parte del pacchetto legislativo: in caso di politiche macroeconomiche precarie o di scarsa capacita’ amministrativa, la Commissione potra’ chiedere di riesaminare i programmi. E in mancanza di misure correttive, si potra’ arrivare a sospendere i finanziamenti.
E’ stata prevista — per aumentarne l’efficacia — l’armonizzazione delle norme di tutti i fondi, inclusi il fondo per lo sviluppo rurale e quello per gli affari marittimi e la pesca. Ed e’ stata predisposta un’unica serie di norme per cinque fondi diversi: in un approccio integrato che assicurera’ uno sviluppo armonico e coerente del territorio.
Per consentire ai cittadini di affrontare le sfide future del mercato del lavoro, la proposta della Commissione ha previsto di integrare e potenziare il Fondo sociale europeo, con il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e il nuovo Programma per il cambiamento sociale e l’innovazione .
Il pacchetto varato dalla Commissione ha gia’ iniziato il suo percorso che prevede l’analisi del Consiglio e del Parlamento europeo, che esprimeranno il loro voto, dopo aver acquisito i pareri del Comitato delle Regioni e del Comitato economico e sociale. Le singole regioni saranno consultate ed esprimeranno le loro valutazioni all’interno del percorso “ascendente” che coinvolge ogni stato nazionale. Le decisioni finali dovrebbero essere adottate entro la fine del 2012, per permettere di avviare i nuovi programmi operativi che regoleranno la politica di coesione dal 2014 al 2020, a cui la Commissione — nell’ambito del prossimo bilancio settennale — ha previsto di destinare 336 milioni di euro.

Le isole chiedono pari opportunita’ e si confrontano per suggerire politiche europee utili a compensare gli svantaggi della loro condizione geopolitica. E gli open days, come ogni anno, dedicano una sessione di lavoro ai temi dell’insularita’, i cui risultati saranno affidati alla valutazione dei rappresentanti del parlamento e della commissione europea.
La prima “batteria” di workshop in programma nella mattinata di martedi’ 11 ottobre, impegna i rappresentanti del sistema insulare europeo a offrire la loro visione degli argomenti che sono al centro dell’attenzione comunitaria: sviluppo, energia, tutela ambientale, trasporti.
Al Residence Palace (rue de la Loi 155), prenderanno la parola Ioannis Firbas, responsabile dei programmi di sviluppo del Ministero dell’economia in Grecia; Adonis Constantinides, della direzione fondi strutturali della Repubblica di Cipro; Joan Gual de Torrella, presidente della Camera di Commercio di Maiorca, per le isole Baleari per la Spagna; Jean Michel Palazzi, dell’ufficio approvvigionamento idrico della Corsica per la Francia; Gabriella Massidda, direttore generale della Regione Sardegna e Maria Cristina Stimolo dell’ufficio di Bruxelles della Regione siciliana, per l’Italia.
A prendere nota delle loro relazioni, saranno Alyn Smith, europarlamentare scozzese, vice presidente dell’intergruppo 174 che, al Parlamento Europeo, si occupa dei problemi legati all’insularita’. Per la Commissione uuropea ci sara’ invece Eveline Petrat-Chatrlety, analista politico della DG REGIO.
I temi delle relazioni offrono uno spaccato della preoccupazione che attraversa, trasversalmente, tutte le isole europee: gli schemi dei nuovi regolamenti che proprio in questi giorni sono stati presentati dalla Commissione, sembrano costruiti su parametri socioeconomici troppo generici, che rischiano di avere un impatto negativo sulle realta’ come quelle insulari, che convivono con svantaggi geopolitici strutturali.
La distribuzione delle risorse e l’accesso ai finanziamenti non puo’ essere governato dai criteri di estensione territoriale o di densita’ demografica. Bisogna tener conto di indicatori addizionali come la disoccupazione, le diseguaglianze socio economiche e di accessibilita’ tra le diverse regioni: tutti fattori che determinano differenze sostanziali nel modo di governare le politiche dell’agricoltura, dei trasporti, dell’energia, dell’innovazione e dello sviluppo.
Le isole chiedono che la condizione di insularita’ venga considerata sufficiente a garantire la continuita’ dei regimi di aiuto: nessun intervento strutturale puo’ azzerare definitivamente le difficolta’ che sono legate alla “separazione” del territorio delle isole da quello continentale.
Basti pensare all’approvvigionamento di acqua ed energia, alle le enormi differenze nei consumi nelle diverse stagioni, ai picchi nei consumi estivi, che richiedono strutture di distribuzione non rapportabili ai dati della superficie o della popolazione residente.
Le imprese delle isole non sono in grado di competere — in termini di costi — con chi opera sulla terraferma: le difficolta’ legate al trasporto di uomini e merci rappresenta una differenza che rischia di diventare incolmabile senza interventi nel settore fiscale, della tutela ambientale e nella creazione di uno spazio aereo europeo che tengano conto della condizione insulare.
Per non dire poi delle “isole nelle isole” che sono rappresentate dalle aree interne e montagnose: un patrimonio culturale e naturale straordinario che senza adeguate politiche di sostegno, rischia di essere cancellato.
Le comunita’ rurali di montagna insediate nelle isole — soprattutto mediterranee — assicurano la conservazione del paesaggio, garantiscono la produzione di alimenti di qualita’, concorrono alla conservazione dell’ambiente e svolgono una funzione di insediamento minimo che e’ una funzione di base per il turismo.
Ma le differenze di produttivita’ tra i terreni di montagna e quelli di pianura, le rigidita’ del clima e le asperita’ del terreno, la tendenza all’emigrazione si sommano alla inadeguatezza delle reti di trasporto, energia e telecomunicazione.
Solo un approccio politico integrato, una accorta gestione delle risorse umane e naturali potra’ garantire pari diritti e pari opportunita’ alle comunita’ montane delle isole. Serve una politica specifica a sostegno delle loro attivita’ economiche; servono aiuti reali alla agricoltura e alla selvicoltura di montagna; servono reti di servizi che garantiscano la qualita’ e la distribuzione dei prodotti, attraverso l’accesso alle nuove tecnologie e alle produzioni energetiche alternative.
Serve, senza perifrasi, una nuova e piu’ moderna visione dello sviluppo integrato europeo, che valorizzi ogni singola specificita’ economica, sociale e culturale. Partendo dalle isole e dai cittadini europei che nelle isole vivono e lavorano.

