Dossier “tribunale di Nicosia” consegnato dal sindaco Malfitano al senatore Serra

Nicosia. L’avv. Giuseppe Agozzino, componente il direttivo Unione Fori Siciliani, ha aggiornato l’ultimo suo studio relativo il “dossier” sul Tribunale di Nicosia, a richio chiusura. Il dossier è stato consegnato dal neo sindaco Malfitano al senatore Serra durante l’incontro avvenuto a Roma il 15 scorso. Polemiche sono sorte nel centro nicosiano alimentate dal grande sconfitto alle ultime elezioni comunali, on.Edoardo Leanza, deputato all’ARS del PdL. L’on.Leanza tuona contro Segio Malfitano con la seguente dichiarazione: “Da diversi mesi ormai va avanti la protesta congiunta e unitaria contro la soppressione del Tribunale di Nicosia – afferma il deputato regionale e coordinatore provinciale del Pdl, Edoardo Leanza – una protesta e un insieme di azioni comuni che vedono impegnati tutti i rappresentanti delle istituzioni locali, gli avvocati e l’ordine che li rappresenta, i cittadini nicosiani e non solo, le forze sociali e civiche, ed il coinvolgimento di tutta la deputazione regionale e nazionale presente in provincia, adoperarsi e lavorare assiduamente affinchè il nostro tribunale, presidio di legalità e fonte di reddito per l’intero territorio, non chiudesse”. “Per un’azione più efficace e maggiormente rappresentativa – aggiunge Leanza – nasce, ben cinque mesi fa, il coordinamento locale “Salviamo il Tribunale di Nicosia”; un coordinamento unitario che, lungo il corso di questo ultimo anno, ha portato avanti, e continua a promuovere, tutte le azioni necessarie affinchè il Tribunale di Nicosia venga mantenuto”. “Emerge dalla cronaca di questi giorni, invece, che il neo sindaco di Nicosia si è recato a Roma per il problema della soppressione del Tribunale di Nicosia, – continua – senza informare i membri del coordinamento unitario; un’azione, che seppur inquadrata nell’ottica della salvaguardia del nostro tribunale, da un taglio diverso a ciò che è stato fatto fino ad oggi e vanifica lo spirito di collaborazione che aveva caratterizzato tutto il lavoro che in questi mesi è stato portato avanti con passione e sacrificio”. “Resto dunque molto sorpreso e esprimo disappunto – conclude il deputato regionale del Pdl Edoardo Leanza – per l’operato del neo sindaco Malfitano, che con quest’azione ha trascurato un coordinamento che ha dato prova di aver lavorato bene, nell’interesse di tutti”.
Il neo Sindaco Malfitano (n.d.r.: l’on Leanza, doveva aspettarselo) ha già dimostrato quando ricopriva la carica di Consigliere provinciale non è il tipo che sta zitto, ha sempre dimostrato che sa incassare e sa anche rispondere per le rime senza mai lesinare il “carico”, e questa voltra ricorda all’on.Leanza, quanto già precedentemente comiziato durante la campagna elettorale, replica a Leanza: “Vada a bussare ad Alfano”
(Giu. Mar.)Il sindaco Sergio Malfitano replica a “stretto giro” alle dichiarazioni del deputato regionale Pdl Edoardo Leanza, che ieri aveva accusato il sindaco di agire da solo sulla questione del tribunale a rischio di soppressione.
“Sinceramente credo che in un momento così estremamente delicato – dice Sergio Malfitano – nel quale a giorni si deciderà il destino del nostro tribunale, piuttosto che criticare interventi assolutamente istituzionali, servirebbe mettere in campo azioni forti, serie e concrete. Credo che il coordinatore provinciale di un partito come il Pdl debba fare ben altro che esprimere disappunto per il mio intervento”.
A cosa si riferisce?
“Semplicemente sarebbe più opportuno superare le azioni sterili e finalizzate alla mera polemica. Sarebbe il momento per il parlamentare regionale Leanza di andare a bussare alla porta del suo segretario nazionale per ricordargli la promessa fatta pubblicamente proprio a Nicosia. mi riferisco alla visita di Angelino Alfano che 4 anni fa, all’epoca nella veste di ministro della Giustizia, dopo avere incontrato i magistrati del nostro tribunale disse testualmente che il tribunale di Nicosia non sarebbe mai stato chiuso e si impegnò in questo senso”.
Lei è stato richiamato sul mancato coinvolgimento del Coordinamento unitario nella delegazione che ha guidato a Roma. Come mai mancava un rappresentante?
“E’ una cosa che farebbe ridere se non fosse una situazione drammatica per la nostra città. Prima della mia partenza sono stato contattato da rappresentanti del Coordinamento e ho spiegato che al mio rientro avrei convocato un incontro per relazionale sugli esiti della missione”.
“Quanto alla mancanza di un delegato – conclude il sindaco – voglio ricordare, sia al deputato Leanza che ai membri del Coordinamento che io ne sono componete di diritto e che pertanto il Coordinamento unitario era ampiamente rappresentato dal sottoscritto. In questo momento non servono più sfilate di delegati e rappresentati, ma documenti concreti, dati, numeri e proiezioni ed è quello che è stato fornito sia al senatore Serra che al funzionario del ministero che ho incontrato”.



