Uno dei piatti più tradizionali, dimenticato negli anni del boom economico e da qualche anno tornato nelle tavole degli aidonesi, è la polenta di cicerchia, o come la chiamavano i vecchi i frasquatul’; essa ha rappresentato un alimento fondamentale nei momenti più critici della nostra storia e forse, appunto per questo, gli anziani hanno preferito dimenticarla. Solo recentemente è stata rivalutata, incentivandone la coltura, è diventato un alimento di pregio, se si arriva a pagare la farina sei euro al chilogrammo!
La cicerchia (Lathyrus sativus, detta anche cicerula, cece nero, dente di vecchia, pisello quadrato) è una leguminosa da granella conosciuta da sempre nel bacino del Mediterraneo. Come legume ha avuto una parte importante nella cucina povera, in Aidone è stata da sempre usata come farina ottenuta macinando i legumi previamente tostati. Negli anni della razionamento del grano, e poi del dopoguerra, sostituiva, sulla tavola dei poveri e dei contadini, la pasta e il pane. Veniva mangiata calda appena cotta, condita con olio di oliva, aglio e verdure (finocchietti selvatici, sanacioli, muzzatura o spicuneddi, questi ultimi le infiorescenze –i rusunedd’- rispettivamente dei broccoletti e dei cavoli) o fredda fritta in padella. Gli aidonesi ormai, all’inizio dell’inverno si forniscono di qualche chilo di farina e non si fanno intimidire dal prezzo elevato. Qualche anno fa fu pubblicato un pregevole volumetto che raccoglieva le ricette tradizionali e di invenzione estemporanea, che avevano come alimento base la cicerchia, ricette sperimentate dalle mamme dei ragazzi della scuola media a conclusione di un progetto supportato dalla S.O.P.A.T., che includevano tutto un menù, dal primo al dessert… non so se ancora qualcuno le arrischia, ma so che la classica semplicissima polenta è sempre gradita a grandi e piccoli e, fritta, non manca sulle tavole importanti delle feste. E allora ecco la ricetta.
Polenta di cicerchia
Ingredienti
Quattro litri d’acqua per circa mezzo chilo di farina
Olio, sale, aglio, un pugno di finocchietti selvatici o di broccoletti
Come si fa
Quando l’acqua è in ebollizione, a piacere, mettere un pugnetto di verdure tagliuzzati da far cuocere per una decina di minuti. Raffreddare con un bicchiere d’acqua fredda, portare al minimo la fiamma e con l’aiuto di una frusta cominciare a versarvi a pioggia la farina di cicerchia fino a quando raggiunge la consistenza desiderata e comincia a ribollire; aumentare la fiamma e far cuocere per un quarto d’ora circa, sempre rimestando; intanto fra soffriggere in abbondante olio di oliva l’aglio, aggiungere alla polenta e rimescolare per amalgamarlo bene; spegnere e versare nei piatti.
Si può mangiare così com’è, con un po’ di pepe e peperoncino, accompagnata con salsiccia o coniglio selvatico al sugo.
FRITTA – Lasciarla raffreddare nel piatto dov’era stata versata per almeno 12 ore, ma si può mantenere anche per alcuni giorni in frigo. Capovolgerla su un tagliere e tagliarla a fettine dello spessore di un cm circa, infarinare le fette e friggerle in olio caldo. Quando è dorata da tutte due le parti comporla nel piatto di portata. L’optimum è mangiarla calda e croccante così com’è, ma c’è a chi piace arricchirla con una spolverata di zucchero.
a cura di Franca Ciantia