Pietraperzia. Irrisolto l’omicidio dell’allevatore Di Calogero

A cinque mesi di distanza, non si hanno notizie concrete dell’omicidio dell’allevatore Vincenzo Di Calogero, 41 anni di Pietraperzia, ucciso a colpi di fucile il 29 dicembre assieme al suo cane, in contrada Cerumbelle a pochi chilometri da Pietraperzia. Un omicidio che sembra essere perfetto, eseguito da specialisti, perché mancano indizi di qualsiasi tipo, nonostante il killer o i killer abbiano attraversato circa trecento metri di terreno impervio per ammazzarlo e poi allontanarsi. Di Calogero era partito, quella mattina di sabato, con il suo fedele cane ed il suo gregge, aveva il cellulare, ma i contatti con la famiglia non ci sono stati, ed i parenti non vedendolo tornare hanno denunziato la scomparsa, poi il ritrovamento accanto al suo cane. Tre colpi di fucile calibro dodici, caricato a pallettoni, due a Di Calogero di cui uno alle spalle, il terzo colpo per uccidere il cane. Esecuzione spietata, sull’esecuzione sembra essere di tipo mafioso, ma Vincenzo Di Calogero era incensurato, non aveva mai commesso reati, era apprezzato come allevatore e come uomo, mai un problema con la giustizia, nessun problema con la famiglia. Un personaggio al di sopra di ogni sospetto eppure è stato ucciso in maniera cruenta, senza pietà, la missione dei killer era quella di giustiziarlo. Scoperto l’omicidio i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale e della compagnia di Piazza Armerina, diretti dal maggiore Giovanni Palatini e dal capitano Rosario Scotto Di Carlo, hanno iniziato le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore Francesco Rio, ma si sono trovati a scarsi indizi perchè i killer non hanno lasciato alcuna traccia. Si ritiene che siano arrivati a piedi da lontano, hanno aspettato Di Calogero, lo hanno ucciso e poi si sono allontanati pure a piedi perché nelle vicinanze non c’era alcuna traccia di pneumatici. Le indagini a Pietraperzia non hanno portato alcuna novità, giudizi positivi su Di Calogero, nessuna sapeva spiegarsi del perché di questo omicidio. Neanche la traccia di furti di animali, spesso verificatisi nell’ambiente degli allevatori, era percorribile, ma l’esecuzione del delitto sembra essere di matrice mafiosa. A distanza di sei mesi la situazione non ha fatto un passo avanti, e più passano i giorni più scompare la possibilità di trovare qualche indizio che possa portare i carabinieri alla risoluzione del delitto, che continua a rimanere nel mistero più fitto. Se c’è qualcosa di concreto, i carabinieri non si sbottonano, bocche chiuse, l’unica risposta del colonnello Daidone è “stiamo lavorando“.