Di seguito lo studio dell’avv.Giuseppe Agozzino:

1. Premessa

Come noto, la legge di riordino 148/2011, in particolare l’art. 1 lettera a) e b), prevede che:

2. Il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;

b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l’assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;

2. La relazione del gruppo di studio ministeriale e la “ragionevolezza” nei tagli

Affidatagli dal precedente governo, il gruppo di studio ministeriale in tema di revisione delle circoscrizioni, (da ultimo richiamata in SOLE 24 ORE, 12 maggio 2012) ha depositato una relazione dove si legge[1] che:

A) «La modalità (e quindi anche l’entità finale) della riduzione è indicata direttamente dal legislatore, e tocca, astrattamente, tutti gli uffici non aventi sede in capoluoghi di provincia, garantendo soltanto che ce ne siano almeno tre in ogni distretto;

B) “i criteri della lettera b) sono destinati a “ridefinire” nel modo più ragionevole il territorio degli uffici giudiziari interessati, sia ridistribuendo fra quelli residui il territorio di quelli soppressi, sia riequilibrando le competenze di uffici limitrofi, sia eventualmente escludendo dalla riduzione alcuni uffici che dovrebbero rientrare in essa in base alla lettera a), qualora ciò risulti necessario in forza dell’applicazione oggettiva e omogenea dei criteri di cui alla lettera b)”; per concludere che:

C) “In definitiva, sono 45 i tribunali non provinciali che si collocano al di sotto del modello di ufficio intangibile secondo la legge delega; di questi, 8 risultano intangibili siccome lo standard deve’ essere per alcuni distretti derogato (stilando un apposito ranking dei rispettivi circondari, replicando nel più ridotto contesto territoriale, cioè, l’elaborazione fatta su scala nazionale) per consentire il mantenimento di almeno tre degli “attuali tribunali” (Gela, Larino, Barcellona P.d.G., Patti, Spoleto, Melfi, Vallo d.L. e Rovereto), così che residuano almeno 37 uffici giudiziari di primo grado aventi sede fuori dei capoluoghi provinciali e in relazione ai quali è senz’altro stimabile in base a criteri oggettivi e omogenei l’operazione di riduzione e ridefinizione dell’assetto territoriale, fatto salvo l’impiego degli ulteriori elementi valutativi pregiudizialmente alienati dai mezzi impiegati dal gruppo di studio».

