Settimana Santa Enna: Domenica delle Palme

 

Da Papardura, oasi di pietà cristiana un tempo abitata solo dagli eremiti, alle ore 9,30 di Domenica delle Palme si inizia il ciclo delle celebrazioni della Settimana Santa ennese. I confrati della Passione rievocano l’entrata di Gesù a Gerusalemme e uno di essi, che impersona Cristo, monta su un asinello accompagnato dai dodici apostoli in costume mediorientale che lo precedono portando dei lunghi rami di palma. Percorrono i tornanti arroccati, giunti all’incrocio tra via Libertà, via Diaz e via IV Novembre, i protagonisti di questa rievocazione vengono accolti dalle rappresentanze delle Confraternite, che hanno inalberato i loro vessilli, dalla banda e tutto attorno la gente saluta agitando ramoscelli di ulivo.
Sulla piazzetta adiacente la chiesa di S. Sebastiano, la sagoma di un grande portale, vigilato ai lati da sentinelle col costume di soldati romani. Gesù sull’asinello e gli apostoli passano attraverso questa suggestiva cornice tra canti di osanna. Segue il rito della benedizione delle palme e degli ulivi e poi si compone una processione che passa da via Sperlinga, quindi percorre via Montesalvo, via Mercato, piazza Puccini e via Passione. Attraversando gli antichi quartieri sorti come insediamenti arabi, come quello della Mola. Il suono delle campane della chiesa di S.Leonardo annunciano l’arrivo della processione e sull’altare centrale il simulacro dell’Ecce Homo preannuncia la dolorosa passione di Gesù Cristo.

Alle 15,30, dalla chiesa di Montesalvo, ha inizio la processione alla quale partecipa il Collegio dei Rettori. I rettori e gli assistenti di tutte le confraternite, rispettando l’ordine delle precedenze, si recano, con le insegne, in duomo per l’adorazione del SS. Sacramento, solennemente esposto nell’ostensorio. Ogni terziglia (formata da un rettore con i relativi assistenti) ha una mantelletta diversa dalle altre e questo crea una ricca policromia: in questa occasione la città assume un’aria di particolare solennità. Al rullo dei tamburi, al suono delle marce funebri, che echeggiano e rimbombano per le strade strette e tortuose, sembra che il tempo si fermi; i confrati sembrano uscire da un antico affresco. La processione, dopo aver percorso via Montesalvo, via IV Novembre, via Libertà e praticamente tutta la via Roma, giunge in duomo, dove un sacerdote tiene la predica. Dopo l’adorazione del Collegio dei Rettori, inizia la tradizionale processione delle quindici confraternite, che dalla Domenica delle Palme sino al Mercoledì Santo, ad intervalli di un’ora l’una dall’altra, si recano in duomo. Nella parlata ennese la confraternita viene chiamata “ura”, appunto per il predisposto orario in cui ognuna di esse giunge in duomo. Sino al 1860 i confrati passavano per le vie della città recitando delle preghiere, senza insegne e in forma penitenziale. Dall’anno successivo, invece, cominciò una gara di signorilità e le preghiere furono sostituite dalla banda cittadina che, intonando marce funebri, accompagnava le processioni. Adesso le confraternite procedono con le insegne abbrunate, con al vestiario tramandato dal costume spagnolo: un camice bianco, un cingolo ai fianchi, uno scapolare, la mantelletta colorata (in dialetto mantiglia dal termine spagnolo “mantillas”), i guanti bianchi, il cappuccio con la visiera abbassata e una corona di vimini in testa, che costituiscono la divisa. Le croci, le insegne, i lunghi lampioni, chiamati blannuna dal vocabolo spagnolo “blandon”, cioè cerone, sono portati in processione e disposti secondo un ordine che è tradizionale.

Alle 16,15 giunge in duomo, dalla chiesa di S. Giovanni, la Compagnia del Rosario, fondata nel 1785. Questa confraternita ha un passato abbastanza travagliato. In essa rivive l’antica Compagnia dei Bianchi, istituita come organo del Sant’Uffizio spagnolo nel 1542. Compagnia dei Bianchi era chiamata anche quella del SS. Sacramento perché portava la stessa divisa. Le due confraternite, sorte con scopi diversi, finirono col fondersi una prima volta nel 1732. I confrati, che appartenevano solamente al ceto nobiliare, assistevano i condannati a morte durante il trapasso e ne curavano la sepoltura. Divisesi nel 1754, si riunificarono lo stesso anno, eleggendo la propria sede presso la vecchia chiesa di S. Giovanni. Nuovi dissidi sorti tra le due congreghe portarono ad una nuova scissione il 9 maggio 1763(14). La Compagnia dei Bianchi fu sciolta nel 1782, anno in cui fu abolito il Sant’Uffizio; ricomparve tre anni dopo con l’attuale denominazione di Compagnia del Rosario ed ebbe sede presso la chiesa di S. Domenico, l’attuale parrocchia di S. Giovanni Battista. Nuovamente sciolta nei primi anni del 1900 è stata ancora una volta ricostituita nel 1932. Nel corso di queste movimentate e frequenti scissioni, soppressioni e ricostituzioni, il vestiario è cambiato rispetto a quello originario, che è invece rimasto identico per i confrati del SS. Sacramento. Infatti, il bordo rosso della mantelletta color latte e la fascia, anch’essa rossa, sono stati sostituiti, il primo con uno di colore marrone scuro, e la seconda con un cingolo nero. Inoltre, il camice non è più aperto davanti con bottoni rossi, ma a sacco, e dal collo pende un medaglione raffigurante la Madonna di Pompei tra S. Domenico e S. Caterina. La stessa effige, scolpita su legno, sormonta l’insegna del Rettore.

