Pellegrinaggio da Gagliano a Capizzi al grido di: “Oh, oh, t’ha mangiasti a carni do cavaddu?”

Gagliano. Il pellegrinaggio al bosco ha avuto quest’anno un insolito risvolto. Come ogni anno, il 23 agosto centinaia di gaglianesi si recano al bosco di Caronia per raccogliere l’alloro votivo che verrà portato in processione il 29 mattina per le vie del paese. Centinaia di auto hanno formato un serpentone e attraversato i comuni di Troina, Cerami e Capizzi per raggiungere il bosco a pochi chilometri da Caronia. Oltre alle auto sono partiti due autobus pieni di pellegrini e tante motociclette. Nell’appezzamento di terra appositamente acquistato per la coltivazione dell’alloro si è assistito, dinanzi alla statuetta di San Cataldo, all’ultima messa celebrata dall’arciprete di Gagliano Vito Vasta, che andrà in pensione il prossimo 14 settembre, lasciando il posto al suo successore don Pietro Antonio Ruggiero. Durante il ritorno, un giovane gaglianese dell’ordine dei cavalieri di Malta, Francesco La Ferrera, ha organizzato un incontro del tutto inaspettato tra mons. Vito Vasta e don Gino, arciprete di Capizzi. Un momento storico, al quale hanno preso parte anche il sindaco di Capizzi, Giacomo Purrazzo, e l’assessore di Gagliano, Aldo Di Cataldo. Trattandosi dell’ultimo pellegrinaggio di mons. Vasta parroco, si è suggellata una sorta di conciliazione tra gaglianesi e capitini. La sfilata dei gaglianesi a Capizzi è stata bloccata per far incontrare i due parroci, che si sono abbracciati in segno di fratellanza. Mons. Gino e il sindaco di Capizzi e hanno ringraziato mons. Vasta, elogiando il suo operato in tutti questi anni di sacerdozio. Tutti insieme hanno poi brindato, ricordando anche il patrono di Capizzi San Giacomo. Durante il discorso di ringraziamento improvvisato tra la folla da mons. Vasta, è sceso il silenzio assoluto, per poi culminare in un fragoroso applauso, infine il grido unanime dei capitini “Viva Diu e San Catà”. Il sindaco Purrazzo ha invitato i propri concittadini ad assumere atteggiamenti consoni, nel rispetto di un’antica tradizione locale. Al termine, infatti, si è reiterata la tradizione del grido dei capitini: “Oh, oh, t’ha mangiasti a carni do cavaddu?”. Secondo la leggenda, molti anni addietro, dei gaglianesi andarono a raccogliere l’alloro a Caronia, ma all’improvviso scoppiò un temporale. Colti di sorpresa, avendo esaurito le scorte di cibo, andarono a rifocillarsi a Capizzi, dove i capitini li presero in giro dando loro carne di cavallo, anziché carne bovina. Da allora, al passaggio dei gaglianesi i capitini gridano: “Oh, oh, t’ha mangiasti a carni do cavaddu?”. Il 23 agosto di ogni anno è per loro una vera e propria festa. In massa si riversano nei bar e lungo la via principale in attesa del passaggio dei gaglianesi. Quando i pellegrini attraversano Capizzi, all’imbrunire, si scatena un boato di “insulti”. Nel 2009 mons. Vasta dovette invocare persino l’intervento delle autorità, poiché la manifestazione stava degenerando in atti incivili e pericolosi per l’ordine pubblico.
Le origini del viaggio a Caronia risalgono alla metà del XVII secolo, tempo in cui il principe Lancillotto Castelli fece voto a San Cataldo in occasione dell’avvenuta guarigione di un parente a lui caro, concedendo il diritto di lignaggio nei boschi di Caronia. Ecco perché tutti gli anni ci si reca in questo luogo così distante da Gagliano, a circa due ore d’auto. Negli anni il viaggio ha subito varie modifiche dal punto di vista del tragitto, dei mezzi di trasporto impiegati, del luogo di raccolta dell’alloro e del periodo dell’anno. Nel tempo anche delle usanze si sono aggiunte, diventando momento di folclore.
Valentina La Ferrera