D) Con la precisazione finale, che [va lasciato] all’Autorità politica e agli Uffici del Ministero capaci di fare razionale ed effettivo apprezzamento dei dati delle realtà locali e della sopportabilità delle diverse soluzioni logistiche implicate dalle scelte che la legge autorizza[2].
A ben vedere, la relazione si fonda quindi su una sorta di metaprincipio che si può evincere da quanto fini qui riportato e che trova letterale conferma nella parte in cui si legge che va data concreta e non solo formale applicazione ai principi della legge delega indicati anche dalla lettera b) dell’ art. 1, comma 2, legge 14 settembre 2011, n. 148, criteri che sono destinati a “ridefinire” nel modo più “ragionevole” il territorio degli uffici giudiziari interessati, in aggiunta ai criteri meramente numerici di cui alla lettera a).
La “ragionevolezza” nel riordino degli uffici giudiziari è allora diventata un criterio (o metaprincipio) che sovraintende all’intero impianto della legge e ciò si noti, qualora “risulti necessario in forza dell’applicazione oggettiva e omogenea dei criteri di cui alla lettera b)”[3]. Vale a dire che i criteri della lettera b), se applicati in modo omogeneo e oggettivo, potrebbero rendere “ragionevole” escludere dalla riduzione alcuni uffici giudiziari.
Da qui nasce l’esigenza, avvertita adesso anche in consessi necessariamente non incisi da rivendicazioni “localistiche e personalistiche”[4], di applicare una “ragionevole” revisione delle circoscrizioni in presenza, nei territori, di elementi oggettivi ed omogenei che limitino la portata applicativa del principio della riduzione dei costi come criterio principale delle revisioni.

3. Il deliberato del direttivo dell’Unione degli Ordini forensi della Sicilia

In questa direzione assume rilievo il deliberato del Direttivo dell’Unione degli Ordini Forensi della Sicilia del 23 aprile 2012, secondo il quale “i lavori del Governo, e segnatamente del Ministero della Giustizia, sembrano procedere nella prevalente direzione di una riduzione dei costi, anche sacrificando effettive ragioni di efficienza e di ottimizzazione del servizio giustizia; ‐ in particolar modo nella regione Sicilia, dove esistono ben dieci tribunali sub‐provinciali a rischio di soppressione, le scelte del Governo nazionale, orientate verso i canoni di efficienza del servizio giustizia e di riduzione dei costi, sembrano obbedire esclusivamente al secondo; ‐ infatti i dieci Tribunali sub‐provinciali siciliani ricadono in zone o autenticamente assediate dalla criminalità organizzata, o caratterizzate da continui flussi migratori di clandestini (anche questi richiedenti un’adeguata risposta del servizio giustizia), o talvolta caratterizzate da carenza di infrastrutture e collegamenti o, altra volta, e al contrario, da una situazione di edilizia giudiziaria all’avanguardia e non destinabile ad altro tipo di servizio pubblico”.
Ad avviso del consesso regionale citato, invece, occorre “la necessaria attenzione per tutte le realtà dei singoli Tribunali sub‐provinciali esistenti nel territorio regionale siciliano e per le peculiarità che caratterizzano ciascuno di essi in relazione a sopravvenienze, emergenza criminalità, esistenza di edilizia giudiziaria moderna ed efficiente o assenza di infrastrutture e collegamenti”.
Uno degli esempi emblematici di come applicare il criterio della “ragionevolezza” è quello che porta a confrontare il progetto di riduzione dei costi (criterio generale della revisione) con la reale e concreta fattibilità di tale obbiettivo in casi nei quali la riduzione dei costi si scontri con la persistenza nella realtà di elementi oggettivi che ne limitino la portata. Il caso, di scuola, è quello del tribunale di Nicosia, ma si precisa che tale esempio è predicabile e moltiplicabile su vasta scala, ma ragionando “regione per regione” e non certo in ambito nazionale, data la totale disomogeneità delle caratteristiche del territorio italiano.