Alle 17 un’altra antica congrega, la Compagnia della Passione, si reca in duomo, percorrendo, dalla chiesa di S. Leonardo, la via Passione, piazza Pulcini, via Mercato e la via Roma. La Compagnia della Passione fu fondata il 7 febbraio del 1660 e registrata con atto notarile presso il notaio Sebastiano Nicolosi. Il 3 maggio dello stesso anno fu approvato lo statuto dal vescovo di Catania, il 22 novembre 1661, dal viceré di Sicilia e, sette giorni dopo, dal vicario generale, mons.Ignazio D’Amico. Inizialmente la Compagnia ebbe sede presso la chiesa omonima. Il primo rettore fu Carlo Gallina e i primi due assistenti Angelo Di Gangi e Tommaso Cammarata; assistente spirituale fu don Carmelo Seminatore, parroco di S. Leonardo. La Compagnia era composta da soli trentatre uomini, poiché trentatre erano stati gli anni di Cristo, e poteva farvi parte solo chi, essendo cattolico e di buona morale, era capace di aiutare i poveri con cristiana carità, da vivi, e seppellirli da morti. Nei primi decenni del XVIII secolo, crollata la chiesa della Passione, la Compagnia si trasferì nella chiesa parrocchiale di S. Leonardo, e alcuni anni dopo si fuse col Collegio di S. Vite, fondato nel 1612 con lo scopo di curare il culto del Santo e di elargire elemosine. La divisa dei confrati della Passione è caratterizzata dalla mantelletta rosso scarlatto con a sinistra l’effige dell’Ecce Homo; il bianco camice è stretto a vita da un cingolo intrecciato con filo bianco e rosso. Un tempo venivano usate calze rosse e sandali neri. La principale attrattiva della Compagnia della Passione, quando si reca in processione, è costituita dai “Misteri”, cioè dagli oggetti principali che furono intorno a Gesù dall’Orto de-gli ulivi alla Deposizione. Disposti su vassoi, questi oggetti vengono portati dai confrati seguendo un ordine preciso. La Compagnia della Passione compiva la sua ora di adorazione il Martedì Santo alle 10; dal 1970, invece, il suo turno è stato spostato a domenica, giorno in cui viene celebrata l’entrata di Gesù in Gerusalemme. Nel corso di questi secoli di vita, la Compagnia della Passione ha acquisito privilegi regali, quali il diritto di precedere tutte le confraternite nelle processioni, di scortare l’urna del Cristo morto nella processione del Venerdì Santo, di reggere le aste del baldacchino. Quest’ultimo privilegio era state dapprima concesso solamente per il Venerdì Santo, quando viene portata in processione la Croce Reliquiario. Più tardi, quando si sciolse la Compagnia del SS. Sacramento, a cui spettava l’onore del baldacchino nelle benedizioni, per il Corpus Domini e per l’Ascensione, la Compagnia della Passione si accaparrò anche queste privilegio.
Alle 18, dalla chiesa del Carmine, le donne del Terzo Ordine dei Carmelitani si recano in duomo.
Alle 19, dalla chiesetta del SS. Salvatore, l’omonima confraternita completa la prima giornata di adorazione, percorrendo la via Salvatore, via Portosalvo, via S. Francesco da Paola, scendendo sino in piazza Duomo per la via Roma. Questa confraternita è la più antica fra tutte; infatti fu fondata nel 1261 nel periodo svevo e fu un organo dei Basiliani che si stabilirono nella vecchia chiesa del SS. Salvatore. Fu dapprima un’associazione che riuniva gli agricoltori e i contadini. Più tardi ebbe tra gli affiliati i doganieri e i dazieri che prestavano servizio nei pressi della chiesetta, poiché è poco distante dalla vecchia entrata di Portosalvo. Nel 1550 fu aperta al culto la chiesetta che tuttora esiste, e in quegli anni fu costruito il nuovo chiostro dei fratelli Basiliani; di quest’ultimo ci restano due delle colonne che circondavano il giardino. Nel 1696 la confraternita ebbe nuovi ordinamenti, mentre già nel 1672 era stato concesso ai confrati l’onore di portare a spalla l’urna del Cristo morto nella processione di Venerdì Santo. Una storia dettagliata della chiesa e della confraternita, in cui sono annotati anche atti di compravendita e di donazioni, ci è pervenuta da un antico manoscritto risalente al XVI secolo. Esso è chiamato “La Giuliana” e viene conservato negli archivi della confraternita. La mantelletta dei confrati è di colore giallo intenso con a sinistra la rossa croce di Malta; la stessa si ripete sullo scapolare, del colore della mantelletta, adottato nel 1955 poiché prima di allora i confrati portatori dell’urna del Cristo morto indossavano solamente il camice bianco.
 
Rino Realmuto

Video del Centro Video Mediterraneo di Enna relativi alla Settimana Santa e la Pasqua ennese. Regia di Paolo Andolina

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