Nel contesto degli Open Days, la Sicilia coordinera’ — nel pomeriggio di martedi’ 11 ottobre — anche una riunione operativa del Gruppo europeo di cooperazione territoriale ArchiMed: il primo GECT italiano, a cui aderiscono le isole del Mediterraneo e che sta gia’ lavorando alla elaborazione di progetti nel settore del turismo e dei trasporti, dell’energia e della ricerca scientifica, dell’agricoltura e della pesca. La Sicilia, le isole Baleari, la municipalita’ di Larnaka dell’isola di Cipro, fin dal 2010 hanno infatti dato vita al GECT ArchiMed, che ha sede a Taormina, a palazzo Ciampoli.
Il Pacchetto normativo presentato dalla commissione prevede anche una revisione del regolamento CE 1082/2006, con cui i GECT sono stati introdotti nella normativa comunitaria per favorire la nascita di forme stabili di cooperazione interregionale. Sono state semplificate le procedure, e’ stato riesaminato il ventaglio delle attivita’ che i GECT possono svolgere, chiarendo alcune norme operative, fra cui l’assunzione del personale, l’uso dei fondi e la protezione dei creditori. Ma soprattutto e’ stata prevista la possibilita’ che ai GECT partecipino regioni extraeuropee. Novita’ che fa diventare ArchiMed strategico nell’intera area del Mediterraneo.
Queste innovazioni permetteranno una maggiore operativita’ ai GECT, che possono autonomamente accedere ai bandi delle istituzioni comunitarie e – grazie alla loro struttura agile e autonoma – diventare vere e proprie agenzie per lo sviluppo territoriale.
Il GECT ArchiMed, che nasce da una idea condivisa dalle sette Regioni che fanno parte della rete delle isole del Mediterraneo, Eurimed: Sicilia, Sardegna, Baleari, Creta, Corsica, Gozo e Cipro.
Presentato a Palermo il 14 maggio 2010, e’ diventato operativo il 10 marzo di quest’anno, quando e’ stato iscritto nel Registro tenuto dal Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le novita’ introdotte dal nuovo regolamento che semplificheranno il sistema e ne amplieranno la portata, saranno al centro di un incontro tra tutti i GECT europei, che il Dipartimento affari extraregionali sta preparando per la fine di ottobre a Taormina.
La riunione di Bruxelles serve proprio a determinare gli ultimi dettagli operativi e a definire una piattaforma operativa condivisa dalle regioni fondatrici, proprio mentre arrivano le nuove richieste di adesione.