4. Esempi “critici” di operatività della revisione

4.1. Un esempio: la valutazione dei costi del trasferimento del tribunale di Nicosia. Gli archivi e il personale della Procura
La riduzione dei costi deve tenere conto, ovviamente e sua volta, del “costo” necessario a raggiungere tale obbiettivo. Chiudere un tribunale e trasferirlo o accorparlo ad altro, ha un costo. Ecco allora che occorre una puntuale valutazione e analisi dei costi di trasferimento del tribunale di Nicosia verso il tribunale di Enna. Il palazzo di giustizia di Nicosia di sviluppa su 5 piani, con una media di 20 stanze per piano, interamente occupate da arredi e archivi. Per esempio, è da considerare l’enorme mole di incartamenti degli archivi della Procura della Repubblica di Nicosia stimata in almeno 5 tonnellate[5] (Fonte: La Repubblica, 24.3.2012, pag. IX, Palermo).
Questo elemento del “peso delle carte”, anche se può sembrare del tutto irrilevante, è invece decisivo per l’analisi dei costi. Non è a tutti noto che gli archivi, in sede di trasferimento, determinano un lievitazione dei costi, posto che esiste un rapporto inversamente proporzionale tra peso delle carte e volume: per fare un esempio: quando il carico delle carte raggiunge il limite di legge del peso consentito al mezzo di trasporto, il carico si considera completato, anche se all’apparenza vi è ancora spazio nel veicolo. Dal che deriva che per trasferire un archivio da una città all’altra, potrebbero servire anche 4 viaggi del mezzo, con incidenza facilmente immaginabile sui costi.
L’incidenza dei costi per il solo “trasloco” del tribunale di Nicosia farebbe venire meno qualsiasi obbiettivo di risparmio di spesa, interamente a carico dello Stato, dato che né il Comune di Nicosia né quello di Enna hanno mezzi e personale per effettuare un trasloco. E la simulazione del costo del trasloco dell’intero tribunale di Nicosia effettuata sul campo da chi scrive con l’ausilio di una ditta specializzata, senza tenere conto – si noti – del trasferimento dell’archivio storico del tribunale, ammonta ad euro 100.000,00.
A ciò va aggiunto che la Procura di Nicosia ha in forza 30 dipendenti i quali non possono essere ri-collocati come gli archivi, all’evidenza. Si domanda: è stato calcolato e verificato se presso il tribunale di Enna vi è la concreta e reale possibilità di assegnare ai 30 dipendenti un adeguato[6] ambiente di lavoro?
Naturalmente, vanno anche aggiunti i costi per missioni ed investigazioni dell’ufficio di Procura, interamente a carico dello Stato.

4.2. Un esempio di finto risparmio di spesa: le retribuzioni del personale del tribunale
Nell’anno 2010, lo Stato ha erogato a Nicosia retribuzioni per il personale in servizio pari ad € 1.281.260,45.
Da ciò consegue che, prendendo a paragone i costi della struttura che incidono per appena il 22,3% (senza considerare la contribuzione comunale) e le retribuzioni, si nota subito che la spesa per le retribuzioni è da considerarsi spesa estranea alla valutazione del risparmio di spesa prevista dall’art. 1, comma 2 della L. 148/2011, per la motivazione ovvia che il personale deve essere in ogni caso retribuito a prescindere dalla sede di lavoro. Nel caso di soppressione con accorpamento del tribunale di Nicosia alla sede di Enna, il costo si riverserebbe interamente a carico del singolo dipendente, costretto a fare il pendolare a proprie spese, in assenza totale di trasporto pubblico idoneo a giungere in orario in ufficio tra Nicosia ed Enna / Caltanissetta.

4.3. Valutazione della capacità recettiva del tribunale di Enna: costi e tempi di adeguamento della struttura

Vi è poi l’aspetto, assai pratico, della capacità (in generale) della struttura giudiziaria accorpante, di ricevere un altro tribunale.
Occorre anche qui una puntuale valutazione e analisi della concreta fattibilità e quindi dei costi della capacità recettiva dell’ipotetico tribunale accorpante (in ispecie quello di Enna).
Preliminare, infatti, alla concreta fattibilità dell’accorpamento del tribunale di Nicosia con quello di Enna è la valutazione della capacità recettiva infrastrutturale del Palagiustizia di Enna. Vale anche per questo punto quanto sopra riferito posto che il costo per l’adeguamento della struttura ennese ricadrebbe interamente a carico del Comune di Enna e, in mancanza, a carico dello Stato. Alla voce del costo deve aggiungersi quella dei tempi necessari per l’adeguamento della struttura, inevitabilmente proiettabili nel lungo periodo, con ricadute decisive in termini di efficienza del servizio.
Col che si vuole affermare che, in ipotesi di trasferimento, l’adeguamento della struttura ricevente[7] protrarrebbe i tempi di realizzo a “regime” del completo trasferimento nell’ordine di anni.

