Piazza Armerina. Protestano gli animalisti per una ordinanza del sindaco

“Piazza Armerina, multe salate per i cani che sporcano le aiuole” è l’ordinanza che il primo cittadino avrebbe emanato con la quale vieta anche di sfamare e dissetare i cani randagi di Piazza Armerina.
Sulla necessità di garantire il decoro e la pulizia delle strade e dei parchi pubblici nulla questio. Ogni cittadino civile che si rispetti deve essere munito di palettina e sacchetto per la raccolta delle feci. Molta gente ne fa uso da anni! Per il resto, come è solito da queste parti … si sa … la civiltà e le buone maniere si fanno attendere!
Per entrare nel vivo della questione che più interessa la LAV ennese, si cita il contenuto dell’ordinanza in oggetto: “Vietate le ciotole lasciate dai cittadini nei luoghi pubblici per i randagi. Ai trasgressori verranno applicate sanzioni dai 50 ai 300 euro”.
Dai più recenti orientamenti giurisprudenziali (riferimento soprattutto alla sentenza T.A.R. Puglia, sez. Lecce, sent. n. 525/12) emerge che dare da mangiare agli animali randagi, abbandonando il cibo sulle pubbliche vie, non può considerarsi un illecito e pertanto l’ordinanza del sindaco che vieta questo comportamento va annullata.
Secondo le motivazioni dei giudici amministrativi non esiste nel nostro ordinamento alcuna norma di legge che vieti di alimentare gli animali randagi. Ne consegue che l’ordinanza in questione si pone in contrasto con la normativa nazionale e regionale sulla prevenzione del randagismo e sulla tutela degli animali di affezione (che, viceversa, viene invocata nelle premesse dell’ordinanza sindacale de quo, citiamo testualmente: “ritenuto opportuno adottare un provvedimento a tutela della sicurezza delle persone, dell’ambiente, dell’igiene e degli animali d’affezione”).
L’amministrazione denuncia che le strade sono sporche per gli avanzi di alimenti lasciati dai benefattori di animali. Ciò non basta. Secondo il Tar Puglia è prioritaria la legge quadro sul randagismo che, già all’art. 1, stabilisce che lo Stato condanna gli atti di crudeltà contro gli animali, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale. Gli animali, quindi, devono essere protetti e non si può impedire chi vuole alimentarli.
Ma v’è di più. Simpatico, per usare un eufemismo, il seguente sillogismo: Il Sindaco vieta di alimentare i cani randagi. I cani randagi sono di proprietà del Comune (nella persona del Sindaco). Il Sindaco commette reato (maltrattamento) contro i cani di sua proprietà.
Il Sindaco denuncerà se stesso?!
Non crediamo, magari ci penserà qualcun altro a farlo.
Un paradosso: per anni non si mette freno (se non con “metodi poco convenzionali”) al dilagare del randagismo e poi si colpevolizza la gente che mette ciotole di acqua e cibo per sfamare i randagi. Ma i randagi non piovono dal cielo (né vengono scaraventati nottetempo da messi di altri “lidi”, come paventato da qualcuno). Sono due le cose: c’è qualche delinquente che li abbandona, c’è qualche amministrazione che non si cura abbastanza del problema.
Per tutta risposta vengono sanzionati i cittadini che, adempiendo ad un obbligo morale, in realtà suppliscono all’inadempienza di un obbligo giuridico del Comune, garantire il benessere e la sopravvivenza dei randagi.
Così come ci sembra assurdo che, dopo tanti “sacrifici” fatti per portare avanti la campagna di sterilizzazione dei randagi con conseguente remissione sul territorio, così come previsto dalla legge, essi debbano essere fatti morire di fame e di stenti … nella migliore delle ipotesi (sic!).
Altro aspetto degno di nota è il divieto di accesso ai cani, qualora segnalato da appositi cartelli, nelle aiuole, nei parchi pubblici, nei giardini (art. 2 ordinanza n.74). Preso atto di ciò dovrebbe, allora, essere garantito ai cittadini e ai loro cani di avere disponibilità di aree appositamente dedicate allo sgambamento di questi ultimi (in molte città italiane esistono già da molto tempo i c.d. parchi attrezzati di sgambamento per cani – solo per citarne alcune: Milano, Verona, Torino, Brescia, Piacenza, Padova, Roma – ove i quadrupedi possono correre e muoversi liberamente anche senza museruola). Di certo a Piazza Armerina non mancherebbero spazi verdi idonei allo scopo.
Detto questo –proseguono i rappresentanti della LAV- nostra riflessione sulle “strategie” che intende adottare il Comandante della Polizia Municipale per garantire il rispetto dell’ordinanza de quo “Il comando della polizia municipale potrebbe organizzare dei controlli a sorpresa in borghese, magari con alcuni agenti seduti comodamente nella panchina di un parco della città, pronto a beccare chi viola le norme stabilite nell’ordinanza 74”.
Davvero esilarante, se solo non ci fosse un retrogusto amaro: Piazza Armerina è in tutta Italia il simbolo della strage dei cani. Centinaia di avvelenamenti in due anni. Come centinaia sono stati gli episodi di abbandono, numerosi i casi di maltrattamento.
Stupisce, pertanto, che il sindaco abbia, in un contesto del genere, fatto sentire la sua voce per contrastare, più che per promuovere, il rispetto degli animali da affezione.
Bene. La medesima solerzia che auspica il Comandante della Polizia Municipale circa il rispetto dell’ordinanza sindacale n. 74, sarebbe stata necessaria per “pescare” il fantomatico “killer dog” (così come è stato soprannominato in uno degli ultimi pezzi sugli avvelenamenti), o per controllare il rispetto dell’obbligo di microcippare i cani padronali, per verificare le denunce di maltrattamento.
Ma d’altro canto “stare seduti comodamente nella panchina di un parco della città, pronto a beccare chi viola le norme stabilite nell’ordinanza 74” è senz’altro più comodo!
Per fortuna che ogni tanto la legge ci assiste … esiste il ricorso amministrativo contro le ordinanze sindacali!


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