Sara’ la Sicilia, attraverso Francesco Musotto — che la rappresenta — a illustrare alla sessione plenaria del Comitato delle Regioni, nella mattinata di mercoledi’ 12 ottobre, il parere delle regioni sulle nuove politiche che governeranno l’utilizzazione dei fondi strutturali europei.
L’onorevole Musotto e’ infatti il relatore del parere che sottolinea la complementarieta’ degli interventi europei e nazionali per la riduzione degli squilibri nello sviluppo economico e sociale.
Una complementarieta’ — afferma il parere — che e’ condizione necessaria per ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle diverse regioni europee, recuperando il ritardo delle aree meno favorite.
Le regioni piu’ settentrionali con bassissima densita’ demografica, le regioni di frontiera, quelle di montagna e quelle insulari, che hanno minori capacita’ di mettere in campo risorse proprie, possono restare agganciate allo sviluppo dell’Unione solo grazie a misure specifiche di adattamento delle cosiddette politiche di coesione.
La nuova programmazione comunitaria dovra’ garantire quindi le risorse necessarie a queste politiche di riallineamento. Ma soprattutto, dovra’ tener conto di indicatori complementari della situazione economica regionale, diversi dal PIL pro capite.
Il sistema di attuazione delle politiche europee dovra’ prevedere una maggiore cooperazione tra i vari livelli di governo. Le regioni chiedono, in questa direzione, che si prevedano procedure e strutture di coordinamento degli interventi e di monitoraggio del loro impatto territoriale.
Le regioni condividono — afferma il documento del Comitato — l’esigenza di utilizzare i fondi disponibili con rigore, dando rilievo ai risultati ottenuti da ciascun territorio. Ma temono che queste nuove condizioni finiscano col bloccare gli stanziamenti nazionali complementari, che produrrebbe il blocco di ogni prospettiva di sviluppo.
Dalle regioni arriva anche una bocciatura netta alla proposta di bloccare gli stanziamenti alle aree che non abbiano garantito il rispetto del patto di stabilita’: le regioni, in questo caso, finirebbero per essere penalizzate per il mancato rispetto di obblighi che ricadono nella responsabilita’ dei governi nazionali.
I territori chiedono, con forza, una radicale semplificazione delle procedure. E rivendicano la piena partecipazione degli enti regionali e locali alla definizione dei contratti di partnership sullo sviluppo.
Il Comitato delle Regioni propone infatti che i nuovi strumenti di intervento sul territorio si possano tradurre in nuovi patti territoriali, sviluppati in partenariato con le regioni e gli enti locali, definitivamente coinvolti nel confronto tra Commissione europea e governi nazionali.

L’efficacia nella gestione dei fondi e’ uno dei nuovi parametri che la Commissione ha proposto di introdurre nei regolamenti. La spesa ‘efficace’ sara’ considerata condizione per la riconferma annuale degli stanziamenti: una previsione che potrebbe avere effetti negativi per le Regioni che registrano ritardi nella tabella di marcia della spesa.
Di questo si discutera’, nel pomeriggio del 12 ottobre, proprio nei locali della sede di Bruxelles della Regione Siciliana, ad iniziativa del Formez. I nuovi regolamenti per i fondi strutturali saranno illustrati da Aurelie Kisylyczko, funzionario della Direzione Generale affari regionali (DG REGIO) della Commissione europea.
Lorenzo Improta, Raffaele Colaizzo, Tiziana Arista e Barbara Forcina, del Formez, relazioneranno sulle azioni e gli strumenti che sono stati a fondamento del programma operativo 2007-2013.
I responsabili della gestione dei fondi europei delle regioni obiettivo convergenza – Sicilia, Puglia e Calabria – confronteranno le loro esperienze con rappresentanti del Dipartimento della Funzione pubblica e del Comitato delle Regioni.

Si concludera’ a Bruxelles, in coincidenza con gli open days, anche il secondo corso di formazione per il personale del settore pubblico organizzato dal Cerisdi su “Le Regioni d´Europa verso il 2020”.
Dopo il primo ciclo di formazione in aula, a Palermo, un gruppo di dirigenti e funzionari della Regione impegnati in attivita’ che prevedono la partecipazione a progetti comunitari ed internazionali, parteciperanno ai dibattiti organizzati dal Comitato delle Regioni e saranno guidati in un percorso di visite istituzionali nella capitale europea, al Parlamento e alla Commissione.
In programma c’e’ — oltre a un incontro nella sede di Rue Belliard — anche uno stage presso la sede di ITALRAP, la rappresentanza diplomatica italiana presso le istituzioni comunitarie.