L’infanzia
La giovinezza e il lavoro
Appena fu in grado di apprendere un mestiere, imparò l’arte del calzolaio nella bottega di Mastro Giovanni Ciavirella e poi di Mastro Ambrogio Mirabella, distinguendosi per l’impegno nel lavoro, nella preghiera e nel buon esempio. Questa fu la sua scuola e la fonte dell’onesto guadagno per contribuire alle necessità della famiglia.
L’ingresso in Convento
Avendo sperimentato per tanti anni la spiritualità francescana nella Confraternita del Terz’ordine francescano detta dei ‘Cappuccinelli’, che aveva sede nella chiesa dei Miracoli, e avendo frequentato il convento, all’età di 28 anni fu accolto tra i Frati Minori Cappuccini e vestì l’abito religioso nel convento di Mistretta, dopo sette o otto anni di rifiuti (per probabili disposizioni restrittive del Governo Borbonico e anche per verificare la solidità della sua vocazione) e di fiduciosa attesa. Il 10 ottobre 1743 iniziò l’anno del noviziato col nuovo nome di fra Felice da Nicosia. Tale nome gli fu dato in onore di San Felice da Cantalice (Rieti), primo santo cappuccino, vissuto dal 1515 al 1587, esattamente due secoli prima. Molti momenti della vita di fra Felice si presentano in perfetto parallelismo con quelli della vita di S. Felice.
Risulta evidente il passaggio dalla ricchezza alla povertà vissuto da Francesco d’Assisi, e qualcuno, a proposito difra Felice, si potrebbe chiedere come un povero calzolaio abbia potuto scegliere la povertà francescana. Può darsi che a quel tempo i calzolai non fossero tra gli artigiani più poveri, considerando la molteplicità di botteghe e di lavoratori e apprendisti. Certo non erano tra gli artigiani più ricchi
Linee di un volto tra la storia e la fede
Nei suoi quotidiani contatti con il popolo fu generoso nel dare buoni consigli, pane e prodigi che gli meritarono grande fama a Nicosia e nei paesi vicini.
La morte
Il 31 maggio 1787, si sparse la notizia che fra Felice era prossimo alla fine.
Da Nicosia e dalle sue campagne, e dai paesi vicini e lontani, Sperlinga, Cerami, Cesarò, Mistretta, Ceraci, Gangi, S. Mauro Castelverde, Capizzi, Troina…, si mosse una gran folla di devoti che vollero visitare le spoglie mortali. Per tre giorni le campane, anche quelle «riservate» per la morte dei Papi, con i loro rintocchi segnarono il dolente silenzio che era sceso nelle strade tante volte percorse da fra Felice. Al momento della sepoltura nelle catacombe, fra Onofrio da Castelbuono, presente fra Serafino da San Mauro Castelverde, volendo verificare ancora una volta la famosa obbedienza di fra Felice, «strappò» un prodigio dicendo: «Fra Felice, come foste con noi obbediente in vita, siatelo anche da morto», e recisa una vena ne vide sgorgare abbondante sangue vivo, che venne prontamente raccolto con fazzoletti e con teli. Ma già prima di questo prodigio, nei tre giorni in cui la salma era stata esposta, tre bambini, uno zoppo in seguito a una caduta, uno paralizzato agli arti inferiori e uno storpio in tutti gli arti, in momenti diversi, vennero completamente guariti e resi capaci di camminare.
I MIRACOLI
La straordinaria ordinarietà
I miracoli, dono che Dio talvolta si compiace realizzare anche attraverso alcuni suoi figli (i “santi”), si collocano in un contesto di fede o suscitano la fede. Anche il Beato Felice, come attestano numerose testimonianze, è stato scelto da Dio per beneficare gli uomini.
Al di là di episodici casi straordinari (bilocazione, levitazione), i miracoli che egli ottiene da Dio sono la risposta ai bisogni che incontra quotidianamente, sono interventi divini che permeano la vita di ogni giorno nella modestia e quasi irrilevanza dei suoi fatti ordinari, quasi a far risaltare più la sua esperienza di unione con Dio condotta nella semplicità e ordinarietà della vita di ogni giorno.
Tra i tanti ne ricordiamo alcuni: l’acqua presa col paniere, su comando di P. Macario, per offrirla al Vicerè di Sicilia, Duca Eustachio di Viefuille; la colomba restituita alla vita, che l’eremita di San Michele, suo amico, glia aveva offerto già uccisa affinchè la mangiasse e potesse riprendere energie, perché debilitato a causa di una lunga malattia; la botte risanata e il vino recuperato nella casa di una benefattrice del convento, il cui marito alla vista del prodigio cambiò vita; la liberazione della fattoria di un certo Carmelo Falco dalla presenza del maligno presentatesi sotto le sembianze di un giovane e robusto operaio.
