Palermo. Roberta Torre ed il nuovo progetto teatrale “Tresh the dress”
Enna-Cronaca - 19/01/2013
Roberta Torre si laurea in filosofia, frequenta l’Accademia d’arte drammatica Paolo Grassi e la sede di Milano del Centro sperimenatle di cinematografia, nel 1990 si trasferisce a Palermo, dove gira i film: Tano da morire, Sud Side Stori, Angela. Ultime sue pellicole: I baci mai dati e Rose e matematica
Il suo viaggio comincia nella conoscenza: l’università, l’accademia di teatro, la scuola di cinema a Milano e poi l’approdo a Palermo
Il mio viaggio comincia molto lontano, sia nel tempo che nello spazio. Io nasco a Milano, il fatto di arrivare da nord a sud è stato un viaggio fisico, geografico, che m’ha portato a esplorare delle realtà che probabilmente a nord non trovavo. Giunta in Sicilia è come se avessi trovato una sorta di luogo dell’anima e per me è diventata il palcoscenico di quasi tutta la mia opera, ho trovato in questa terra qualcosa che evidentemente cercavo profondamente: delle storie, dei volti; la mia ricerca è sempre stata molto legata anche alla pittura, al ritratto, allo studio dell’immagine. Sono 20 anni che sono qua e non possono nemmeno più dire di non essere in qualche modo siciliana. Il viaggio è stato poi esplorare dei territori che per me sono sempre nuovi. Quello che trovo e che per me diventa fonte di ricerca è sempre qualcosa che non ho conosciuto prima. Per me l’arte, il mio lavoro, rappresentano una ricerca che non è mai un approdo e spero di non approdare mai, spero di viaggiare sempre. Non voglio mai arrivare a fermarmi, il giorno in cui mi fermerò vuol dire che non avrò più nulla da dire
Quali sono le immagini cardine che l’hanno guidata a comporre gli spettacoli Gli Uccelli di Aristofane di scena a Siracusa e Lunaria a Taormina?
In qualche modo io lavoro sul teatro da molti anni e ho fatto parallelamente sia studi di teatro che di cinema e poi la vita mi ha portato al cinema per vari motivi ma il teatro è rimasto sempre il mio sogno in qualche modo segreto, qualcosa che sapevo mi avrebbe nutrito in un momento difficile come quello che sta vivendo adesso il cinema italiano e dunque in qualche modo ho preferito rifugiarmi nel teatro con gran privilegio, non come ripiego, perché trovo attualmente il cinema molto povero, triste e quindi ho preferito lavorare in una direzione dove l’immaginario viene nutrito costantemente. Il lavoro a Siracusa è stato entusiasmante, intanto per il luogo: si tratta di un teatro straordinario dove hai contemporaneamente la possibilità di essere visto da sei mila persone a sera. Oltre tutto il teatro greco ti porta proprio al rito del teatro primordiale e lì qualsiasi gesto, qualsiasi voce, anelito o respiro è amplificato e appena c’è qualcosa che non rientra nell’armonia del luogo o dello spettacolo senti subito la disarmonia, l’errore. Lunaria è un altro percorso, molto più intimo, dentro una grande poeta e scrittore come Consolo: testimone di questa terra; un’esperienza bellissima fatta con Franco Scaldati, con Etta Scollo. In questo caso i tempi sono stati molto stretti, abbiamo lavorato sulla messa in scena come ad un piccolo gioiello a metà tra il teatro e la performance e c’era anche molta musica. E’ un progetto che intendo riprendere perché ha avuto una velocità di esecuzione che non ha dato tutte le possibilità che aveva.
Parallelamente al teatro un percorso cinematografico quali Cult Factory e Nativity Boom, come ha reagito il pubblico a quest’ultimo
Da un po’ di tempo a questa parte ho avuto la voglia di iniziare a lavorare su quello che è il lavoro con l’attore, quindi recuperare anche delle forze nuove ed è per questo che ho iniziato a fare una serie di laboratori proprio in vista del mio prossimo film e Cult Factory è stato questo: la possibilità di trovare in tutta Italia dei giovani attori. L’idea di farli lavorare su dei film famosi, con dei testi consolidati del cinema mondiale ha dato delle grandi gioie, proprio perché l’attore avendo un testo solido e impeccabile, può capire quali sono le possibilità espressive reali, il testo è fondamentale. Nativity Boom è stata una istallazione fatta al Teatro Sant’Agata alla Guilla a Palermo, in occasione del Natale, una specie di piccolo presepe vivente dove c’è questa coppia che negli anni 60 aspetta l’arrivo di un ipotetico bambino, quindi di un Gesù, ed è stata realizzata proprio con due giovani attori, due ragazzi che hanno lavorato prima in questo laboratorio. E’ stata una sorpresa la risposta del pubblico per la sua affluenza continua e molto partecipata; anche questo è una sorta di esperimento che parte dal teatro per arrivare alla performance, dove anche il pubblico fa parte del lavoro e diventa a sua volta attore della messa in scena.
Tresh the dress, è il suo progetto in corso. Tutto comincia da degli abiti da sposa per arrivare dove?
L’idea di Tresh the dress è di una Medea contemporanea, dunque di una donna che in qualche modo si è sentita tradita e lacerata in quello che era il suo sogno d’amore. Parte dal tradimento e dall’idea che il vestito da sposa sia comunque un oggetto sacro, un simulacro su cui riversare il proprio immaginario matrimoniale. Quindi ho immaginato una messa in scena che prendesse spunto dalla Medea di Euripide per poi deragliare in una situazione contemporanea. Contemporaneamente ho scoperto che in America questa è diventata una moda: il fatto di fare un matrimonio e poi dopo un mese circa riproporre questa situazione matrimoniale però in una veste distruttiva e questo mi ha colpito molto e il fatto che ci fossero queste spose che si facevano rifotografare e riprendere però in contesti diversi, quindi un’autostrada dove il vestito viene distrutto piuttosto che un ruscello un fiume dove il vestito viene annegato. Sperimenterò un linguaggio che ancora una volta sarà tra il teatro e la performance in cui anche le attrici scelte metteranno in scena insieme al testo classico qualcosa che invece le rappresenterà personalmente e quindi anche le loro storie personali rispetto a questo evento del matrimonio
Si propone altri progetti per l’immediato futuro?
Adesso c’è l’iniziativa Tresh the Dress verso cui c’è stata un’adesione oceanica. E’ un grande piacere farlo in un luogo come quello dei Cantieri culturali della Zisa di Palermo che stanno ricominciando faticosamente a rivivere. In questa iniziativa sono coinvolti altri due artisti, uno è Franco Scaldati, grande maestro del teatro e poi c’è Franco Maresco, insieme abbiamo cercato , ognuno con la sua individualità, di portare avanti un progetto artistico In Cantiere. Contiamo di dare un po’ di ossigeno, un po’ di vita a questi cantieri culturali dove io ad esempio ho girato i miei primi due film: Tano da morire e Sud Side stori, dunque per me sono dei luoghi di memoria. Speriamo che anche la città in qualche modo reagisca positivamente e che le istituzioni si rendano conto del potenziale che hanno.
Livia D’Alotto
Photo e video Maria Catalano
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