Per “Rivoluzione civile” ospite ad Enna Franco la Torre

A chiudere a Enna, lunedì sera alla sala Cerere, la campagna elettorale di “Rivoluzione civile” è stato un ospite d’eccezione: Franco la Torre. Figlio di quel Pio La Torre, annoverato tra i santi laici del nostro Paese, che pagò con la vita la sua fede per una Sicilia diversa. La Torre ha iniziato il suo intervento ringraziando per l’accoglienza affettuosa, in particolare di quanti hanno conosciuto suo padre. “Questo per me è di grande conforto –ha detto- e di incoraggiamento”. Quindi, ha affrontato uno dei temi più scottanti di questi mesi in Sicilia: l’installazione del Muos. “Niscemi-Comiso, trent’anni dopo, non è cambiato nulla –ha sottolineato-. Speranze tradite, futuro martoriato, sfregio sulle vite delle persone, scelte di pochi sulla pelle di tanti e interessi di poteri forti. Per questo il nostro posto è lì a fianco ai cittadini di Niscemi”. “Poteri forti che in passato –ha aggiunto- hanno impedito al nostro Paese di imprimere quella svolta per lasciare alle spalle stagioni di stragi e corruzioni. Oggi allo stesso modo, non con le bombe e il sangue, ma con un’azione più sofisticata, impoverendoci culturalmente, economicamente, togliendoci la dignità e la fiducia in noi stessi e negli altri, ci stanno facendo credere che non è possibile inventarci un nuovo futuro. Hanno una paura tremenda –ha aggiunto- del successo di una lista come Rivoluzione civile, del suo programma che non è fatto di lacrime, sangue e sacrifici”. La Torre riferendosi al centrosinistra ha affermato che preferisce “una maggioranza con Monti per non dispiacere a quel 10% che dieci anni fa disponeva del 30% del reddito nazionale e che oggi, dopo una crisi profonda e di sacrifici straordinari della stragrande maggioranza di questo Paese, dispone invece del 50%”. “La maggioranza con noi non la vogliono fare –ha concluso- perchè con noi poi si dovrebbero fare cose concrete che possano cambiare la vita delle persone e dare una prospettiva a quelle giovani generazioni, alle quali è stato rubato il futuro”.

Giacomo Lisacchi