Diffusasi la fama della sua santità e dei miracoli compiuti in vita, cominciarono i pellegrinaggi alla sua tomba. Il primo miracolo, accertato dopo la morte, riguarda il palermitano Vincenzo Abate, scaricatore di porto, affetto al braccio destro da artrite cronica fungosa, tumore bianco. Il signor Abate, dopo aver pregato dinanzi all’immagine di fra Felice esposta nel convento dei Frati Cappuccini di Palermo e avendo tenuto per un’intera notte un’ immaginetta di fra Felice sul braccio malato, l’indomani si alzò dal letto perfettamente guarito e potè ritornare al suo consueto lavoro. Il secondo miracolo avvenne ad Adrano, il frate cappuccino, sac.Giuseppe Antonio, affetto da un tumore, dopo aver subito diversi interventi chirurgici senza esito risolutivo, sembrava ormai prossimo alla fine, ma un confratello, offrendogli una reliquia di fra Felice, disse: «Eccole, padre, la medicina vera, se la metta addosso e invochi con fede questo nostro confratello». L’indomani il medico curante costatò che la fìstola era scomparsa senza lasciare traccia.
Le due guarigioni venero esaminate da una commissione scientifica e furono dichiarate miracolose.
Il 12 febbraio del 1888, il papa Leone XIII lo proclamava “beato”.
I LUOGHI
Nicosia, la sua città natale custodisce la casa che la tradizione ci consegna come la modestissima casa natale del Beato Felice, che nel 1954 divenne luogo di preghiera (il 5 di ogni mese, giorno della nascita, vi viene celebrata l’Eucaristia). La cattedrale conserva il Fonte Battesimale, i registri che contengono l’atto di matrimonio dei genitori, l’atto di battesimo del Beato Felice, presenta alcune reliquie ‘ex ossibus’ accompagnate da una sua immagine dipinta e la lapide che ricorda il luogo della deposizione delle reliquie, dopo la soppressione del convento. Nel convento trasformato in carcere si conserva l’area della cella in cui è vissuto il Beato Felice e si indica anche il luogo in cui sorgeva il pozzo da cui attinse l’acqua col paniere.
Nella nuova chiesa di “S. Maria degli Angeli” si custodiscono parte delle reliquie, gli strumenti di peni
tenza e gli oggetti appartenuti al B. Felice.
Qui se ne cura il culto e la devozione: la veglia di preghiera il 31 maggio di ogni anno per ricordaren il transito; la memoria liturgica il 2 giugno; e la festa cittadina la prima domenica di settembre, che dal 2000 vede impegnata l’associazione “Fraternitas B. Felice”, che ha come finalità la formazione cristiana dei membri e la diffusione della devozione al Beato.
Mistretta (Messina)
Nella chiesa di “S. Francesco” già dei Cappuccini (persa con la soppressione e ora della Diocesi di Patti), ove il Beato Felice visse il suo noviziato, se ne cura la devota memoria. Per diversi anni si è fatta la festa cittadina l’ultima domenica di luglio. La memoria è inserita anche nel calendario liturgico
della Chiesa locale di Patti.
Cerami (Erma)
In occasione di una epidemia (marzo 1777) anche Cerami sperimentò la miracolosa intercessione del Beato Felice e da allora ne conserva in ricordo. -“
Giarre (Catania)
Dimorando per qualche tempo nel convento di Acireale, il Beato Felice si trovò a passare per la centralissima Via Gallipoli di Giarre, nella quale abitava una donna in grave pericolo per un parto difficile, e, interessato al caso, si recò da lei e invocando l’aiuto dell’Immacolata, la donna subito partorì felicemente. Questo fatto spiega la devozione al Beato Felice anche a Giarre.
Gangi (Palermo) e Sperlinga (Enna)
La devozione al Beato Felice si è espressa per tanti anni con un pellegrinaggio notturno a piedi da Gangi e da Sperlinga, e ancora adesso molti mantengono tale tradizione.
Rocca di Caprileone (Messina)
Da quarant’anni, l’ultima domenica di agosto si celebra la festa cittadina voluta dal defunto Sindaco Giuseppe Grasso e dall’allora vicepostulatore Fr. Gregorio da Troina.
IL CULTO E L’ICONOGRAFIA
La beatificazione
Centun’anni dopo, svoltosi il processo canonico, il 12 febbraio del 1888 papa Leone XIII lo proclama “beato”. In quel giorno tutte le campane di Nicosia proclamavano la gloria del suo figlio illustre e la gioia del suo popolo fedele. Se ne diffuse il culto nella Diocesi di Nicosia e nelle nazioni dove erano presenti i Frati Cappuccini.
Attualmente la memoria liturgica è inserita nel calendario liturgico di Sicilia al 2 giugno e in tutto L’Ordine dei Frati Cappuccini il 29 maggio.
Il decreto di Compatrono di Nicosia
Dopo tanti anni, la comunità ecclesiale di Nicosia vede realizzato il suo ardente desiderio: il 18 luglio 2001 la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha confermato il decreto emesso, il 31 maggio 2001, da S. E. Mons.Salvatore Pappalardo che vede il Beato Felice da Nicosia «Patronum secondarium apud Deum civitatis Nicosiensis». Detto decreto viene proclamato il 2 settembre dello stesso anno.
L’alba della canonizzazione
L’attuale vicepostulatore, fra Luigi Saladdino da Troina, da alcuni anni ha curato la devozione del Beato Felice, ha promosso un convegno di studi storici dal titolo «II Beato Felice da Nicosia e il suo tempo», e, avendo rintracciato il Processo diocesano su un presunto miracolo avvenuto a Tusa, Diocesi di Patti, agli inizi del 1900, lo ha trasmesso al postulatore dell’Ordine Cappuccino, fra Florio Tessari, il quale ha provveduto a presentarlo alla Congregazione per la causa dei santi la Positio super miraculo.