Chiesta la revoca del 41 bis per Gaetano Leonardo, detto “Tano u’ liuni”
Enna-Cronaca - 03/01/2013
Gaetano Leonardo, detto “Tano u’ liuni”, ritenuto uno dei maggiori esponenti della mafia ennese, si trova in carcere da undici anni, carcere duro dopo essere stato arrestato nell’operazione Parafulmine. Ora la difesa, rappresentata dal penalista Antonio Impellizzerri, ha chiesto la revoca del 41 bis, il cosiddetto “carcere duro” L’avvocato Impellizzeri ha presentato ricorso al tribunale di Sorveglianza di Roma, chiedendo di annullare il 41 bis, di recente prorogato per tutto il 2013. Per “Tano ‘u liuni” ci sono tante restrizioni che vanno dai colloqui controllati, controllo della corrispondenza e dello stile di vita. Intanto la Cassazione dovrà fissare, a breve, l’udienza sulla richiesta di ergastolo che gli fu inflitto per l’omicidio di Giuseppe Cammarata, imprenditore edile di Enna bassa, scomparso nel 1989. Se la Cassazione dovesse confermare questa condanna, per Leonardo significherebbe subire il carcere a vita. Gaetano Leonardo, solo l’anno scorso fu condannato a 17 anni in appello, condanna questa che sarà discussa in Cassazione il 21 gennaio, per otto estorsioni di stampo mafioso commesse in provincia di Enna, e finirebbe di pagare il suo debito con la giustizia fra qualche anno. L’avvocato è riuscito ad ottenere che questa condanna fosse ritenuta “in prosecuzione” con le precedenti condanne per cui si potrebbe prevedere un esaurimento delle stesse. Ovviamente tutto è condizionato dalla possibile pena all’ergastolo. Leonardo viene ritenuto il capo della famiglia di Cosa Nostra di Enna e Cammarata, imprenditore edile di Enna bassa, veniva ritenuto dai pentiti un appartenente alla mafia ennese degli anni ’80, ma tra l’8 e il 9 maggio del 1989 scomparì improvvisamente, inghiottito dalla lupara bianca. Secondo i collaboratori di giustizia, sarebbe stato ucciso perché avrebbe partecipato a una congiura (poi fallita) contro il nisseno “Piddu” Madonia, amico di Leonardo, condannato anch’egli all’ergastolo. Leonardo non sopportava la sua presenza ed il suo ruolo e da qui, secondo i collaboratori di giustizia, scattò l’operazione della sua scomparsa.