4.4. Valutazione della situazione infrastrutturale (collegamenti viari) per l’accesso reale alla giustizia

Anche qui, l’esempio del tribunale di Nicosia è emblematico poiché può essere rinvenuto in molti altri casi, a conferma che la situazione infrastrutturale è un vero e proprio limiti alla riduzione degli uffici giudiziari.
Invero, il criterio generalizzante della riduzione degli uffici giudiziari di primo grado di cui alla legge delega (cfr. relazione del gruppo di studio citata) impatta inevitabilmente con la reale e concreta situazione totalmente deficitaria delle infrastrutture di collegamento dei comuni del circondario del tribunale di Nicosia con il tribunale di Enna.
La provincia ennese è dotata di una rete stradale “antidiluviana”[8]. Vi sono comuni (attualmente facenti parte del circondario giudiziario nicosiano) i cui cittadini, per raggiungere il tribunale di Enna impiegherebbero anche 2 ore, senza tacere che per alcuni mesi dell’anno, alcuni di questi comuni restano isolati anche a causa della notevole quantità di fenomeni franosi che interessano la rete stradale. A ciò si aggiunga la mancanza di un adeguato servizio di trasporto pubblico limitato ai soli autobus. A carico di chi andrebbero tutti questi “costi sociali”?
È questo il tema dei “costi sociali” di un processo produttivo[9], nel senso che qui i costi del rinnovamento del processo produttivo della giustizia dovuto alla revisione della geografia, non possono essere posti totalmente a carico dei destinatari, dato che lo Stato non può essere considerato “soggetto esterno” al processo produttivo, essendovi una coincidenza evidente tra Stato riformatore e cittadinanza giudiziaria riformata, rappresentata dal noto brocardo “lo Stato siamo noi”. Quindi i cittadini in quanto Stato e in quanto destinatari della riforma giudiziaria sopporterebbero totalmente i costi della riforma, in nome di un obbiettivo di (seppure condivisibile) revisione della spesa pubblica[10] che da solo non giustifica i sacrifici imposti alle collettività dei territori.

4.5. Gli stakeholder

Senza mancare di rilevare che la voce dei costi deve essere rettamente applicata secondo il principio della individuazione degli stakeholder che è così inteso dallo stesso Governo italiano[11]:
“L’individuazione e la scelta degli stakeholder rappresenta un passaggio fondamentale nella “relazione pubblica” che si vuole attivare con la propria comunità.
Letteralmente stakeholder (“to hold a stake”) significa possedere o portare un interesse, un titolo, inteso (quasi) nel senso di un “diritto”. In sostanza, lo stakeholder è un soggetto (una persona, un’organizzazione o un gruppo di persone) che ritiene di detenere un “titolo” per entrare in relazione con una determinata organizzazione. Un soggetto le cui opinioni o decisioni, i cui atteggiamenti o comportamenti, possono oggettivamente favorire od ostacolare il raggiungimento di uno specifico obiettivo dell’organizzazione…”
“Gli stakeholder deboli, cioè coloro che hanno alto interesse ma bassa influenza. Questa categoria è rappresentata da soggetti che non hanno i mezzi e gli strumenti per poter esprimere in modo forte e omogeneo i propri interessi; questi soggetti coincidono spesso con le fasce destinatarie delle politiche dell’Amministrazione ed è quindi opportuno coinvolgerle nella formulazione delle politiche stesse.”.
Gli utenti del servizio giustizia, a fronte di un provvedimento di chiusura di un tribunale e trasferimento ad alto, sono stakeholder deboli, in quanto debbono sopportare per intero i costi di un trasferimento di una struttura giudiziaria verso un’altra struttura in tempi non ipotizzati né preventivabili.

5. Conclusioni
È allora evidente che, preliminarmente all’adozione degli schemi di decreti di riordino della geografia giudiziaria, è necessario (come segnalato del deliberato dell’Unione fori Siciliani) un confronto tecnico-istituzionale congiunto tra il Ministero, i capi degli uffici giudiziari (in particolare le procure), le amministrazioni comunali e gli ordini forensi, sulla autentica dimensione e le caratteristiche delle realtà del territorio sede dei tribunali in ipotesi destinati alla chiusura, attraverso l’istituzione di tavoli tecnici, avanti ai quali uno spazio di interlocuzione dovrebbe essere riservato anche a soggettività pubbliche della società civile, rappresentativi degli stakeholder deboli.

(Altalex, 16 maggio 2012. Giuseppe Agozzino)