Condanna a morte di un paese ed è quello che Poste italiane vuol fare con Villapriolo

Villapriolo. Chiudere e distruggere quel po’ di buono che è rimasto nel tessuto sociale è facile. C’è una recessione di democrazia e di solidarietà proprio nel momento più difficile della crisi economica che penalizza maggiormente le piccole comunità. Chiudere la scuola o l’ufficio postale significa condannare a morte un paese ed è quello che Poste italiane vuol fare con Villapriolo. E’ questo, in sintesi, il pensiero di tutti i cittadini della frazione, dopo la decisione di Poste Italiane di sopprimere il quasi secolare sportello cittadino. L’angoscia della gente, in un luogo dove già i disagi sono numerosi e dove la popolazione è costituita essenzialmente da anziani, si tocca con mano. Immediata la reazione dell’amministrazione comunale che per lunedì 3 dicembre ha convocato in seduta urgente il consiglio comunale per trattare la paventata chiusura dell’ufficio postale. Quanto si teme ha fatto scalpore ed ha provocato tanta amarezza ed indignazione negli amministratori villapriolesi, in particolare dell’assessore Franco Crupi, dei consiglieri di circoscrizione, del consigliere comunale Lorenzo Meli che, dicono, “non sono disponibili ad assistere inerti al venir meno di un servizio di forte rilevanza sociale”. “Non si può ammainare una bandiera, cancellare un frammento di storia –affermano-, rimuovere dalla memoria collettiva di un paese che perde pezzi, giorno dopo giorno, di un capitolo di vita vissuta. La porta dell’ufficio postale, dopo quella della chiesa e della scuola, è la più importante per la nostra comunità; se si chiude, si apre una grave ferita nel tessuto sociale di questa gente e nella storia del paese. Una storia fatta di sacrifici, sudore e sangue, forse anche povertà ma sicuramente anche di dignità e coraggio. Noi vogliamo continuare a vivere e andare avanti nel nostro paese dignitosamente con le nostre modeste attività agricole e artigianali. Se il provvedimento che si paventa –aggiungono- dovesse andare avanti non l’ho accetteremo passivamente. Si tratterebbe di un provvedimento assunto in base a freddi calcoli aritmetici e che si inserisce nella progressiva erosione dei diritti e nello smantellamento dei già pochi servizi a danno del nostro territorio. Chiediamo a Poste Italiane un atto di ripensamento e, nel frattempo, sollecitiamo il sindaco a farsi promotore, con l’urgenza del caso, di un incontro con il prefetto, al quale consegneremo le firme dell’intera popolazione, e le deputazioni ennesi che si facciano delle interpellanze parlamentari”.

Pietro Lisacchi